Gli anni ’80 – oltre la tradizione
Alla fine degli anni '70 e per tutti gli anni ’80 il posto che era stato della Takoma viene preso dalla casa discografica Windam Hill, fondata dal chitarrista William Hackerman (1949). La Windam Hill sarà la casa dei più importanti chitarristi di questo periodo: Alex De Grassi (1952) e Michael Hedges (1953-1997) sopra tutti, ma anche di altri ottimi musicisti come Michael Gulezian (1957). In essi la tecnica sullo strumento mostra ancora un deciso passo in avanti, mentre la complessità compositiva, che si stacca ormai nettamente dalle radici del blues acustico, rivela ora le influenze della musica colta e del jazz, nel tentativo di creare una sorta di “forma orchestrale su sei corde”. Caratteristica comune a molti chitarristi di questa generazione è anche lo sviluppo di quegli stili percussivi sullo strumento che sono oggi corredo di quasi ogni chitarrista acustico e, grazie anche alle migliori tecniche di registrazione e amplificazione, lo sviluppo anche sulla chitarra acustica della tecnica del tapping, che proprio in quegli anni si diffonde ma che fino a quel momento era prerogativa dei soli chitarristi elettrici 1. A parte va citato il caso del chitarrista francese Pierre Bensusan (1957), che a soli 17 anni si rivela al pubblico come talento precoce.
La sua musica segue un percorso molto personale, legato più alla cultura del folk europeo, senza seguire troppo l'onda dello sviluppo tecnico sullo strumento, ma privilegiando piuttosto uno spiccato lirismo compositivo.
Chitarristi contemporanei
Negli ultimi anni lo sviluppo degli approcci compositivi segna una battuta d’arresto. I chitarristi dell’ultima generazione, indicativamente dagli anni’90 in poi, sono tutti per lo più degli stilisti: virtuosi dello strumento che esaltano e perfezionano approcci musicali che non sono però del tutto originali. Il livello di raffinatezza come esecutori ormai è sempre notevole e raggiunge i vertici con Peppino D’Agostino (1951) e Preston Reed (1955) e che mostrano tutta l’eredità della scuola Windham Hill. Woody Mann (1953) è invece il più legato al fingerpicking classico mentre Tommy Emmanuel (1955), dopo una prima parte della propria carriera come chitarrista elettrico, si è poi definitivamente convertito alla chitarra acustica diventando ad oggi certamente il chitarrista più popolare ed ammirato, anche per una notevole abilità tecnico-percussiva.
In Italia
Già dalla fine degli anni '70 assistiamo alla formazione di una piccola ma dignitosissima schiera nostrana di chitarristi acustici. Oltre al già citato Peppino D’Agostino, che è ormai da considerarsi a tutti gli effetti statunitense, i nomi più importanti sono quelli di: Maurizio Angeletti, il più legato all'esperienza di Fahey e della sua "scuola" insieme a Roberto Menabò; Riccardo Zappa che, animato da un vivace eclettismo, arriva spesso a sperimentare le più diverse sonorità; Franco Morone lirico e arioso, il più vicino al modello di Renbourn assieme a Giuseppe Leopizzi; il già citato Beppe Gambetta, il campione del bluegrass nostrano. Dalla metà degli anni ’90 la più recente schiera di chitarristi italiani si è notevolmente infoltita grazie anche al contributo di numerosi chitarristi che talvolta arrivano da esperienze musicali diverse: Paolo Giordano, Stefano Nobile, Armando Corsi, Giovanni Pelosi, Daniele Bazzani, Pino Forastiere, Luca Francioso, Roberto Dalla Vecchia, Walter Lupi e molti altri.
Considerazioni attuali
Negli ultimi anni le reali novità paiono veramente poche e lo sviluppo creativo della musica per chitarra acustica solista sembra purtroppo essersi fermato 2.
Molti dei musicisti di oggi possiedono un livello tecnico ottimo ed invidiabile, ma troppo spesso manca loro un'autentica spinta innovativa, magari capace di rileggere la tradizione per guardare avanti. Troppi musicisti infatti si relegano nella riproposizione degli stessi stilemi, sempre più raffinati e stilizzati fino al parossismo, scadendo però a volte in una sorta di paradossale "pop acustico"! La musica per chitarra acustica rischia, e purtroppo spesso già accade, di diventare una musica ad uso "esclusivo" dei chitarristi, incapace di rivolgersi ad un pubblico più ampio e "non preparato", a volte un'esibizione compiaciuta di tecnica e acrobazie percussive spettacolari che, seppure sul momento possono incantare il pubblico, di fatto sacrificano la melodia e la composizione all'effetto spettacolare e alla lunga allontanano invece l’ascoltatore da una musica che si mostra troppo "altra" e "poco musicale" in senso stretto. Un esercizio di stile e tecnica insomma che può mascherare una povertà di idee compositive anche drammaticamente profonda. All'origine di ciò sta probabilmente un malinteso. Il tentativo di ampliare le possibilità espressive della chitarra porta di fatto a costringere approcci non chitarristici sullo strumento che, se non sapientemente dosati, sacrificano la composizione all'effetto timbrico e ritmico, o addirittura puramente “scenico”.
Forse si dovrebbe piuttosto accettare che la chitarra è uno strumento intrinsecamente limitato in alcune possibilità, soprattutto armoniche, e che invece entro quei limiti è da ricercare, e si spera qualche volta "trovare", la massima creatività ed espressività. Credo vada considerato pure un fatto strettamente economico: suonare la chitarra da sola “costa poco”. L’ingaggio di un musicista per una esibizione dal vivo è certamente inferiore a quanto sarebbe avendo altri musicisti al seguito, mentre pur con un ingaggio ridotto il margine di guadagno per il singolo musicista può risultare anche maggiore, il che, unito ad un impegno organizzativo sia tecnico-pratico che orchestrale praticamente nullo, attrae alcuni musicisti verso la forma del “concerto solo” di chitarra acustica, e non necessariamente, a mio avviso, per una scelta squisitamente artistica. Ciò è più evidente in quei chitarristi che non si riconoscono, o comunque non mostrano nella propria musica, una dimestichezza con la dimensione propriamente "acustica" dello strumento, e che provengono per lo più da esperienze e tradizioni musicali diverse, classica, jazz, rock o addirittura pop, ma che trovano nella chitarra acustica uno mezzo idoneo allo sviluppo di una personale dimensione artistica, e sfruttano appieno invece le potenzialità dei più recenti sistemi di amplificazione e di conseguenza anche le tecniche mutuate dalla chitarra elettrica.
Pier Luigi Auddino
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1 Il primo uso sistematico ed efficace del tapping su chitarra elettrica lo si può ascoltare nel disco omonimo dei Van Halen (1978) ad opera del chitarrista Eddie Van Halen,che diede immensa popolarità a questa tecnica e imponendo una svolta decisiva per l’evoluzione stilistica della chitarra elettrica. Si ascolti soprattutto il brano Eruption.
2 Non si vorrebbe essere tacciati di passatismo, né apparire come uno dei tanti laudatores temporis acti. Piuttosto vale per la musica acustica una considerazione spesso riferita ad altri generi come il blues, il jazz o il rock che pure dimostrano una vitalità e una capacità di reinventarsi a mio avviso maggiore, per quanto ridimensionata rispetto all’esplosione incessante di nuove idee che si è registrata fino alla fine degli anni settanta.
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Strings