Il volume “Musica e società. Dal 1830 al 2000” è l’ultimo capitolo di una trilogia , articolata e densa di riferimenti storici e culturali, curata da Paolo Fabbri (che è stato affiancato da numerosi autori) per le edizioni della Libreria Musicale Italiana. Come suggerisce il titolo dell’ultimo tomo di cui parliamo in queste righe - che, insieme a Fabbri è stato curato da Virgilio Bernardoni - il programma ha previsto una scansione temporale entro cui connettere le dinamiche musicali con quelle sociali. Nell’ordine: “Dall’Alto Medioevo al 1640 (a cura di Fabbri e M. Chiara Bertieri), “Dal 1640 al 1830” (a cura di Fabbri, Alessandro Roccatagliati e Paolo Russo), per arrivare appunto al 2000 con l’ultimo tomo. Le date - come gli eventi d’altronde - non sono state scelte casualmente, ma rispecchiano alcuni passaggi o periodi fondamentali per lo svolgimento del sistema musicale entro il quadro sociale occidentale (e non solo). Tralasciando quelle individuate per organizzare i contenuti dei primi due tomi, partiamo dal 1830 per introdurre, seppur schematicamente, i contenuti degli ultimi centosettanta anni trattati dai due curatori. Innanzitutto questo lungo arco temporale viene riconosciuto come diviso in due parti, determinate da uno spartiacque che coincide con il 1920, periodo in cui “aspetti interni alla musica stessa, alle sue modalità di diffusione e l’emergere di nuove consapevolezze circa la sua funzione in una società composta da differenti categorie di fruitori venendo a determinare condizioni non più paragonabili a quelle dell’epoca” precedente. In questo modo, gli anni precedenti al 1920 sono affrontati in riferimento allo sviluppo dell’opera (alle sue fasi culminanti), delle musiche da concerto e da camera in Europa e, allo tesso tempo, in riferimento ad alcuni fenomeni socio-musicali come i processi di trasformazione di questi generi e la loro diffusione nelle aree periferiche occidentali e, infine, la definizione di una divergenza tra musica d’arte e musica da intrattenimento. Una volta superata la soglia degli anni venti si affrontano invece “i grandi temi della modernità novecentesca” (entro i quali compaiono anche alcuni fenomeni che, più o meno direttamente, trattiamo in queste pagine): l’avanguardia, la ricerca, la riflessione sulle tradizioni espressive, ma anche il “rapporto tra pratiche artistiche e politiche totalitarie”, la tecnologia e le sue relazioni con (e la sua influenza su) i processi creativi, il fenomeno della diffusione musicale, il jazz e la popular music. In questo quadro - all’interno del quale i numerosi autori forniscono riferimenti storici, politici ed economici entro cui contestualizzare i fenomeni in esame - trovano ovviamente uno spazio di analisi le riflessioni di Adorno sulla “nuova musica”, ma anche i riferimenti ad alcuni generi, come il tango o il flamenco, che sono permeati non solo nell’immaginario degli ascoltatori ma anche in alcune musiche “europee”, oppure la dodecafonia e l’industria musicale statunitense, con un’interessante scheda su Tin Pan Alley e il mondo della musica di intrattenimento di inizio novecento. Da qui si passa agli argomenti che oggi investono tutte le musiche e che ricorrono nelle analisi di chi si occupa di etnomusicologia come di chi compone o di chi studia le produzioni musicali in riferimento a un ambito più sociologico o storico: il jazz e il blues, l’improvvisazione e la composizione, gli autori e i musicisti più rappresentativi. Inoltre, come sottolineano i curatori nella prefazione, per la prima volta nella storia della musica, siamo in grado di scrivere le vicende di musiche “sulla base di documenti sonori connessi alla loro genesi e non soltanto attraverso l’interpretazione di testi silenti”. La seconda parte del volume si misura proprio con questo “nuovo” patrimonio, organizzato e stratificato in modo da approfondirne il valore non soltanto musicologo ma anche didattico, “in una circolarità di sollecitazioni e rimandi” che convergono in un compendio da “leggere, ascoltare, studiare e riascoltare”. Nel sito della LIM è disponibile il file con i contenuti multimediali.
Daniele Cestellini
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