Butterfly – Vertigo Treatment (Alfamusic/Egea, 2016)
Evoluzione del Bruno Marinucci Trio, il progetto Butterfly nasce dal desiderio di Pierpaolo Ranieri (basso elettrico), Marco Rovinelli (batteria) e Bruno Marinucci (chitarra), tre strumentisti di grande esperienza e dal diverso background musicale, di proseguire il cammino tracciato con “Nal Tarahara” uscito nel 2009 e nel quale spiccavano le partecipazioni di Bill Evans al sax e Randy Brecker alla tromba. Forti di una intensa attività live maturata nei principali club e festival italiani, pian piano ha preso vita l’idea di intraprendere un nuovo approccio all’interazione musicale, e così ha preso vita “Vertigo Treatment”, disco nel quale hanno raccolto sette brani originali che, nel loro insieme, rappresentano in modo straordinario la nuova direzione intrapresa dal trio romano. La loro musica, infatti, ormai libera dal bozzolo degli schematismi e degli stilemi del classic jazz come una farfalla si libra in volo in piena libertà, esaltando il talento dei singoli, la loro curiosità e quella sorprendente alchimia tra sperimentazione e contaminazioni in territori sonori differenti. L’ascolto svela una scrittura e un suono frutto di un lavoro accurato dove tecnica ed improvvisazione vanno di pari passo con una ricerca melodica sorprendente. Tutto questo emerge in modo netto nell’iniziale “Ancora Niente” e nella successiva “Grigio” entrambe firmate da Marinucci, per trovare il suo vertice nel lirismo elettrico di “Butterfly” e nelle sorprendenti architetture sonore di “Vertigo”. Gli undici minuti tutti da ascoltare di “Albert” ci conducono verso il finale con “Vademecum” e “Davanti agli occhi” che suggellano un disco pregevole e mai avaro di belle sorprese.
Stefano Pagni – MMXV (Alfa Music/EGEA, 2016)
Apprezzato contrabbassista dall’articolato percorso artistico speso tra collaborazioni ed incontri prestigiosi, Stefano Pagni giunge al suo debutto come solista dando alle stampe “MMXV”, album che compendia in modo efficacissimo il suo background esperienziale, radicato tanto nel jazz quanto nella musica popolare e in quella colta. Ad accompagnare Pagni in questa sua opera prima sono Stefano Micarelli alla chitarra e Israel Varela alla batteria ai quali si aggiungono le voci dello specialista dello scat Alessandro Rosace e della soprano Delia Surratt, dotata di una elegante vocalità. La tensione continua verso la ricerca e la sperimentazione consente al trio di muoversi con disinvoltura attraverso territori musicali differenti, il tutto senza inseguire semplici schematismi ma piuttosto puntando ad una raffinata combinazione di generi e strutture. Ad aprire il disco è la voce della Surratt che brilla prima in “I Am”, nel quale Pagni mette in musica una poesia di John Clare e poi nella suite “Il pescatore”, con la superba rilettura de “Il Pescatore Canta” di Francesco Paolo Tosti e il piano di Danilo Rea a giganteggiare. Si prosegue con le sonorità brasiliane che pervadono l’intersezione tra jazz e canzone d’autore di “Io Cammino” interpretata da Rosace e l’elegantissima versione di “Summertime” di Gershwin nella quale alla vocalità intensa della Surratt si aggiunge quella di Olimpia Pagni. Le sperimentazioni vocali di Rosace in “Sveglia!” e quel gioiello che è “Inverno danza già” con il piano di Danilo Rea e la voce della Surrat in grande evidenza ci conducono a “Windmills of Your Mind” di Michel Legrand nella quale la soprano svela il tema per poi lasciare la scena alle esplorazioni metriche di Rosace. “Malinconia” e “Alè” chiudono un lavoro di grande spessore che nel suo insieme compone un itinerario sonoro attraverso mondi musicali differenti, seguendo rotte e sentieri del tutto nuovi.
Stefano Cantini, Romano Zuffi, Ares Tavolazzi, Alfredo Golino - Attuttogasss (Alfamusic/Egea, 2015)
Guardi la copertina firmata dal pittore Gianpaolo Talani e pensi che di fronte hai un concept album dedicato alle corse automobilistiche ed alla velocità, poi inserisci il disco nel lettore, sfogli il libretto e scopri che “Attuttogasss” è un vero e proprio gioiello, un progetto musicale di grande spessore, nato da un progetto che trova nella leggerezza e nel divertimento la sua pricipale fonte ispirativa. Nato un’idea del tastierista Romano Zuffi e dell’eclettico sassofonista Stefano Cantini, il disco vede protagonisti altri due “all stars” della scena jazz italiana: Ares Tavolazzi al basso e Alfredo Golino alla batteria, ai quali si aggiungono Piero Borri alla batteria, Andrea Lagi alla tromba, le chitarre di Francesco Sozzi e Leonardo Marcucci e le voci di Alice Bertoncini e Iole Canelli. Il risultato è un album nel quale energia, melodia ed originalità sonora vanno di pari passo ad uno straordinario feeling, carburante perfetto per una macchina sonora spinta a “tutto gas” in grado di toccare nove tappe sonore tutte da ascoltare tra fusion, jazz ed echi di rock. Le tastiere di Zuffi e il sax di Cantini si muovono con agilità sul potente groove della sezione ritmica di Tavolazzi e Golino nelle cui trame si inseriscono i vocalizzi della Bertoncini e della Canelli. Durante l’ascolto si spazia dal jazz rock della title-track alle atmosfere crepuscolari di “Bronzine di Riace” fino a toccare l’intensa “Battiti in testa” in cui si mescolano echi di Miles Davis e Weather Report”. La fusion diventa, così, la base di partenza per una ricerca sonora a tutto campo, approcciata con la leggerezza del divertissement ma allo stesso tempo in grado di toccare vertici di grande intensità come nel caso del midnight blues “Fuori fase”, della ballad “Come sei biella” nella quale giganteggia il sax di Cantini e la superba sezione ritmica. Quel gioiellino che è “Lucy” e “Art’alani” chiudono un disco da ascoltare con grande attenzione, non solo per la qualità e l’esperienza dei musicisti coinvolti ma anche per la qualità intrinseca delle composizioni.
Dinamitri Jazz Folklore & Amiri Baraka - Live in Sant'Anna Arresi 2013 (Rudi Records, 2016)
Registrato il 29 agosto 2013 durante la rassegna “Ai confini tra Sardegna e jazz” ma pubblicato quest’anno a tre anni dalla scomparsa di Amiri Baraka (al secolo Leroi Jones), “Live In Sant’Anna Arresi 2013” è un prezioso documento sonoro perché ha il pregio di donarci una straordinaria istantanea della collaborazione con il Dinamitri Jazz Folklore all’insegna di un jazz-poetry che riprende ed esalta un rituale già noto nel free jazz storico. La voce e le parole dell’attivista e poeta afroamericano incontrano e si confrontano con la musica del sestetto guidato dal sassofonista Grechi Espinoza e composto Emanuele Parrini (violino), Beppe Scardino (sax baritono), Pee Wee Durante (organo), Gabrio Baldacci (chitarra),Andrea Melani (batteria) e Simone Padovani (percussioni), dando vita ad un viaggio tra echi di Africa, blues sofferti, omaggi a Sun Ra a cui era dedicata la rassegna e frammenti di jazz moderno che ritorna qua e là. La voce di Baraka funge da spirito guida per la musica dando vita ad un flusso intenso e travolgente di musica e parole, una trama inestricabile di improvvisazioni e poesia. L’incontro tra il poeta afroamericano e il Dinamitri Jazz Folklore era il frutto di una frequentazione tanto intensa quanto breve, cominciata nel 2008 quando Baraka prese parte alle registrazioni di “Akendengue Suite” in cui aveva magnificamente recitato alcuni brani tratti dal suo libro “Wise, Why’s, Y’s: The Griot’s Song Djeli Ya” dando voce alla musica del sestetto. A riguardo Grechi Espinoza racconta: “Abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare un autentico poeta della cultura afroamericana, un uomo mite e combattivo che attraverso la voce modellava storie sociali che si trasformavano in “Miti” per l’uomo contemporaneo. Da “Afroamericano” aveva preso coscienza che nel jazz il significato simbolico del suono/gesto africano di “ispirazione sovraumana” era stato dimenticato per essere rimpiazzato da uno di “ispirazione umana.” Grazie al libro “Il Popolo del Blues”, Amiri ci ha fatto conoscere un punto di vista della storia del jazz dall’interno, senza inutili orpelli e considerazioni, una storia essenziale e onesta. Per tutto questo, noi del Dinamitri, gliene saremo sempre grati". “Live in Sant’Anna Arresi 2013” è il documento vivo di tutto questo, e dunque non possiamo far altro che consigliarvi vivamente un attento ascolto.
FatsO – On Tape (Jazzhaus/I.R.D., 2016)
Nato in Colombia ma statunitense di adozione, il contrabbassista Daniel Restrepo è uno di quei musicisti che hanno ben chiari gli obiettivi da seguire e lo dimostra il fatto che, tornato in patria, appena dopo la laurea, ha fondato dapprima una propria etichetta discografica la REEF Records, con l’obiettivo di tutelare la cultura colombiana e poi il marchio ¡BULLA! con il quale si è fatto animatore della scena indie locale, il tutto senza smettere di coltivare la sua attività musicale con formazioni come Tekeyé, Asdrubal e Seis Peatones. Allo stesso modo, nel dar vita ai FatsO, il suo primo progetto musicale nei panni di leader, il contrabbassista colombiano non si è preoccupato più di tanto di seguire le mode o il successo, ma piuttosto ha puntato dritto verso il suo obiettivo di dar vita ad un intreccio originale tra il jazz, il blues e i suoni della sua terra. In questo senso non è stata casuale anche la scelta del nome del gruppo, un omaggio al suo adorato contrabbasso acquistato durante un viaggio a L’Havana, ma arrivatogli a casa per posta frantumato in tre pezzi, tanto da richiedere mesi di lavoro per ricomporlo con cura certosina. Dopo aver coinvolto un gruppo di strumentisti dal diverso background musicale composto da Daniel Linero (clarinetto e sax), Cesar Caicedo (sassofono), Pablo Bertán (sassofono), Elkin Hernández (sassofono) e Santiago Jiménez (chitarra), Cesar Morales (batteria) il contrabbassista colombiano ha radunato tutti nel suo appartamento nel quartiere de La Macarena, e pian piano ha preso corpo “On Tape” il loro disco di debutto. Registrato nell’arco di sei mesi tra Bogotà e Brema, il disco raccoglie dieci brani originali cantati in inglese che nel loro insieme rappresentano il tentativo riuscito di rompere gli schemi ed uscire dai luoghi comuni della musica, offrendoci una nuova visione della Colombia e della sua articolata scena musicale. Mescolando scrittura beat, hard bop e blues, i FatsO con la loro travolgente potenza di fuoco di ottoni e chitarre, ci conducono attraverso un viaggio affascinante che prende le mosse dalla allegra serenata “Hello” che apre il disco, ci porta in un fumoso locale di Los Angeles con “It's Getting Bad” con il clarinetto di Linero e il sax alto di Hernandez a trascinare la linea melodica, supportati magistralmente dal groove della batteria di Morales e dal contrabbasso di Restrepo che sfoggia una accattivante vocalità blues. Il rock blues dai tratti scuri della waitsiana “Snake Eyes” ci conduce prima alla sofferta “Crying Out”, nella quale spicca la chitarra di Jiménez, e poi alle atmosfere jazzy di “Brian Candy”, fino a giungere a “Out Of Control”, uno dei vertici del disco. Se “Pimp” è un omaggio all’hard bop della Blue Note, la successiva “Movie Star” è una riuscita incursione nel jazz prima delle divagazioni nella tradizione colombiana con “Oye Pelao” e nel soul con “I’ll Be Fine”. “On Tape” è, dunque, un disco vario e ricco di belle intuizioni musicali, ma soprattutto è una straordinaria base di partenza per i live dove i FatsO promettono di fare scintille.
Giovanni Perin 6et - #Pera (Statale 11/Indijazzti Records, 2016)
Giovane e talentuoso vibrafonista dalla solida formazione accademica e dall’intenso percorso artistico, Giovanni Perin debutta con il sestetto con “#Pera”, disco dal tratto autobiografico, ispirato al nomignolo con il quale i suoi amici lo hanno chiamato sin da bambino, e nel quale convergono tutte le sue passioni musicali dagli standard jazz alla ricerca compositiva nei brani a sua firma, dalla sua formazione alle esperienze musicali a Berlino, il tutto immancabilmente caratterizzato dal suo originale approccio stilistico nel quale si intersecano funky, jazz e pop. Ad accompagnarlo in questa nuova avventura che arriva ad un anno di distanza dal pregevole “Double Vibes” in coppia con Riccardo Di Vinci sono Tommaso Troncon (Sax tenore), Dima Bondarev (tromba), Tino Derado (piano), Marcel Krömker (basso) e Diego Pinera (batteria). L’ascolto svela tutta la maturità di Perin tanto nell’approcciare la scrittura dei brani originali, quanto negli arrangiamenti e nelle esecuzioni, sempre fluide ed intense nel dosare istintività e tecnica. Nell’approccio stilistico di Perin c’è certamente la lezione dei grandi vibrafonisti ma anche la giusta esperienza nel sapersi muovere con disinvoltura tra le diverse calligrafie del jazz alla ricerca di una propria cifra stilistica. La cura per i cromatismi e le timbriche, la leggerezza ed il lirismo degli assoli fanno di questo disco l’occasione giusta per Perin di raccontarsi al suo pubblico a cuore aperto. Spaziando dal pregevole tributo a Michael Brecker di “Brecker’s Tune” alla lirismo di Lost In A Violet Sky fino alla splendida ”Conversation with Dave” in cui racconta il suo incontro con David Friedman, il disco regala un susseguirsi continuo di emozioni che toccano il loro vertice nella splendida ballad “Rebuilt” e nella trascinante “Star Eyes”, di Gene De Paul e Don Raye, già provata durante le sessions del suo primo album e qui proposta nella sua versione definitiva. La seconda parte si apre con la bella rilettura di “Darn That Dream” di Jimmy Van Heusen ed Eddie DeLange, e prosegue con lo spaccato berlinese di “A Sunny Day In Berlin Town”, l’omaggio a Bill Evans di “Song For Bill” e la gustosa “Brazilian Night” che apre uno spaccato sui ritmi latin. “#Pera” è, dunque, il disco della maturità artistica di Giovanni Perin, mettendo in luce non solo il suo talento compositivo ma anche la sua capacità di saper rileggere gli standard con fantasia ed originalità.
Roundella – Biography (S’Ard, 2016)
Anticipato dalla pubblicazione dell’Ep omonimo nel 2014, “Biography” segna un importante e decisivo cambio di direzione nel percorso musicale dei Roundella, quartetto sardo con una lunga esperienza in territori jazz, ora indirizzatosi con decisione verso esplorazioni in territori sonori nuovi come l’acid, l’hip-hop e il R&B. Il confronto con culture e generi musicali differenti, e la continua propensione verso la sperimentazione e la ricerca hanno portato il quartetto sardo ad aprire ancor di più la loro visione del jazz dando vita ad una cifra stilistica originalissima che trova la sua più concreta cristallizzazione nella title-track del disco, scelta come singolo, o nelle fascinose “Fake Democracy” e “Sunny Rain” nelle quali soul e funk si intrecciano dando vita ad una irresistibile alchimia sonora. Le ritmiche trascinanti di Gianrico Manca, il contrabbasso di Filippo Mundula e la chitarra di Mauro Laconi costruiscono una achitettura sonora perfetta entro la quale si muove con agilità la voce nera di Francesca Corrias. Durante l’ascolto a colpire è la ricerca compositiva che si sostanzia in una grande cura riposta nelle melodie quanto nelle progressioni strumentali. In questo senso non si può non lasciarsi avvolgere dal funky di “Bird” o dalla splendida “Loose Heritage”, ma le sorprese più interessanti arrivano quando i Roundella si lanciano nei sentieri dell’acid jazz con “What?”, “The Bell” e “Momo”, i tre vertici compositivi del disco. Insomma “Biography” non è un semplice cambio di direzione ma piuttosto un ampliamento della ricerca sonora del quartetto sardo, un percorso nuovo come base di partenza per un futuro sempre in movimento.
Salvatore Esposito
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Suoni Jazz