Chitarrista fingerpicking, ed unico solista in Italia di steel-pan di Trinidad e Tobago, Roberto Zanisi è un polistrumentista eclettico in grado di viaggiare con la musica tra stili ed approcci musicali differenti, e non è un caso che nel suo articolato percorso artistico vanta prestigiose collaborazioni con musicisti come Sainkho Namtchylak, Steward Copeland e Amy Denio, nonché con Giovanni Venosta per la realizzazione delle colonne sonore dei film di Silvio Soldini tra cui “Giorni e Nuvole”. A distanza di dieci anni dal suo ultimo album come solista, Zanisi è di recente tornato in studio per realizzare “Bradypus Tridactylus”, disco nel quale ha raccolto otto brani strumentali autografi, che nel loro insieme compongono un viaggio sonoro che dal Mediterraneo tocca l’Oriente per poi raggiungere l’America e l’Africa. Si tratta di un lavoro nato e maturato pian piano come spiega lo stesso Zanisi: ““Bradypus Tridactylus”, ovvero Bradipo Tridattilo, perché suono tutti i miei strumenti a corde con sole tre dita, e infatti anche il Bradipo ne ha solo tre, ma anche perché sento di avere in comune, con questo affascinante animale, la natura “lenta” nel fare e nel procedere nelle cose della vita”. L’ascolto rivela un disco che supera l’etichetta facilmente applicabile di “world music” per svelarci un approccio musicale che focalizza la sua attenzione unicamente sulla potenza evocativa delle corde del cümbüş turco o del bouzuki greco per esaltarne tutte la forza espressiva, con la sola aggiunta di lievi spruzzate di elettronica. Durante l’ascolto si attraversano gli echi di antiche melodie orientali che ritornano nella title-track, le fascinazioni mediterranee di “Cudega Bay” in cui fa capolino anche il guitarron, le sonorità turche di “Aksak deniz” e quelle latine di “Rambler”, per giungere nel Nord Africa con “Spezi Panachè”. Non mancano incursioni nella scrittura cinematografica con “Sultanurheim” e nella sperimentazione più pura come nel caso della straordinaria “L’uscita del Fercolo”, ma il vero vertice del disco arriva con la conclusiva “Red Pony” in cui emerge con forza tutto il lirismo della scrittura di Zanisi.
Salvatore Esposito
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