Giovanni Pizza, Il tarantismo oggi. Antropologia, politica, cultura, Carocci Editore 2015, pp. 270, Euro 26,00

“Il tarantismo oggi. Antropologia, politica, cultura” è il titolo del libro di Giovanni Pizza - professore associato di Antropologia culturale, antropologia medica e direttore della Scuola di specializzazione in beni demoetnoantropologici nell’Università di Perugia - su uno dei temi che più affascina lo scenario delle musiche popolari e, in generale, su un fenomeno contemporaneo che riflette un quadro molto complesso di produzioni politico-culturali. Il volume, edito da Carocci, raccoglie una serie di saggi scritti da Pizza negli ultimi anni e organizzati dentro un’analisi rivolta verso i vari elementi che definiscono la “trasformazione patrimoniale” del tarantismo. Da un lato l’autore rilegge “La terra del rimorso” di Ernesto de Martino - analizzando i riflessi sociali, culturali e politici che ha avuto in Salento, dove il fondatore dell’antropologia italiana ha svolto la sua ricerca in equipe nel 1959, attraverso le varie fasi che il volume ha attraversato nella storia dell’editoria italiana e internazionale, e la sua “fortuna” e diffusione dentro e fuori i confini dell’antropologia - e il rapporto di questi con il pensiero di Antonio Gramsci. Dall’altro lato, e in stretta connessione con gli elementi appena citati, Pizza individua uno spazio sospeso, dai confini sfumati, che diviene il riferimento della sua riflessione, mostrando “come l’antropologia della patrimonializzazione in Salento sia intimamente connessa a forme di patrimonializzazione dell’antropologia” e “come lo studio attuale della cultura popolare si trovi a fare i conti con processi di saturazione mediatica che includono la popolarizzazione dei saperi scientifico-accademici”. Sul piano della scrittura e dell’organizzazione dei contenuti, il volume - che in questi mesi è stato recensito e presentato da vari studiosi (tra cui Marino Niola, Amalia Signorelli, Bernardino Palumbo) - è organizzato in modo ad dare conto della complessità dell’argomento e, di riflesso, delle articolazioni che hanno determinato e determinano il campo di studi, cioè il Salento contemporaneo. Un’area in cui converge la storia dell’antropologia italiana, ma anche la memoria e i processi di riconfigurazione della tradizione del tarantismo, attraverso tutti i discorsi e le retoriche che Pizza esamina dentro uno spettro di indagine che tocca gli studi storici sul tarantismo e quelli contemporanei, in un orizzonte di antropologia pubblica, legata a doppio filo all’analisi dei processi socio-culturali e alla riflessione politica. Un’area contrassegnata dalla trasformazione del tarantismo e, in modo determinante, dalla riorganizzazione delle strutture, delle immagini e dei contesti di esecuzione delle musiche e delle danze ad esso legate, in una risorsa per il territorio, “in capitale culturale e simbolico, speso direttamente sul terreno dell’economia e della contingenza politica”. Una serie di complessità che Giovanni Pizza riesce a rendere attraverso una scrittura piacevole e coinvolgente, dalla quale emerge, oltre la riflessione teorica, il processo di ricerca, la frequentazione, il coinvolgimento. E alla quale non ha voluto sottrarre (come specifica nella prefazione) “il carattere dialogico di una tensione fra saggi scientifici e interventi culturali destinati al confronto civile”, costruendo, ad esempio nella parte terza del volume, un capitolo intero sul confronto con alcuni studiosi locali impegnati in un programma di promozione culturale e organizzazione di eventi legati alle tradizioni espressive salentine. L’intento dell’autore in questo caso è di legarsi ancora di più al contesto di ricerca e rimarcare il processo di interazione con i soggetti che lo attraversano, “per ricordare che anche le nostre riflessioni sono immediatamente catturate in una rete discorsiva” (come lo sono d’altronde, in maniera diversamente determinante, le pagine che dedichiamo in questa rivista alle tante produzioni musicali di artisti salentini). Nel volume si fa anche riferimento alle musiche prodotte nell’area. Diego Carpitella - che partecipò alla campagna di documentazione di de Martino - è stato il primo a rilevare e analizzare gli elementi di trasformazione della musica del tarantismo, individuando in alcune variazioni ritmiche del violino il riflesso di un nuovo stadio delle espressioni musicali tradizionalmente eseguite durante il rituale, e quindi un nuovo stadio della relazione tra espressione e contesto. Da un lato Giovanni Pizza esplora le musiche lasciando emergere le testimonianze o le produzioni letterarie di alcuni studiosi-musicisti, che hanno avuto un ruolo centrale nella valorizzazione del patrimonio musicale tradizionale e nella riproposta (come Giorgio Di Lecce, promotore del gruppo Arakne Mediterranea, Luigi Chiriatti, fondatore del Canzoniere Grecanico Salentino, Pierpaolo De Giorgi, fondatore dei Tamburellasti di Torrepaduli). Dall’altro, connettendo il processo di trasformazione musicale al contesto socio-culturale e politico. In questo senso l’autore richiama il dibattito internazionale che si è sviluppato sulla “popular music” e sui processi di produzione della “world music”, attraverso le analisi fondamentali di Richard Middleton, Murray Shafer, Steven Feld, Hugo Zemp, Ermann Stokes, e le categorie di “soundscapes” e “schizofonia”, per definire i tratti di una divergenza tra la musica intesa come espressione e la musica intesa come merce. 

Daniele Cestellini
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