Artista tanto eclettico quanto colto ed esuberante dal punto di vista creativo, Nando Citarella nel corso della sua carriera si è sempre dedicato all’esplorazione di sentieri poco battuti nell’ambito della tradizione musicale del Sud Italia. In particolare, negli ultimi anni al fianco dei tanti progetti artistici realizzati, le sue ricerche più feconde lo hanno visto prendere in esame l’opera di Wolfgang Amadeus Mozart, portandone alla luce le connessioni con il repertorio popolare partenopeo. Ad otto anni di distanza dal sorprendente “Mozart Al Chiaro Di Luna ovvero... cantata streveza per ottetto misto”, Nando Citarella torna ad esplorare le connessioni tra l’opera del compositore salisburghese e la tradizione musicale dell’Italia meridionale con “Mozart A Sud Di Napoli”, disco nel quale ha raccolto quattordici brani in cui la musica operistica ritrova la sua originaria matrice popolare, attraverso le interpretazioni dei gavottisti che portavano nei cortili delle città campane, le arie e le storie avvincenti delle opere liriche. Abbiamo intervistato il musicista campano, che con la sua proverbiale verve affabulatoria ci ha condotto in uno dei tanti cortili della sua Nocera Inferiore, dove partendo dagli echi delle voci antiche di due gavottisti locali Salvatore e Filomena, siamo andati alla scoperta del forte legame che intercorreva tra Mozart e la città di Napoli, dove soggiornò nel 1770, entrando in contatto non solo con l’opera di Cimarosa, ma anche con la tradizione musicale parteneopea.
Come nasce “Mozart A Sud Di Napoli”?
Nasce da strumenti come la chitarra e dai cortili. Nelle forme di tradizioni che si evolvono c’è sempre un po’ di personale, di romanzato e di inventato. In questo senso tutto ciò che c’è all’interno di questo disco per una metà appartiene alla tradizione e per l’altra è il frutto di invenzione, creazione ed ispirazione. La tradizione ha sempre viaggiato di pari passo con la musica dei camminatori e, a differenza dal primo progetto “Mozart al chiaro di luna”, questo nuovo disco nasce da una riflessione sui gavottisti ovvero quei posteggiatori un po’ più colti, che appartenevano alla sfera culturalmente più alta. Tornando un po’ indietro nel tempo, nei cortili di Scafati, Pompei, Cava dei Tirreni, Nocera Inferiore, e Pagani, ma soprattutto di queste ultime tre, durante i fine settimana arrivavano dei suonatori, spesso padre, madre e figlio, oppure nonno, nipote e figlio, che facevano conoscere l’opera a chi non poteva andare a teatro, raccontando le storie dei libretti e cantandone le arie più importanti.



Le canzoni scelte fanno parte quasi tutte delle tre opere in italiano di Mozart, ovvero “le Nozze di Figaro”, “Così fan tutte” e “Don Giovanni”, i cui libretti erano firmati da Da Ponte, anch’esso autore memorie e amante della bella vita. Da qui è nato tutto l’intreccio narrativo del disco che mescola seduzione, trucco ed inganno, proprio come avviene nel “Così fan tutte” con i due mariti che fanno una scommessa e dicono “se noi scappiamo e facciamo finta di andarcene sono convinto che le nostre mogli ci tradiranno”. L’altro amico Alfonso non è d’accordo, ma Ferrante gli dice: “proviamo!”. Così partono e al ritorno, travestiti da generali albanesi prende vita l’inganno con la moglie di uno piace all’altro e viceversa. Le due mogli non cercano i rispettivi mariti e c’è tutto l’intreccio che poi appartiene alla commedia dell’arte. La scelta delle canzoni arriva proprio da lì, ma anche dalle storie dei musici erranti, e dei commedianti che arrivavano a raccontare e a mettere in scena le opere, in parte improvvisate e in parte scritte, nei cortili di tutto il sud e non solo.
Come hai lavorato agli arrangiamenti?
Agli arrangiamenti abbiamo lavorato insieme a Pietro Cernuto, il cui lavoro creativo e di scrittura è stato magistrale. Abbiamo messo a confronto il suo bagaglio di formazione classica, in quanto lui è anche il primo sassofono della Banda dell’Esercito Italiano e ha studiato per anni in conservatorio, e la parte legata alla musica e alle sonorità tradizionali, rintracciando le connessioni tra il repertorio popolare e quello colto. In effetti tantissimi musicisti dell’area colta dal Seicento in poi hanno sempre attinto dalla tradizione, che a sua volta ha preso molto dall’ambito classico. Ciò lo si nota anche in tutto il repertorio popolare ottocentesco la cui impronta verdiana è fortissima. E’ stata una grande fatica ma anche bella soprattutto perché rispetto a quello che si può pensare la musica di Mozart è molto fruibile e leggera nell’ascolto. Certo è sempre Mozart, e a prima vista può non essere facile l’approccio alle sue composizioni. E’ stato bello far incontrare gli estremi come nel passaggio del Quintetto o del Concerto per Flauto che in questo caso è diventato Concerto per Friscaletto, perché Pietro è anche un eccellente suonatore di quello strumento. Abbiamo trasposto tutte le tonalità del quintetto e del sestetto musicale per friscaletto che invece suona soltanto in forma diatonica, non avendo altre note musicali.
Dal punto di vista artistico, e quindi meramente musicale, sono state quelle di far camminare i suoni e farli sembrare il più naturale possibile anche perché è vero che all’epoca i legni erano legni veramente, il clarinetto era il corno di bassetto o il clarinetto mozartiano erano diversi da quello moderno. E’ stato quindi difficile ricercare i suoni, ad esempio il violino ha suonato anche con corde di budello, e non solo con corte in acciaio o in acciaio rivestito. Per la chitarra abbiamo usato una battente che apparteneva alla tradizione ed era usata già all’epoca, ma anche il fagotto e i due clarinetti che erano tipici dei divertimenti mozartiani. E’ noto il fatto che Mozart riscrisse la maggior parte delle sue opere in forma di divertimento, dove c’era il trio che era fagotto e due corni di bassetto, o fagotto e due clarinetti. Quegli arrangiamenti caratterizzano tutte le arie più famose da “Là ci darem la mano” a “Voi che sapete” e per esempio lì abbiamo usato volutamente gli arrangiamenti mozartiani, sposandoli con le incursioni nella musica tradizionale. Già nel titolo abbiamo voluto sottolineare come Mozart si sia ispirato a tutte le influenze mediterranee che caratterizzavano la musica napoletana, partendo dai suoni e dai melismi che si ascoltavano in oriente.
Nando Citarella – Mozart A Sud Di Napoli (Radici Music/Egea, 2014)

L’apertura è affidata al “Concerto per Friscaletto”, ovvero l’allegro tratto dal concerto per flauto e orchestra in Re maggiore K.314, riletto in una sorprendente versione con protagonista Pietro Cernuto il cui friscaletto si inserisce in modo sublime nella linea melodica tracciata dai fiati e dagli archi. La voce del banditore ci introduce poi alla storia di Don Giovanni, ma è già tempo dell’aria “Voi Che Sapete” da “Le Nozze di Figaro” interpretata magistralmente da Gabriella Aiello, e che sfocia in un canto d’amore sul tamburo in duetto con Nando Citarella. La serenata per voce, chitarra ed archi “Kanzonette!” ci conduce prima al “Minuetto” in cui brilla ancora il friscaletto di Cernuto, e poi al medley tra “Si Nii Jiu” e il recitativo “Marammaie” della quale colpisce il suo arrangiamento quasi sinfonico. Si prosegue con le suggestioni mediterranee che pervadono “Quintetto Maxum” con gli archi che si confrontano con i tamburi a cornice e la zampogna. Il duettino “Là Ci darem la mano..” ci riporta alle vicende amorose del Don Giovanni, dal quale proviene anche la magnifica versione de “A Lista ‘e Madamina”, intercalata da uno degli episodi più belli di tutto il disco ovvero “Adagio per Friscaletto” tratto dal concerto per clarinetto K.622, noto ai più per essere la colonna sonora del film “La Mia Africa”. Che dire poi di quel gioiello che è “Sinfonia 40 (Hommage a De Courson)”, nella quale Citarella omaggia la versione che Hughes De Courson fece dell’allegro molto della Sinfonia n.40 in Sol per il disco “Mozart In Egypt”, colorando l’originale mozartiano con i suoni della tradizione del sud Italia. “Bimbomboro” ci riporta poi al finale del “Don Giovanni”, ma la strada verso sud compiuta attraverso l’opera mozartiana non è ancora terminata perché con “L’Addore ‘do viento” e “E Scende Giù” incontriamo la tradizione musicale salentina, giungendo al finale in cui Citarella si congeda dagli spettatori come si usava fare nella commedia dell’arte, ringraziando ad uno ad uno i suoi musicisti, e il suo pubblico. “Mozart a Sud di Napoli” è, insomma, un disco pregevolissimo nel quale ancora una volta Nando Citarella conferma di essere uno dei più autorevoli interpreti della tradizione musicale non solo partenopea, ma in generale di tutto il sud Italia, essendo riuscito non solo a cogliere e valorizzare pienamente il lascito del repertorio popolare, ma ad esaltarne anche le connessioni con le sonorità classiche e mediterranee.
Tags:
Campania