Fondatore con Gary Louris dei Jayhawks, Mark Olson è considerato uno dei padri nobili del genere Alternative Country/Americana, non solo per aver dato alle stampe capolavori del genere come “Hollywood Townhall” (1991) e “Tomorrow The Green Grass” (1995), ma anche per quanto fatto al di fuori della band, da cui è uscito appena prima del grande successo che li attendeva. Ritiratosi a metà anni Novanta a Joshua Tree, alle soglie del deserto del Mojave, con la moglie Victoria Williams ha pubblicato ad una pregevole serie di dischi a nome Original Harmony Ridge Creek Dippers, mentre al vecchio amico Gary Louris, si deve il suo esordio come solista con il pregevole “The Salvation Blues” (in cui spiccava il violino del nostro Michele Gazich) a cui è seguito il disco in duo “Ready For The Flood”, ed infine l’inattesa reunion con i Jayhawks nel 2011 con l’eccellente “Mockingbird Time”. A quattro anni di distanza dal suo secondo album solista “Many Colored Kite”, Mark Olson ritorna sulle scene con “Good-bye Lizelle”, disco che raccoglie undici brani di grande lirismo, incisi con la polistrumentista e vocalist norvegese Ingunn Ringvold (voce, quanon, clavinova, basso, chitarra acustica, djembe, harmonium), diventata sua moglie, e un folto gruppo di ospiti come Neal Casal (chitarra elettica e basso), Solveig Ringvold (controcanti), Kirsten Ford (controcanti), Armen Stepanian (percussioni), Marek Špelina (flauto), Vojtēc Havel (violoncello), Keller Lewis (basso) Aaron Sterling (batteria), Danny Frankel (batteria) e Øystein Greni dei Big Bang (chitarra elettrica). A fare da cornice alle varie session, sono stati spesso dei fienili, o comunque situazioni informali createsi durante i viaggi fatti dalla coppia tra Armenia, Sud Africa, Stati Uniti, Finlandia e Repubblica Ceca, e per catturare quell’atmosfera quasi casalinga e vintage è stato utilizzato un sistema di registrazione portatile Nagra. Ascoltando il disco si ritrova intatto lo spirito che animato la sua incisione, con atmosfere evocative che rimandano all’epopea di Laurel Canyon, ed allo stesso tempo si percepisce chiaramente come l’approccio di Mark Olson miri a valorizzare l’essenza più profonda di ogni brano, affinché emergano a pieno i sentimenti, le idee e il calore che le ha ispirate. Andando più a fondo, si scoprono testi densi di poesia nei quali si mescolano suggestioni e riflessioni profonde, come nel caso dell’intensa ballata iniziale “Lizelle Djan”, o delle suggestioni world di “Running Circles”. Non manca qualche accenno al folk-rock di matrice Jayhawks con “Poison Oleander” in cui spicca la chitarra elettrica di Neal Casal, così come pregevoli sono le delicate “Heaven's Shelter” e “All These Games”. Se “Which World is Ours?” ci regala un elegante intreccio tra piano e chitarra acustica, la seguente “Long Distance Runner”, dedicata all'atleta olimpico Emil Zàtopek, è un esempio di come Mark Olson maneggi con grande perizia anche le sonorità pop. Il folk psichedelico di “Say You Are the River” introduce poi al brano più affascinante del disco ovvero “Jesse In An Old World”, nella quale le radici americane si contaminano di sonorità africane, ma c’è ancora tempo per ritornare a Laurel Canyon con le armonie vocali della conclusiva “The Go-Between Butterfly”. Riprendendo per certi veri le atmosfere bucoliche dei Creekdippers, “Good-bye Lizelle” conferma come Mark Olson trovi la sua migliore dimensione dal punto di vista compositivo allorquando al suo fianco c’è un partner artistico di spessore, come oggi è la Ingunn Ringvold, e come lo sono stati in precedenza Gary Louris nei Jayhawks e Victoria Williams ai tempi dei Creekdippers.
Salvatore Esposito
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