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Guardo l’immagine di copertina. Un libro rosso appoggiato su di un tavolino, con un bel disegno di un elefante. Dalla grafica sembra un libro di novelle per bambini. E se ci pensi i bambini c’entrano in questa storia, visto che Martin Carthy ha registrato e suonato questo disco con una “bambina”: la sua, sua figlia Eliza, celebrata e bravissima musicista folk anch’ella.
Sono, di solito, contrario a queste operazioni padre/figlio in musica. Troppi vincoli, troppi fattori, troppe aspettative da soddisfare da una parte e/o dall’altra. Troppi inevitabili confronti da parte del solito, schieratissimo esercito di detrattori gelosissimi del successo dell’uno o dell’altro per poter da una parte ottenere un giudizio scevro di parzialità di ogni tipo.
Ma stavolta sbaglio, e di grosso anche. Martin ed Eliza hanno intitolato il disco basandosi su di un poema ottocentesco scritto da John Godfrey Saxe, a sua volta ispirato ad una celebre parabola indiana, ma se lo avessero semplicemente intitolato alla famiglia sarebbe stato lo stesso. Questo album sembra quasi la metafora della buona famiglia: una specie di silenzio di fondo in tutti i brani, un ambiente sonoro vuoto e tranquillo che ricorda subito una ideale stanza della musica presente in ogni casa britannica (e qui mi unisco all’esercito dei gelosi: in Italia non ce l’abbiamo!), che finisce per dare al lavoro un tono di familiarità ed intimità difficilmente riscontrabile altrove. Poi la splendida chitarra di papà che però rimane sempre un po’ dietro, come una chioccia attenta che manda avanti il pulcino a scoprire la vita tenendo però sempre un occhio a controllare che non si faccia male. Proprio come la vita: i genitori sullo sfondo a tessere la rete che debba sostenere il cammino dei nostri figli.
Ed anche dal punto di vista sonoro il violino di Eliza è davanti, a guidare molte delle splendide melodie che compongono queste splendide canzoni. C’è una piccola grande eccezione da fare: Eliza non è certo più un pulcino, ma una musicista di razza, che pratica il mondo del folk come casa sua ma che si permette anche escursioni in atmosfere molto diverse e sorprendenti come la meravigliosa “Happiness”, canzone composta dalla madre di Nick Drake, in cui più che i Carthy i due sembrano Tuck and Patty! Padre e figlia sono molto a loro agio, al punto da poter raccontare storie pesanti e tragiche, tipo la moglie di un ministro scozzese che non vuole più avere figli visto che il marito continua a spedirli in guerra, o la storia di lotte tra minatori e proprietari terrieri, o ancora l’ennesima canzone a favore di Napoleone da parte del popolo inglese che sperava di essere da lui salvato dalla miseria, con una leggerezza inusitata che rende tutto estremamente godibile. Ovviamente il mondo di riferimento musicale è quello britannico, ma non mancano episodi riconducibile ad altre influenze: “The Queen of Hearts”, incisa quasi cinquant’anni fa da Martin nel suo disco d’esordio, mostra echi perfino di musica portoghese, e poi risentitevi la già citata “Happiness”. Disco, da non perdere. E se avete figli, fate come il caro vecchio Martin.
Massimo Giuntini
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Europa