“Se il tango avesse una carta d’identità ufficiale, probabilmente ci sarebbe scritto ‘nato in Argentina da genitori genovesi’ ”, così si legge nell’introduzione al libro che accompagna il disco “Xena Tango. Le Strade Del Tango Da Genova a Buenos Aires”, firmato da Luis Bacalov, Roberta Alloisio e Walter Rìos, e che racconta il contributo della cultura genovese nella storia del Tango argentino. Nell’arco di un secolo, infatti, fino alla metà del Novecento un flusso costante di emigranti liguri si è spostato verso l’America Latina ed in particolare verso l’Argentina, ed è proprio a Buenos Aires nel quartiere La Boca, che si insediarono molti genovesi, portando con sé tradizioni, cultura, melodie tradizionali, e il dialetto, che per molti decenni restò come lingua ufficiale della zona. Dalla fusione del genovese con lo spagnolo, si sviluppò una lingua chiamata convenzionalmente “cocoliche” dalla quale il patrimonio linguistico ufficiale assimilò diversi termini. Nel tempo la lingua ufficiale si è arricchita anche dell’influenza del “lunfardo”, il gergo della malavita, da cui attingono molto spesso i testi dei tanghi, alla cui nascita la cultura popolare genovese ha fornito un contribuito essenziale. Un esempio ne sono le regole del tango, intenso come genere musicale e come danza, le cui regole furono codificate nei “peringundines”, termine genovese che indicava i locali da ballo de La Boca, dove si racconta fu ballato il primo tango. Insomma è difficile ignorare che l’influenza della cultura genovese nel tango, e in questo senso si è mosso il percorso di ricerca compiuto da Roberta Alloisio, la quale ha ripercorso le rotte che da Genova conducono a Buenos Aires, dando vita con Luis Bacalov e Walter Rìos ad un album di straordinario fascino, e di grande spessore musicale. Abbiamo intervistato la cantante e ricercatrice genovese, insieme al produttore Paolo Dossena, per farci raccontarela genesi, le ispirazioni e le fasi realizzative di questo progetto.
Come nasce il progetto “Xena Tango”?
Roberta Alloisio - Da diversi anni ho intrapreso un percorso di ricerca sulla tradizione musicale genovese e più in generale su quella ligure. Leggendo un libro di Borges mi ha sorpreso un passaggio in cui si diceva che il tango è degenerato per colpa degli italiani, ed in particolare a causa dei genovesi. A me l’idea di questa colpa così impegnativa nei confronti dell’umanità appariva un po’ comica. In verità mi faceva ridere che qualcuno potesse avere una responsabilità così grande, però il peso di questa affermazione mi ha fatto riflettere, e così mi sono chiesta se ci fosse stato davvero un motivo di importanza tale da portarlo a scrivere questa cosa, ancorché in maniera provocatoria. Allora sono andata a cercarmi quelli che erano gli autori genovesi all’epoca del tango, tutti i musicisti, e tutte le testimonianze che appoggiavano questa teoria. Studiando, leggendo ogni libro che trovavo, consultando internet, e chiedendo ad amici di Buenos Aires che mi hanno aiutato con quello che sapevano, è emersa una realtà vera. I genovese, e più in generale i liguri che erano emigrati, effettivamente, avevano contribuito alla cultura argentina, e molto a quella musicale.
Quando Roberta ti ha proposto questo progetto, è stato accolto subito con grande entusiasmo...
Paolo Dossena – Una sera, ero a Genova con Roberta Alloisio, in un bar vicino al Teatro della Tosse, e abbiamo cominciato a parlare di questo progetto sul tango. Io ho drizzato subito le orecchie, quando lei mi ha parlato di questa storia meravigliosa di marinai, portuali, musicisti genovesi, e famiglie emigrate che con le navi partirono ed arrivano a Buenos Aires, e precisamente a La Boca, che diventa il quartiere genovese. Molti dei primi tanghi vennero suonati e composti da personaggi liguri, in alcuni bordelli gestiti da una sorta di malavita locale che parlava il lunfardo, un genovese rovesciato. Questo racconto mi ha molto colpito molto, perché si inseriva alla perfezione in quello che è lo spirito della Compagnia Nuove Indye. Quando fondai l’etichetta cercavo di creare incontri tra culture, etnie, e religioni diverse, per la mia profonda convinzione che la creatività, l’originalità e la spinta derivassero proprio tra questi incontri/scontri tra diversità. Quella di “Xena Tango” è significativa in questo senso, con la cultura genovese che si incontra con la cultura di Buenos Aires, e danno vita ad una creatura nuova: il tango. Roberta è un artista straordinaria, e personalmente ho avuto già modo di pubblicare i due dischi precedenti, due veri gioielli. A me è venuto insomma spontaneo aderire con entusiasmo.
Dalla ricerca di Roberta è nata l’idea del disco che ha visto coinvolti Valter Rios e Luis Bacalov…
Paolo Dossena - Non casuale è stata casuale la scelta di registrare il disco tra l’Europa ed il Sud America, perché volevamo che emergesse questo incontro tra due continenti diversi, ma anche tra i musicisti che hanno girato il mondo suonando il tango e i musicisti genovesi. Fortunatamente avevo il piacere di essere amico di lunga data con Louis Bacalov, ed è bastato l’incontro con lui per dare un profilo internazionale al progetto.
Roberta Alloisio – Io intanto avevo iniziato a lavorare tramite Skype, e.mail e facebook con Pablo Banchero, un eccellente musicista argentino, il quale mi ha suggerito di andare ad incidere una parte del disco a Buenos Aires. Poi è nata l’opportunità di collaborare con Walter Rìos, grande musicista ed arrangiatore, e considerato l’erede di Astor Piazzolla, così coraggiosamente sono partita, , portando con me tutto quello che avevo raccolto nel frattempo, ed in più volevo chiedere agli autori genovesi più importanti di attualizzare in qualche modo il progetto. Quindi mi sono trovata a lavorare sia su materiali del passato, sui tanghi più celebri, ma anche su qualche esperimento che era stato fatto a Genova negli anni Venti, a cui si sono aggiunti i brani di Vittorio De Scalzi dei New Trolls, Carlo Marrale dei Matia Bazar, mio fratello Giampiero, un contributo di Giorgio Calabrese, e un inedito molto bello di Umberto Bindi. Abbiamo deciso poi di aggiungere ancora un pezzetto di Corsica perché c’è un legame molto forte con la Liguria. Facendo una grande “mescla”, siamo andati a riscoprire questi fili che legano Genova al Mondo. Tutto il disco è in spagnolo e genovese, con la sola eccezione della conclusione in italiano, affidata alla splendida “Italiani Di Argentina” di Ivano Fossati, che è l’inno dei liguri nel mondo, raccontando delle partenze verso il nuovo mondo e della lontananza dalla propria terra.
Il progetto “Xena Tango” non si limita però al solo disco, ma è accompagnato anche da un libro…
Roberta Alloisio – Paolo Dossena ha avuto l’intuizione di dar vita ad una grande operazione culturale che prevedesse sia la parte musicale, ma anche la dimensione del racconto di questa storia, per altro mai raccontata in un libro. Certo è possibile desumere da varie fonti notizie di musicisti italiani emigrati in Argentina, ma sulla loro influenza nello sviluppo del tango c’è ben poco. Il libro è stato curato da Giampiero Vigorito e Ida Guglielmotti, insieme ad una serie di collaboratori, e contiene le interviste con Luis Bacalov e Giorgio Calabrese, alcuni miei contributi, ma soprattutto tutte le notizie raccolte in questo tempo sulla migrazione, e diverse foto. Anche il booklet del disco è molto nutrito perché contiene molte foto del lavoro fatto, tutte le traduzioni in italiano, spagnolo, genovese, ed inglese. Ci sarà quindi la possibilità di acquistare singolarmente il disco ed il libro, oppure il cofanetto speciale che contiene entrambi.
Paolo Dossena - Avevamo esigenza di raccontare bene questa storia, ed in questo senso il libro era necessario. Il disco non è impostato in modo commerciale, e basta guardare la copertina per capirlo, ci sono tre artisti, ovvero Louis Bacalov, Walter Rìos, e Roberta Alloisio che ha studiato questa storia meravigliosa. “Xena Tango” è un progetto su più livelli che include ovviamente la musica con un cd, ed un libro che rappresenta qualcosa in più rispetto a quello che è il concetto di musica.
Qual è stato il lavoro sulla vocalità che ha caratterizzato questo disco?
Roberta Alloisio - Il lavoro non è stato semplice, e rispetto ai dischi precedenti cambia moltissimo. Quando sono arrivata a Buenos Aires ho trovato un quintetto tanghero che suonava da matti, qualcosa di incredibile per il nostro orecchio italiano, era come se mi suonassero contro. Mi sforzavo di cantare queste melodie spiegate ma loro utilizzano molti contrattempi, e questo ha richiesto un lavoro intenso. Personalmente rischiavo vocalmente di esagerare, perché purtroppo posso anche scaldare molto se voglio, però andava fatto un lavoro diverso, sebbene loro amino le interpretazioni molto calde, drammatiche ed esasperate. Però volevo riuscire a tenere una misura, cercavo una vocalità a metà strada tra come bisogna cantare il genere, ovvero con grande passione e partecipazione, e l’interpretazione più nostra che si rifà alla canzone d’autore, dove le parole hanno importanza anche in un'altra forma. E’ il mio modo di lavorare che mescola teatro e canzone d’autore, il mio marchio di fabbrica. In certe cose mi sembra di esserci riuscita in altre meno, e con il senno di poi ricanterei anche due o tre canzoni.
Come si è indirizzato il lavoro in fase di arrangiamento dei brani?
Roberta Alloisio - Mi fa ridere il fatto che due grandi argentini come Luis Bacalov e Walter Rìos, che si amavano a distanza dal punto di vista artistico, sono stati messi insieme sullo stesso disco da una genovese. Di nuovo per colpa di una genovese, due grandi argentini hanno fatto tango insieme. Bacalov ha portato le sonorità classiche, molto eleganti dell’orchestra, e Walter Rìos ha portato il suono del quartetto tipico tanghero. Non abbiamo fatto scelte a tavolino, perché il mio modo di lavorare è molto artigianale, quindi le collaborazioni nascono, e si sviluppano lavorando. Il risultato è un disco molto elegante, e ce ne siamo accorti mentre lo incidevamo, ma non avevamo questo obiettivo all’inizio. A caratterizzare il suono è stata la personalità artistica di Luis Bacalov, del quale alcuni arrangiamenti rimandano direttamente alle sue esperienze cinematografiche, ma anche quella di Walter Rìos, che in certi momenti sembra andare verso il musical. Ho trovato emozionante come Rìos abbia affrontato Fossati che per lui è un altro mondo, si faceva spiegare man mano il testo, cercava di esplorare la melodia. Lavorare con lui è stato commovente perché vedi un artista che alle prese con materiali non suoi cerca di restituirli nel modo più alto possibile.
Roberta Alloisio - Sebbene abbia iniziato a lavorare da giovanissima quando a sedici anni collaborai con Giorgio Gaber, ho cominciato a fare dischi tardi, il mio primo album l’ho pubblicato a quarantatré anni. Mi sono detta che entro i cinquanta avrei fatto il terzo disco. Con “Lengua Serpentina” e “Ianua” ho indagato la tradizione genovese nelle sue forme, e idealmente “Xena Tango” è il completamento di questa trilogia, che esplora le connessioni di Genova con il mondo. Sono tappe di un viaggio unico. Genova ha avuto una storia molto importante che ci ha portato in contatto quasi con tutto il mondo, a me appassiona molto questa cosa.
Dalla produzione di Fabrizio De André in poi, è stato detto tutto della tradizione genovese? Cosa c’è ancora da scoprire…
Roberta Alloisio - “Creuza De Ma” è l’opera di un poeta che aveva letto tutto a partire dagli antichi manoscritti del Duecento, però Fabrizio De André aveva reinventato Genova e la sua tradizione, ha aggiunto termini che non esistevano o che erano ormai in disuso. Noi abbiamo però tutta una serie di materiali collegati strettamente alla tradizione, c’era stato un movimento interessante legato al reggae con vari gruppi importanti, così come esiste anche un folklore godereccio e un po’ sporcaccione. In maniera forse un po’ presuntuosa, mi sono detta che esisteva certamente una terza via. Genova essendo stata la Superba, avendo avuto una storia importante, e soprattutto fonti che ci dicono che i cantanti genovesi nel Quattrocento giravano le corti di tutta Europa. A differenza di altre tradizioni regionali quella ligure è stata un po’ abbandonata, e così ho deciso di cominciare alcune ricerche, andando a studiare gli antichi manoscritti poetici, ho musicato vari testi antichi, perché avevamo tanti materiali preziosi a livello letterario. A livello musicale è rimasto molto meno, perché abbiamo il trallallero, e qualche canto monovocale. Certo la tradizione genovese non può essere paragonato a quella salentina o a quella campana, però attraverso una ricerca vera, e seria dal punto di vista filologico, ho scoperto cose interessanti. Apprezzo molto che ci siano stati anche altri gruppi che hanno seguito questa linea di ricerca perché abbiamo una storia vasta che va ricercata, sperimentata.
Roberta Alloisio - Per fortuna ho avuto una casa discografica che mi ha appoggiato. La mia paura all’inizio era che il progetto fosse troppo ampio ed impegnativo e che non ce l’avrei mai fatta. L’entusiasmo di Paolo Dossena ha fatto sì che avessi meno angosce economiche. Non è facile oggi trovare qualcuno che produca realmente un disco. All’inizio era necessario capire quale taglio dare al disco, anche perché lavorando con una personalità importante come Luis Bacalov bisogna sapere come contestualizzare le cose. Dovevamo un po’ mediare tra queste personalità diverse, quindi è necessario dimostrarsi sempre disponibili a cambiare un po’ la strada nella sua direzione. Trovo tutto questo molto bello perché è un esercizio quasi spirituale più che artistico, ma è molto faticoso rimanere sempre aperti, accoglienti , e disponibili a cambiare per l’altro o in funzione del risultato finale.
So che state lavorando anche ad alcuni remix dei brani di “Xena Tango”…
Paolo Dossena - Usciranno una serie di remix, destinati ad un pubblico più vasto che può apprezzare in una veste diversa questi brani. Penso all’esperienza di Gotan Project, che qualche anno fa avevano realizzato un disco molto bello, gli ultimi lavori li condivido meno, ma sono sempre interessanti. Il primo brano ad essere remixato sarà “Milonga De Magun” di Walter Rìos nella quale è presente anche Pablo Banchero, e in cui c’è anche lo zampino di Giorgio Calabrese. A seguire arriveranno altre sorprese con i remix, perché il tango ha una grande fortuna in questo momento, di essere una musica multigenerazional, in tutto il mondo ed in tutti i posti, si trovano giovanissimi e coppie di anziani che ballano.
Poche settimane fa avete debuttato dal vivo, come avete proposto il disco sul palco?
Roberta Alloisio - Questo concerto rientrava in una più ampia manifestazione dedicata agli autori, così abbiamo coinvolto nella presentazione anche Pablo Banchero da Buenos Aires, Stèphane Casalta dalla Corsica, Giorgio Calabrese, Carlo Marrano, e Giampiero Alloisio che sono saliti sul palco per cantare anche un brano in duetto. La città ha reagito in modo strepitoso facendo registrare il tutto esaurito, tanto che abbiamo dovuto aggiungere delle sedie in sala. Questo mi ha sorpreso perché temevo che questo progetto non fosse capito. Quando si parla di tango, si pensa subito al ballo, ma volevo che fosse un concerto in senso stretto, anche se poi sul palco c’erano dei ballerini. Io ho avvertito un grande calore, e l’attenzione per una storia ancora attuale non solo per i genovesi ma anche per gli italiani. Le storie di queste canzoni hanno un legame anche con l’attualità in un momento in cui viviamo l’emigrazione quotidianamente.
Roberta Alloisio - Sto già lavorando ad un progetto sulla tradizione corsa perché sono molto interessata a questo legame con Genova. In Corsica si parla una lingua molto vicina all’italiano, essendo un misto di toscano, genovese, napoletano, hanno un modo di cantare simile al nostro, vicino al trallallero con la tradizione del canto maschile in cerchio. I corsi ci amano molto anche se Genova li ha venduti ai Francesi perché nel Settecento era senza soldi, ma culturalmente si sentono italiani e molto vicini a noi. Con Stèphane Casalta stiamo costruendo questo progetto che vada a riscoprire questa fratellanza.
Paolo Dossena - Stiamo lavorando affinché questo progetto arrivi anche nei teatri più importati in Italia come all’estero. Qualcuno ultimamente mi ha proposto di fare una versione cinematografica, ma poiché volevano che fosse televisiva ho rifiutato, perché avrei voluto che avesse una diffusione più capillare. Sono molto orgoglioso di questo progetto e anche delle varie opportunità che ha generato. Con Luis Bacalov stiamo lavorando, invece, ad un nuovo progetto, mentre con Walter Rìos realizzeremo un concerto a Roma in primavera. La CNI è nata dal desiderio di realizzare dischi che fossero il documento di un incontro tra diverse culture, che producono creatività meravigliose. Le differenze sommate fanno una grande forza. Per alcuni anni abbiamo aggiunto ai nostri dischi uno sticker con scritto “No Omologo”, pensato ispirandomi a Naoimi Klein, oggi è necessario uscire dal coro dell’omologazione, dal coro dalla tristezza. Ecco “Xena Tango” incarna perfettamente questa filosofia.
Salvatore Esposito
Louis Bacalov, Roberta Alloisio e Walter Rìos - Xena Tango. Le Strade Del Tango Da Genova a Buenos Aires (CNI Unite, 2014)
CONSIGLIATO BLGOFOOLK!!!
Un suono misterioso e morbido. Un’atmosfera rarefatta, con picchi di volume che pungono quando escono dalle onde mistiche e ovattate del bandoneon o del piano. Un saltello di corde adagiato su percussioni accarezzate, qualche arpeggino semidistorto di chitarra elettrica (stranamente irriverente, impalpabile, apprezzabile) e qualche arpeggio leggero ed elastico di chitarra classica (melodico, estatico: un porto sicuro, un faro). Una scia di note “tastate” su un piano limpido e armonioso (“malinconico” è retorico ma soprattutto non è il termine giusto) e una voce cantata senza gli strascichi che ti aspetti con disincanto (che aspetti con un’inevitabile ansia alla ripresa del tema musicale). Un’orchestra non pomposa, anzi essenziale e agile, di chitarre, violini, viole, violoncello, contrabbasso, flauto, trombone. “Xena Tango. Le Strade Del Tango Da Genova a Buenos Aires” è il disco di chi vuole inquietarsi un po' (per il tempo di rimuginare su qualche pensiero più complicato degli altri) e allo stesso tempo arieggiare la testa a occhi chiusi e aprirsi il petto con sospiri lunghi e cadenzati, meditativi, ossigenanti, inebrianti, mentre col collo cerca il giro dello schienale della poltrona per appoggiare la nuca. È il disco del silenzio, dei suoni spigolosi che sbattono nella stanza e che - per il lasso che si tengono chiusi gli occhi o che si legge il booklet con le storie complesse e irrisolte degli intrecci e delle sovrapposizioni tra i linguaggi marittimi dei genovesi e degli argentini, con le citazioni affascinanti di Borges: “gli argentini ricordano le barche ormeggiate nei moli” - cancella gli altri dischi appoggiati sulle tue mensole. La voce della genovese Roberta Alloisio è una specie di frusta che leva una polvere di quelle che rimangono, che si vanno a posare in ogni anfratto, che rivedi con la coda dell’occhio anche dopo averla dimenticata. Gli altri autori fanno vorticare, in perfetta armonia, ogni singolo granello, lasciando il deposito odoroso di un suono raffinato, moderno, profondo, storico. I musicisti sono Luis Bacalov e Walter Rìos. Quest’ultimo - raffinato suonatore di bandoneon, ma anche compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra - nella sua lunga carriera ha abbracciato tutti i generi: dal folclore (collaborando, tra gli altri, con Mercedes Sosa) al jazz, dalla classica al tango. In “Xena Tango” Rìos trascina il suo bandoneon in modo magistrale, senza soffermarsi mai sulle frasi più svigorite di una tradizione spesso svilita dal revival, dal ballo da scuola serale e dal folclorismo. Il suo contributo, attraverso lo strumento principe del tango, nella definizione delle atmosfere acide, trasognate, dense, porose di una musica così ricca e controversa, è perfetto, equilibrato. Luis Bacalov (da noi italiani meglio conosciuto per le collaborazioni con alcuni cantautori della scena degli anni settanta, come Sergio Endrigo e Umberto Bindi, ma anche per aver lavorato con De Andrè e aver contribuito alle musiche di film di culto, come “Il postino” e “Kill Bill”) in “Xena Tango” allunga al massimo le note e i fraseggi di un piano tiepido, quasi di sottofondo. Che però ha un ruolo fondamentale nel processo di innovazione che converge nello stile fluido e brillante del disco. Un ruolo che si definisce in un sorta di opposizione con il bandoneon, da un lato, e l’orchestra e la voce dall’altro. Rispetto a questi tre elementi - i quali, ognuno a suo modo, rappresentano una forma di tango più riconoscibile e autorevole - il piano di Bacalov lancia la narrazione musicale in una spazio più ampio, deformato da una visione forse più romantica o mistica, ma senza dubbio meno scontata. In generale, le parole di cui si compone l’album ci tirano dentro il mistero della musica popolare che si frange sul muro della “storia” senza mai frantumarsi. Non è solo musica, non sono solo suoni. È un nodo, un grumo, un elastico che si tira e stira, che si lubrifica con gli apporti dei musicisti che ne interpretano il corso e ne corroborano la forza evocativa. Tutto il disco sembra svilupparsi da una crepa, dall’incrinatura da cui è saltato fuori il tango. Argentino? Troppo semplice, perché quello che gli autori di “Xena Tango” vogliono far vibrare nasce dentro un quadro incoerente (sovrapposto, come si diceva prima), all’interno del quale il tango è la lingua dei porti, dei sobborghi fumanti, ma anche il linguaggio dei migranti, degli emigrati, di quelli che non torneranno indietro e che avanti a loro vedono ben poco: “per questi uomini strappati alle loro origini il tango” codificava, in un modo che loro stessi hanno contribuito a definire (prestando termini dialettali, immagini, storie) “le radici spezzate da raccogliere e riannodare per sentirsi ancora in vita”.
Daniele Cestellini