Hai parlato di tradizione delle bande e di disparità di trattamento rispetto al fenomeno mediatico del La Notte della Taranta. Quanto siete riusciti a recuperare e a portare alla luce con il Talos Festival?
Dal punto di vista politico, mi duole constatare che siamo ancora a zero, pur avendo fatto due convegni dedicati alle bande, l’Assessore alla Cultura della Regione Puglia, Silvia Godelli ammette candidamente che c’è un buco nero sulle bande, testuali parole. Loro hanno dedicato tempo e risorse per una cosa mediaticamente più facile e con più appeal e più voti, come la Notte della Taranta. Io non condivido l’accelerazione che è stata data alla kermesse salentina, perché lì dentro c’è un tarlo che porterà lentamente dei problemi a quell’impostazione, ma questo è un mio pensiero personale. Non dare la benché minima attenzione al mondo delle bande è un problema.
Io parlo con dati di fatto, perché avendo fatto una superbanda più di vent’anni fa, che è partita dal Festival di Donaueschingen, uno degli eventi più importanti di musica contemporanea nel mondo, dove abbiamo registrato un doppio disco per la Rundfunk di Baden Baden, registrato per la Enja e da là è partito un excursus incredibile che ci ha portato a suonare a Londra, a Parigi, abbiamo inaugurato il Teatro dell’Opera di Lille, l’anno scorso siamo stati al Parco della Musica a Roma, al Ravenna Festival e a Berlino con i Berliner Filarmoniker, che ci hanno invitato a suonare in uno dei templi della musica mondiale. Questa è una dimostrazione vera di come il suono di una banda se viene gestito in una maniera intelligente consente delle progettualità incredibili. Trovesi ha fatto un lavoro con una banda del Nord ispirandosi ai brani operistici e Manfred Eicher dell’ECM ha registrato questo disco. Capossela si interessa alle bande, e noi per un attimo abbiamo perso un contatto con lui, che avrebbe dovuto chiudere l’edizione di quest’anno del Talos Festival. Il suono della banda è vivo, grida, e lo dimostrano le street band che ospitiamo, quest’anteprima che facciamo prima del Festival e incentrata alla voglia che c’è nelle nuove generazioni di esplorare nuovi territori, nuovi suoni, e nuove situazioni. Vorremmo solo essere messi in condizione di lavorare più serenamente, sentire un supporto delle istituzioni e non essere abbandonati a noi stessi. Il Talos è un manifesto politico-culturale e va colta la sua importanza.
Il Talos Festival si avvale di contributi pubblici e privati. Quanto è importante questo supporto per voi?
E’ importantissimo, direi vitale. Il Comune, la Provincia, la Regione, il GAL, Murgia Più, Confcommercio, e vari sponsor che negli anni ci accompagnano, hanno dato vita con noi ad una sinergia che lentamente ha preso vita, parallelamente al concetto che questo festival non era un semplice palcoscenico per artisti più o meno famosi, più o meno accattivanti che possono fare pubblico. Il Talos Festival è qualcosa di più concreto, e lo dimostra il fatto che tre anni fa, solo per tre punti non siamo riusciti ad avere un importante finanziamento europeo per il quale avevamo concorso, e questo solo perché eravamo stati fermi alcuni anni che è stato l’elemento penalizzante nella valutazione. Questo festival è qualcosa di vero, non di plastica e soprattutto non finto, che tende solo avere consenso immediato, ma siamo radicati nel territorio, diamo input a tutta una serie di situazioni. Sono contento che anche le istituzioni pubbliche e quelle private comincino a credere in questo progetto, ma certo c’è chi lo ha capito prima, chi dopo e chi non lo capirà mai, ma noi andiamo avanti così, con coraggio.
Com’è stata la risposta del pubblico in questi anni?
Superiore alle attese, senza dubbio. Io non guardo i numeri, ma parlano di quarantamila presenze in due anni, che è un dato che fa riflettere. Soprattutto nell’anteprima nella piazza della Cattedrale, e anche in Piazzetta Le Monache c’è sempre un avvicendarsi di persone. Sempre parlando di pubblico, quest’anno ci saranno moltissime presenze da fuori, saranno accreditati anche giornalisti stranieri come Jerry Coster della BBC Australiana, Michael King dal Canada che parlerà in Nord America del nostro Festival, ci sarà Masotti che è stato il fotografo ufficiale della Scala di Milano. Questi sono segni tangibili di qualcosa che ha uno spessore, e un valore.
Parliamo dell’Anteprima del Festival, un momento per allargare lo sguardo a tutto l’universo delle bande, comprese quelle militari…
Lo scorso anno abbiamo ospitato la Banda dell’Aeronautica Militare, quest’anno ci sarà la Fanfara del VII Reggimento Bersaglieri di Altamura (Ba) che si esibirà nel corso dell’anteprima. La finalità dell’anteprima è evidenziare proprio che il mondo delle bande è vivo, e sotto la cenere c’è fuoco vivo. C’è un orchestra di fiati che si è costituita nel Conservatorio “Piccinni” di Bari composta da cinquanta ragazzi, abbiamo partecipazioni dalle istituzioni militari e dalle associazioni, ci sono progetti speciali come la Banda di Spinazzoli che incontra Francesco Sossio Banda con cui abbiamo dato lo sprint per una nuova produzione, c’è la banda di Bisciglie diretta da Dominga D’Amato. Insomma il nostro desiderio è quello di avvicinare quanto più è possibile la gente alla musica, trasmettergli cultura, e piano piano cercarli di condurre in un segmento internazionale. Lo scorso anno abbiamo avuto Musica in Gioco con i bambini disabili o con disagi sociali che sono stati avvicinati alla musica con il metodo Abreu inventato in Venezuela. Quest’anno avremo anche un momento dedicato ad un musicista di Ruvo che ha avuto un operazione alla laringe e riesce ancora a suonare, e sarà presente anche il suo foniatra il Dott. Esposito della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Ci sarà anche un concerto dedicato ai nonvedenti, queste persone che hanno un grave handicap ma che continuano a suonare. Poi c’è la band che è nata all’interno della Asl di Ruvo con ragazzi che escono dalla tossicodipendenza. Il messaggio che lanciamo è che la musica è vita, energia, bellezza, speranza, aggregazione e terapia per molti, a cominciare da me. La banda quindi non è morta! C’è un desiderio generale di voler stare insieme e questo con buona pace di iPad, iPhone, Facebook che invece favoriscono la solitudine e non la socializzazione.
Il filo conduttore di quest’anno è un suono che io ho in testa, è abbastanza difficile da descriverlo, ma è fatto di molti aspetti dalle radici al Mediterraneo dalla banda al jazz, passando per l’avanguardia e i colori della nostra terra. E’ qualcosa di molto preciso che caratterizza non solo il Festival ma anche la mia vita di musicista, quindi non è una cosa che ho inventato oggi. Dal quattro al dieci settembre ci sarà l’anteprima dedicata al mondo sotterraneo delle band dalle associazioni ai conservatori, a quelle militari. Poi c’è il segmento dedicato alla disabilità, come dicevo prima. Ci sarà una mostra dedicata ad un fotografo ruvese Rocco Lamparelli dove si esibiranno due musicisti importanti, Mazzone alla batteria e Nicola Pisani al sax con la Sertband. Il segmento internazionale sarà caratterizzato da una mostra dedicata alla Istant Composer Pool Orchestra, una delle realtà europee più importanti, e che è curata da Francesca Patella che vive ad Amsterdam e conosce bene questi musicisti. Poi giovedì 11 settembre ci sarà un duo inedito con il clavicembalo di Margherita Porfido che incontra la musica e clarinetti di Gianluigi Trovesi, e sarà un evento unico. La sera avremo Keith Tippet, uno dei grandi della musica europea, e che proporrà un concerto piano solo, e la Tankio Band con ospite Antonello Salis per un progetto dedicato a Frank Zappa. Venerdì 12 proietteremo il film sulla vita di Misha Mengelberg, la sera ci sarà l’Orobico Quartetto di Gianluigi Trovesi che guarda al Mediterraneo come solo lui riesce a fare, subito dopo si esibirà la Istant Composers Pool Orchestra che se il tempo lo permetterà registrerà un disco dal vivo.
Il Sabato avremo la chiusura del workshop della ICP, alle 20,00 ci sarà un solo di Han Bennink, grande batterista olandese, e in conclusione ci sarà il progetto speciale dedicato a Mandela, una scelta non casuale perché lui rappresenta una tragica realtà ancora attualissima, con le discriminazioni, le sofferenze che patisce il popolo africano. Sul palco ci sarà la Minafric Orchestra, e alcuni ospiti tra cui il batterista Louis Moholo che era amico personale di Mandela, ed eseguiremo brani di compositori sudafricani scappati dalla loro terra per sfuggire alle persecuzioni. Domenica a chiusura del festival il programma è molto articolato con un focus sulla Ogun Records, gestita per quarant’anni da Hazel Miller, moglie di Hanry Miller, contrabbassista sudafricano morto prematuramente in un incidente stradale. Ci sarà anche Louis Moholo, Riccardo Beggerone, Roberto Ottaviano, e Keith Tippet che faranno un excursus su questa piccola ma importantissima etichetta, che ha documentato tutta la storia di questi esuli sudafricani in Europa. Il pomeriggio ci sarà un tributo a Steve Lacy, a dieci anni dalla sua scomparsa, e che vedrà protagonisti Roberto Ottaviano, Giorgio Vendola ed Enzo Lanzo. La serata si chiude con il duo Klaus Paier (fisarmonica) & Asja Valcic (violoncello), che proporranno un concerto dedicato al tango. Grande chiusura con Cesare Dell’Anna e Girodibanda. Cesare è un musicista salentino visionario, in grado di coniugare il suono della banda con la pizzica, ma anche con Fellini, Nino Rota, e quanto di più impensabile ci possa essere in una visione surreale che solo i salentini hanno.
Il Talos Festival è una festa, è un laboratorio culturale con valori forti e veri. Essere lì dentro vuol dire difendere la nostra storia, ma anche quella del Sud e quella dell’Italia. Venire a Ruvo è un atto di difesa nei confronti di un momento storico non facile. Ritengo che chi ha sensibilità debba dare questo segnale.
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