Tiraboschi, Zambelli, Prando – Chutzpah (Dodicilune/I.R.D., 2013)
“Chutzpah” in lingua yiddish vuol dire audacia, e non ci sarebbe stato titolo migliore per questo disco che nasce dalla collaborazione tra Marco Tiraboschi (chitarre), Gino Zambelli (fisarmonica, accordina, bandoneon) e Simone Prando (contrabbasso), i quali accomunati dal desiderio di esplorare nuovi linguaggi sonori si sono ispirati alla continua fusione tra culture che sta mutando lentamente i concetti di arte e di cultura, dando vita ad una originale visione di musica globale e senza confini. Il risultato è un disco che sfugge ad ogni classificazione mettendo in fila nove brani che mescolano culture e suoni differenti in cui si spazia dal jazz alla musica balcanica, fino a toccare il tango e la tradizione yiddish. Sperimentazione e contaminazione sono così gli ingredienti principali di un alchimia sonora che si concretizza in atmosfere ora sognanti ora misteriose, ma anche in spaccati strumentali in cui spiccano tecniche esecutive inusuale, frammentazioni ritmiche sorprendenti, ma soprattutto composizioni che si aprono continuamente all’improvvisazione. Il suono del trio, libero da ogni costrizione dogmatica, si libra in volo, in alto, con impertinenza, verso un immaginario fantastico tutto da scoprire. Incontriamo così i suoni balcanici in “Flatlandia”, il dialogo tra chitarra e fisarmonica dell’inquieta “Agosto”, l’acquerello sonoro di un notturno parigino in “La Nuite Parisienne” in cui spiccano le percussioni di Mauro Occhionero, fino ad approdare ai suoni dell’Est Europa della sinuosa “Piviki”. Vertici del disco sono però la misteriosa “Rapsodia Satanica”, e la superba “Osho” caratterizzata da dissonanze e da una sorprendente ricerca timbrica. Nei suoi quaranta minuti “Chutzpah” si svela in tutto il suo fascino, all’ascoltare spetta solo il riuscire ad abbandonarsi tra le braccia della musica.
Daniele Vianello – cUORE. Concerto Per Giocattolo (Dodicilune/I.R.D., 2013)
Veneziano di nascita e padovano di adozione, Daniele Vianello è un contrabbassista e compositore con alle spalle una solida formazione accademica e un ormai ventennale percorso artistico. Attivo in numerosi progetti musicali, che spaziano dalla musica popolare a quella euro-colta, dall’etnica all’improvvisazione jazzistica, Vianello, alla fine dello scorso anno, ha dato alle stampe “cUORE. Concerto Per Giocattolo”, disco che raccoglie undici brani autografi, registrati dal vivo insieme ad un gruppo di eccellenti strumentisti composto da Stefano Gajon (clarinetto, glockenspiel, percussioni), Massimo Tagliata (fisarmonica, vibrandoneon), Ivan Tibolla (pianoforte), Davide Michieletto (batteria, percussioni). Ad ispirare queste composizioni è un viaggio in solitaria lungo la costa adriatica, nel corso del quale durante una sosta in un bazar cinese, il contrabbassista veneto scova un clarinetto giocattolo, e decide che quello sarebbe diventato il suo compagno di viaggio. La prima melodia arriva sul lungomare di Rimini dove inciampa su un cuore di cuoio rosso, ed in riva al mare prende vita il primo brano. Nel corso delle due settimane di viaggio prendono vita anche gli altri brani, ispirati dai luoghi e dalle persone incontrate. Ad aprire il disco è l’introspettiva “Addio”, in cui il clarinetto giocattolo introduce una traccia melodica cantabile densa di nostalgia. Le atmosfere si fanno più solari con “Verso Il Mare”, ispirata dall’infanzia trascorsa nei lidi romagnoli, ma è con la successiva “Sorridi”, che si tocca il vertice del disco con il contrabbasso a dettare il tempi e il clarinetto di Gajon a tessere una sinuosa linea melodica quasi old time. La suggestiva “All’Alba” apre la strada prima al tango di “Ines”, un ritratto poetico di un’anziana signora romagnola, e poi ai ricordi di famiglia di “Riccione”. Se “Defado” riflette l’ispirazione del viaggio, “Sud” è una cartolina dalle coste adriatiche dell’Italia meridionale, ma c’è ancora tempo per due piccole perle ovvero “Timido Girasole” e “Risvegli” , a cui segue la conclusiva “A Prescindere”, in cui brilla l’interplay tra il piano di Tibolla e il sax di Gajon. “cUORE. Musica Per Giocattolo” è insomma un disco intrigante da ascoltare con attenzione, cogliendo ogni sfumatura dell’ispirazione di Daniele Vianello.
Zeitgeber Ensemble – Resalio (Dodicilune/I.R.D., 2013)
“In cronobiologia con il termine “Zeitgeber” si definiscono quegli agenti ambientali che determinano le caratteristiche temporali del comportamento degli organismi. Personalmente credo che la musica sia uno dei più potenti Zeitgeber, capace di alterare la nostra percezione del tempo fisico e di influenzare il nostro ciclo circadiano. In quanto esseri umani, siamo creature linguistiche e musicali, citando Oliver Sacks e non siamo in grado di resistere al potere emozionale della musica. Le onde sonore pervadono il nostro corpo e diventano musica.” La nostra anima può essere più o meno affine ad una determinata musica, ma non ne può rimanere insensibile. Se è vero che noi siamo una specie musicale, dunque il fenomeno musicale non può essere separato da noi: è la materializzazione fisica della nostra anima, come precisa Daniel Barenboim”, così Giacomo Eramo (sassofoni) ci presente lo Zeitgeber Ensemble, progetto musicale nato nel 2005, durante i corsi di jazz presso l’Arcademia di Omegna, allorché si ritrovò a suonare insieme a Davide Merlino (vibrafono e percussioni), Andrea Campagnolo (chitarre), Simone Prando (basso), e Chet Falzerano (batteria), quest’ultimo sostituito poco tempo dopo da Riccardo Chiaberta (batteria). Di qualche mese fa è la pubblicazione di “Resalio” disco in cui l’ensemble ha raccolto dieci brani, incisi con la collaborazione di Marco Decimo (violoncello), Alberto Mandarini (tromba and flicorno), Cinzia Eramo (voce), Michele Gori (flauti), Gaetano Partipilo (sassofoni) e Achille Succi (clarinetti e sax alto). L’ascolto ci regala sin da subito una gustosa sorpresa ovvero una superba versione di “Stratusphunk” un doppio omaggio a George Russell e a Gil Evans, che ne arrangiò una eccellente versione negli anni sessanta. Lo spirito di Russell però funge quasi da nume tutelare in questo disco, in quanto nella suite “Three Modes of Infinity”, troviamo un eccellente esempio di esplorazione della tecnica compositiva modale, con i tre brani basati su scale e colori differenti, in cui si stagliano assoli di pregevole fattura come quello di Succi in “Phrygian Grey”. Che dire poi della dedica ad Olivier Messiaen della title track o dell’omaggio a Duke Ellington in “Duke’s Ghost”, due brani dalla scrittura pregevole e ricercata, una vera rarità in questi tempi di magra per la creatività nel jazz. Se “Promenade” arriva da una colonna sonora incompiuta per una pièce teatrale, la successiva “Be Serious, Laugh!” è un omaggio a Frank Zappa. Completano il disco “Andrew's Hill, ispirata alla musica del grande pianista e compositore e il divertissement “Locrian Fucsia,” nata per gioco tra una seduta di registrazione e l’altra.
3dB Trio - Chiaroscuro (Dodicilune/I.R.D., 2014)
Il 3dB Trio nasce nel 2012 dall’incontro tra il batterista Luca Di Battista, il bassista Michelangelo Brandimarte e il chitarrista Pietro Di Domizio, tre giovani musicisti nati tra il 1980 e il 1990, che hanno inteso coniugare nella loro cifra stilistica l'anima dura ed allo stesso tempo gentile dell'amato Abruzzo, i venti del Mediterraneo e la libertà espressiva del linguaggio jazz. La combinazione di questi elementi è l’ispirazione alla base di “Chiaroscuro”, il disco di debutto del trio, nel quale sono confluiti nove brani di cui otto originali più lo standard “You Don't Know What Love Is”. Analogamente alla tecnica pittorica la scrittura di ogni brano si sviluppa attraverso un alternarsi di luci ed ombre, il tutto impreziosito ad un interplay attento e maturo come nel caso dell’inziale “Non Era Il Giorno”, o del tango malinconico di “Rethinking Of Us”, o ancora della riflessiva “What It Leaves Behind”. Di pregevole fattura sono anche “If” e la swingante “But”, ma il vero vertice del disco arriva con la poetica “Undecided” in cui si apprezza tutto il talento di questi tre strumentisti che non solo dimostrano di avere una solida formazione musicale, ma di essere dotati di una tecnica esecutiva davvero interessante. Completano il disco la fascinosa “Cassiopea”, ispirata alla leggendaria regina di Etiopia, la rilettura della già citata You Don’t Know what love is, e la solare “Spring,” in cui si alternano momenti lirici e spaccati più movimentanti.
Luigi Blasioli – Sounds Of Aracsep Valley (Dodicilune/I.R.D., 2013)
Contrabbassita e compositore abruzzese, Luigi Blasioli si è segnalato negli anni non solo per la sua solida formazione artistica, ma anche per la lunga serie di collaborazioni, dischi e concerti prestigiosi che hanno caratterizzato il suo vissuto artistico. “Suonds Of Aracsep Valley” è il suo nuovo progetto discografico, nel quale ha raccolto nove brani ispirati dalla sua terra, la valle di Pescara, ed incisi con la collaborazione di Pierpaolo Tolloso (sax e clarinetto), Moreno Vadini (chitarra), Willie Paco Aguero (percussioni), Francesco Santopinto (batteria), a cui si sono aggiunti per l’occasione due ospiti d’eccezione ovvero i sassofonisti Michael Rosen e Max Ionata, nonché Gabriel Oscar Rosati (tromba, trombone e flicorno). L’ascolto svela un disco di grande liricità in cui spicca la capacità di Blasioli di riuscire a tradurre in musica le sue sensazioni, i suoi ricordi, e le sue riflessioni. Quasi fosse un volume di novelle dannunziane, il disco mescola ricordi di infanzia (“Kids Of Onirit Street”), feste in paese (“A Village Holiday”), riflessioni intense sulla vita come nel caso di “Bob And Job, Five Miles Away From Paradise”, dedicata a due ragazzi venuti a mancare per assideramento nel capodanno del 1985, o “Lost In The Wood” che evoca la triste vicenda di un amico persosi nel bosco e mai più ritornato. Non mancano spaccati della propria gioventù come nel caso di “Creepy Night”, gli amori impossibili di donne adulte che si innamorano di giovani uomini (“Adriartesia”) o corse le perdifiato in fuga di notte di “On The Run Like A Thieft”. La folle “My Voice From The Valley” suggella un disco personalissimo nel quale Blasioli, mettendo insieme un gruppo di ottimi musicisti è riuscito a creare un panorama sonoro perfetto per le sue storie, i suoi ricordi, e le sue emozioni.
Stefano Savini – Musica Semplice (Dodicilune/I.R.D., 2013)
Nuovo progetto discografico del chitarrista e compositore Stefano Savini, “Musica Semplice” è una piccola opera composta da diciassette suite strumentali, eseguite da un’orchestra a geometria variabile di ben diciannove musicisti, provenienti tanto dal mondo classico quanto da quello jazz. Ispirato dalla nascita del figlio Leo, questo disco nel suo insieme è una sorta di concept album che ruota intorno alla vita di un uomo della quale la musica ne rappresenta la metafora a partire dal suo concepimento. Sono storie semplici, confidenziali ma da cui emerge una riflessione profonda sul senso della vita, che si sostanzia nella scelta, non casuale, delle strutture formali dell’Ordre della Sonata cameristica, riletta con un linguaggio sonoro moderno, diretto ed essenziale, ed un esecuzione leggera e briosa. Mescolando influenze che spaziano da Dmitrij Šostakovič a George Gershwin, passando per John Coltrane e Gil Evans, fino a toccare Phillip Glass, quest’opera si caratterizza per modulazioni improvvise, ironiche soluzioni melodiche e cromatica, ma soprattutto per una la sua grande forza immaginifica. Ad aprire il disco è “Gombar” ispirata alla gravidanza e alla nascita, a cui segue il racconto chiaroscurale de “La Marcia” per quartetto d’archi, clarinetto e percussioni, che a sua volta sfocia nelle melodie adolescenziali delle pianistiche “Danza Lieve” e “Danza Pesante”. Se il dialogo tra vibrafono, violoncello e contrabbasso caratterizza la spensieratezza di “Emerso”, le tre “Melodie Sentimentali” ci raccontano dei primi amori tra gioie e dolori. Si prosegue con “Elogium” per sola chitarra che evoca l’età matura con i suoi ricordi e i rimpianti, ma con i sette brevi frammenti di “Pennichelle” per trio d’archi violino, viola e violoncello, che si tocca il vertice espressivo del disco, Savini mette in musica, infatti, la quotidianità, i sette giorni della settimana, i sette sonni della notte, che via via conducono l’uomo al tramonto. Chiude il disco la dolce melodia di “Angiulì”, il commiato dalla vita terrena, che suggella un disco denso di poesia evocativa e forza immaginifica.
Marco Poggiolesi & Ferdinando Romano – Tandem. A Ruota Libera (Dodicilune/I.R.D., 2013)
A tre anni di distanza dal loro primo disco, pubblicato nel 2010 da Phylogy Records, il duo composto dal chitarrista Marco Poggiolesi e dal contrabbassista Ferdinando Romano ritorna con “Tande. A Ruota Libera”, disco che raccoglie undici brani, caratterizzati da originali arrangiamenti prettamente acustici, cu cui si innesta l’utilizzo di loop e live electronics. Mescolando composizioni originali e riletture in chiave jazz di classici della canzone d’autore internazionale, questo album è la dimostrazione di come un approccio illuminato al jazz possa rappresentare il lasciapassare verso una concezione musicale aperta, in grado di superare confini di qualsiasi tipo alla ricerca di sonorità differenti. Durante l’ascolto, che scorre piacevole e coinvolgente, si spazia dal dalla poesia de “I Tuoi Occhi” alla swingante “Il Vino E Le Sirene” fino a toccare il fascino evocativo de “La Ballata Dei Tre Marinai” in cui emerge una chiara reminiscenza dello stile di Pat Metheny. Le sorprese più interessanti ce le riservano però la sperimentale “Lycra” con la chitarra in grande evidenza, e “Sabbia” in cui spicca l’uso del contrabbasso con l’archetto che evoca sonorità etniche. Pregevoli sono anche le riletture di brani come “Just Like A Woman” di Bob Dylan e “Sound Of Silence” di Simon & Garfunkel, ma la vera sorpresa arriva con “Tu No” di Piero Ciampi proposta in una versione minimale ma assolutamente piena di poesia. Chiude il disco “What a Wonderful World” nell’arrangiamento di Pat Metheny, giusto per ricordarci un punto di riferimento importante di questo disco.
Salvatore Esposito
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