Chris Cacavas/Edward Abbiati - Me And The Devil (Appaloosa Records/I.R.D., 2014)

Fare il musicista e scrivere parallelamente di musica comporta dei rischi, ed uno di questi è, senza dubbio, il conflitto di interessi in cui a volte si incappa. Un esempio lampante di come questa trappola sia spesso in agguato è il recensire e scrivere le mie impressioni scaturite dall’ascolto di “Me And The Devil”, disco che nasce dalla collaborazione di Chris Cacavas ed Edward Abbiati. Se con il primo, infatti, ho incrociato diverse volte gli strumenti, con Edward ho registrato e suono abitualmente, anche nei Lowlands. Questo però non mi impedisce un giudizio ponderato, ma anzi credo di poter parlare con alla mano dati di fatto reali sulla qualità ed il talento di entrambi. Edward Abbiati è un songwriter generoso, che abbiamo imparato a conoscere bene negli ultimi anni, mentre Chris Cacavas è una delle leggende dell’alternative country. Dalla loro collaborazione è nato questo album, registrato nell’agosto del 2013 a Pavia, frutto di alcune registrazioni fissate di volta in volta su un cellulare, e da cui pian piano ha preso forma un disco rock a tutti gli effetti, che rimanda nell’approccio al Neil Young più elettrico. Si tratta di un lavoro diretto, cattivo, angolare, muscoloso, abbastanza lontano da quello che si ci potrebbe aspettare da due musicisti come loro. Ad impreziosire il tutto troviamo anche una bella dose di soul, evocata dall’uso eccellente dei fiati, non facendo ricorso però alla forma sezione, ma piuttosto supportando l’importante lavoro chitarristico del funambolico Mike “Slo Mo” Brenner e il magistrale lavoro denso di groove di Winston Watson (già al fianco di Bob Dylan dal 1992 al 1996) alla batteria. Proprio la parte ritmica è uno dei punti forti di questo disco, incisiva e straordinaria nella sua semplicità, quella semplicità dei grandi, vicina allo zen. L’ascolto rivela un disco importante, pieno di brani eccellenti, che richiedono di essere ascoltati in modo approfondito, e se il titolo può sembrare fuorviante facendo aleggiare una idea blues per un progetto che del blues ha solo l’anima, le blue notes emergono nell’approccio e nell’attitudine di questi musicisti, sempre divisi tra necessità interiore di fare la musica e rigido e anemico mercato che si trovano attorno. Non casuale in questo senso ci è sembrata la scelta di realizzare una versione speciale con bonus disc, nel quale sono raccolti i demo da cui sono nati i brani del disco, e il cui ascolto ci consente di toccare con mano le ispirazioni alla base di questo progetto. Concludendo, ritengo sia importante che questo disco venga promozionato in modo massiccio dal vivo perché rappresenta qualcosa di veramente nuovo nella scena musicale non solo italiana, ma internazionale, qualcosa che è lontano anni luce da quella furbizia che il genere roots richiede, quella furbizia che gli avrebbe consentito di sfruttare il nome da “mito” dei Green On Red o l’idea del beautiful loser così popolare presso certa stitica critica che di giornalistico non ha nulla. E’ la filosofia del profeta di Facebook che ammalia le sue ridotte folle esaltato dal numero di like che si trova sulla bacheca. Chi vuol capire capisca. Bravo Chris e bravo Ed.


Antonio "Rigo" Righetti
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