Riccardo Tesi & Banditaliana - Maggio (Visage Music/Materiali Sonori, 2014)

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E ben venga la Banditaliana! Intervista a Riccardo Tesi 

Prodotto da Riccardo Tesi e Claudio Carboni è appena uscito “Maggio”, il nuovo capitolo discografico di Riccardo Tesi & Banditaliana, pubblicato a tre anni da “Madreperla”. Ancora un album d’autore, dodici composizioni, tra canzoni e strumentali, firmate Tesi, Carboni, Gigi Biolcati, con i testi di Maurizio Geri, e in più un paio di brani tradizionali. Non mancano ospiti eccellenti: da Fanfara Tirana a Ettore Bonafè (già a lungo nella formazione), da Mauro Durante al giovane, ma già premiato, pianista jazz Alessandro Lanzoni. Partecipe anche il maestro e compositore sardo Mauro Palmas. Un tour mondiale porterà a luglio questa eccellenza italiana sui palcoscenici mondiali (Canada, Olanda, Belgio, Austria). Tocca a Riccardo Tesi raccontare questa nuova bella tappa, che va ad aggiungersi a una discografia già consistente, e che conferma la raffinata, ma anche spregiudicata, completezza e compattezza del suono Banditaliana, che sa sapientemente attraversare la tradizione italiana, antica e moderna, si protende lungo un Mediterraneo dell’anima, si arricchisce di aromi popular e world, di energia progressive e di sprazzi jazz. 

Come mai avete scelto un titolo come “Maggio”? Non certo soltanto per il mese di uscita del disco? È una rinascita? Il rimando alla festa popolare? Alla Festa del Lavoro? 
Un po’ tutte queste cose insieme , aggiungici anche un pezzettino del maggio francese con la sua utopia e voglia di cambiamento! A parte “Il maggio del crinale” in apertura del disco che si riallaccia alla tradizione ancora in uso da noi del Cantar Maggio, c’era la coincidenza che i due valzer di liscio montanaro che abbiamo arrangiato si chiamano “Primo” e “Secondo Maggio”, il nostro primo disco si apriva con un altro canto del Maggio che è diventato uno dei nostri cavalli di battaglia. Insomma ebbene venga maggio! 

D’obbligo un confronto con i precedenti lavori di Banditaliana. Mi sembra un disco meno world e più italiano, ma anche più prossimo a forme di popular music: una sintesi tra il disco precedente e le esperienze passate. 
Ogni volta che decidiamo di registrare un nuovo lavoro partiamo da quello che spontaneamente abbiamo prodotto fino a lì , è come scattare una foto di quella che è Banditaliana in quel momento . In effetti l’album precedente era più spostato altrove ma era una pura casualità, questo invece si ispira di più all’Italia, ci sono ritmi di tarantella , di moresca, echi di liscio anche se spesso trasfigurati come è nostra abitudine. L’attitudine ed il modo di costruire i brani sono comunque gli stessi. 

Due nuovi ingressi nella band, quelli di Gabriele Savarese al violino e Mirko Capecchi al contrabbasso. Cosa hanno portato di nuovo? 
L’inverno passato abbiamo realizzato una produzione per Toscana Musiche che si chiamava “Tuscan Landscape”, e che prevedeva una Banditaliana XL con l’aggiunta di Mirco Capecchi al contrabbasso, Gabriele Savarese al violino e Alessandro Lanzoni al pianoforte. Tutti i musicisti s sono perfettamente integrati nel linguaggio Banditaliana portando suggerimenti, idee e energia. Tanto è vero che li abbiamo voluti nel disco perché ormai erano parte integrante di quei brani. Alessandro Lanzoni , pianista ventiduenne fresco vincitore del referendum di musica jazz come miglior nuovo talento, ci ha impressionati per la sua abilità e maturità musicale , i suoi interventi nel disco sono preziosi. 

Se è vero che in passato avete avuto anche due percussionisti (Bonafè e Fadda), qui traspare ancora una centralità dell’apporto percussivo. 
L’aspetto ritmico è sempre stato molto importante nell’economia della nostra musica. È vero che lo stile personalissimo di Gigi Biolcati ha caratterizzato molto il suono di questa Banditaliana, che è forse la line up che preferisco. 

Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di scrittura ed arrangiamento dei brani? 
Alcune cose stavano nel cassetto da un po’ di tempo e aspettavano una giusta definizione, altre erano già nel repertorio live da qualche anno, altre ancora sono state espressamente scritte per il disco. Per le canzoni Gigi ed io abbiamo lavorato insieme sulla parte melodica, mentre Maurizio si è occupato della stesura dei testi. Altri brani li ho composti in solitudine ma tutto il disco è stato arrangiato collettivamente. La nostra metodologia è alquanto pragmatica e mette al centro del nostro processo produttivo le sessioni di prova. Prima di arrivare alla stesura definitiva di un brano lo proviamo in mille modi diversi; ogni musicista suggerisce cose diverse fino a che non raggiungiamo un accordo nel quale tutti si riconoscono. È così che si forma il sound Banditaliana, un processo veramente collettivo.

“Maggio Del Crinale”, che apre il disco, procede in modo più riflessivo, quasi si volesse esaltare il profilo poetico del testo di questo importante canto rituale della tradizione della dorsale appenninica… 
Mi piace questo andamento dolce, un po’ ipnotico , del Maggio, lo trovo poetico e mi emoziona. Abbiamo avuto il dubbio se fosse il brano giusto per l’apertura visto che non è il classico singolo ( ammesso di averne uno), ma poi ce ne siamo fregati e abbiamo deciso che era bello iniziare sottovoce. È un canto che facevamo in Crinali con Ginevra Di Marco e che , per motivi, di spazio non avevamo registrato, poi ci siamo ricordati di quanto fosse bello e lo abbiamo recuperato. 

Un singolo eclettico è “Scaccomatto”: combinazione di prog-rock, jazz e ballo sincero, guidato dall’organetto. Cosa dici di questo brano che insieme e a “Mirto” secondo me sono il segno di Banditaliana 2014? 
Sono d’accordo che questi due brani rappresentino perfettamente lo stile Banditaliana: dentro si trovano sintetizzate tante influenze che rappresentano il nostro mondo musicale. “Scaccomatto” è uno dei miei brani preferiti per come è stato realizzato, suona esattamente come lo avevo in mente con il bellissimo assolo di Lanzoni , tra l’altro realizzato in un unico take! 

Anche voi fate tappa a Galata… Cosa vi ha ispirato? 
 Un giorno Gigi mi ha fatto ascoltare questo riff che aveva in testa e che ho trovato bellissimo, insieme abbiamo poi sviluppato tutta la parte musicale. Maurizio ha scritto il testo attingendo ai ricordi e alle emozioni provate durante la tournee di Banditaliana ad Istanbul , una città meravigliosa, vero crocevia di popoli e culture. È una semplice canzone, una foto ricordo, semplici appunti di viaggio, niente a che vedere con il progetto dell’Orchestra Bailam, che tra l’altro mi piace molto. 

Sicuramente. A nostro parere, “Galata” di Bailam è tra i migliori dischi italiano del 2013… Il vostro è un disco di nuovo molto cantato, ma quanto – se lo è – è diversa qui l’idea di ricerca sulla forma canzone del precedente disco “Madreperla”? 
Da sempre la canzone fa parte dell’ambito espressivo di Banditaliana, è una parte importante alla quale teniamo molto . Rispetto agli inizi abbiamo scoperto di avere un poeta all’interno del gruppo, Maurizio Geri si è rivelato un paroliere originale , dotato di uno stile personalissimo. I suoi testi e le sue immagini poetiche sono perfetti per il nostro suono, senza considerare che poi è lui la voce solista. Rispetto a “Madreperla” però non trovo cambiamenti radicali. 

È difficile fare musica strumentale in Italia, se non rientri nella categoria jazz o colta? È vero che Tesi e Banditaliana rappresentano un po’ un’eccezione, perché di riconoscimenti ne hanno ricevuti, eccome. Però, spesso nei Premi di musica tradizionale o folk sembrano prevalere sempre i dischi cantati. Mi sembra ci sia ancora poca gratificazione per chi innova la tradizione strumentale. Per esempio, sulla zampogna o sulla chitarra battente, ma non scrive canzoni in dialetto. Non so se concordi. 
In generale, è vero che la musica strumentale ha un mercato più ristretto di quello vocale ma nel caso di Banditaliana credo che ci sia un buon equilibrio tra le due componenti, perché Geri oltre ad essere il cantante del gruppo è anche un ottimo strumentista. Per noi entrambe le forme espressive sono irrinunciabili. Questo comunque non ci ha impedito di ricevere premi! 

Tornando alle tracce del disco, c’è anche la ripresa di “Taranta Samurai” . Quanto è stata importante per te l’esperienza con i Samurai dell’organetto… 
Questo è un brano che all’origine avevo scritto per Samurai, poi l’ho registrato nell’album “Cameristico” e poi ho pensato di farne una versione più roots con Banditaliana, per questo abbiamo invitato Mauro Durante del Canzoniere Grecanico Salentino che di tarante se ne intende e che ha aggiunto il suo violino ed il tamburello! L’esperienza con i Samurai è stata molto bella, a tratti esaltante. Immagina un progetto tutto incentrato sull’organetto con alcuni dei migliori specialisti europei. Mi sono divertito molto perché i miei compagni di viaggio sono persone simpaticissime ed insieme avevamo sviluppato un’idea musicale comune. Ho deciso di lasciare il gruppo perché non riuscivo più a trovare la mia giusta collocazione nella band, la metodologia di lavoro non mi corrispondeva e molto amichevolmente ho deciso che era giusto farmi da parte piuttosto che obbligare gli altri a cambiare. Comunque il gruppo dal vivo era davvero bello e divertente. 

Un salto nel passato remoto da cui molto ha avuto inizio. Cosa c’è in Banditaliana che traspariva (o era in nuce) in Ritmia? 
Domanda molto intelligente! Banditaliana per me è la continuazione ideale dell’esperienza Ritmia . Ne ha ereditato lo spirito musicale e anche l’organico strumentale ma, credo, con un tasso tecnico ancora più alto e soprattutto con una più grande coesione interna che ci ha permesso di durare nel tempo e raccogliere tutti quei risultati che Ritmia ha visto sfumare sciogliendosi nel momento di suo maggiore successo. Quell’esperienza mi ha insegnato molte cose! La prima è che una leadership ben definita , che non è dittatura , è più efficace di un gruppo cosiddetto democratico, dove alla fine alcuni fanno molto e altri poco ma siamo tutti uguali. In Banditaliana ognuno ha il proprio spazio, tutti sanno esattamente cosa devono fare, ognuno è ricompensato sulla base del lavoro svolto, tutti hanno il diritto di comporre, di esprimersi, funzioniamo come un vero gruppo però le decisioni finali (e anche le responsabilità maggiori) spettano a me anche se cerco sempre di concordarle con gli altri. La seconda è che bisogna essere forti di fronte al successo, Ritmia si è spaventata e si è sciolta, Banditaliana è andata avanti. Con Maurizio Geri e Claudio Carboni lavora da ventidue anni e da almeno quattro con Gigi Biolcati , musicisti fantastici e persone solide, affidabili che quando c’è da stringere i denti sono lì , ti puoi fidare di loro. Sono molto fortunato in questo senso. 

Hai attraversato il folk revival, lavorato con i musicisti folk, jazz, pop e classici. Uno sguardo retrospettivo su cosa è, cosa è stato e cosa potrebbe essere il nu folk in Italia. 
Ho avuto una vita musicale molto ricca; ho collaborato con grandi musicisti di vari generi ed ognuno ha arricchito il mio pensiero musicale, mi ha fatto scoprire altri punti di vista e fatto crescere. Ho scoperto che in ogni genere ci sono grandi talenti, con competenze e caratteristiche molto diverse e che è stupido chiudersi in atteggiamenti dogmatici . Appartengo a quella ondata di musicisti che alla fine degli anni ‘70 si sono dedicati al recupero di vecchi strumenti popolari, ne hanno appreso la tecnica ed il repertorio e poi piano piano, visto e considerato che non erano musicisti tradizionali, hanno cominciato a scrivere e a produrre una nuova musica d’autore ma a partire dalla tradizione. Nel frattempo hanno formato nuove generazioni di strumentisti, sempre più bravi e completi tecnicamente, capaci di leggere e scrivere la musica e di dialogare con musicisti di altri stili. Se si pensa che le frontiere di demarcazione dei generi si sono assottigliate sempre di più , fino quasi a scomparire, si capisce l’importanza di questo movimento sull’estetica musicale di oggi. Sono molto ottimista perché se penso a quando ho iniziato vedo nel folk nazionale dei musicisti di altissimo livello, capace di affrontare il mercato internazionale senza timori reverenziali, vedo che ormai siamo riconosciuti come musicisti tout court e non di serie B, vedo i nostri “poveri strumenti” nei dischi di Sting o nei festival jazz ma soprattutto ascolto una musica interessante, attuale, fresca ed energica. L’apporto del folk alla musica di oggi è veramente notevole. 

Con Fanfara Tirana durante le registrazioni di "Rosamunda"
Ritornando al disco, come accennavi all’inizio, non manca nel disco uno spaccato dedicato alla danza, con i valzer. Scommetto che qui c’entra Claudio Carboni, oltre alla tua esperienza seminale con il progetto “Un Ballo Liscio? 
Venti anni fa con il disco “Un ballo liscio “, il primo lavoro italiano di rilettura non ironica del ballo popolare. Ho fatto pace con questa parte importante della cultura italiana che odiavo perché era la musica della generazione precedente e veicolava dei valori molto lontani dal mio mondo. Con la maturità e con un’approfondita ricerca ho scoperto invece un panorama musicale pieno di gradevoli sorprese, con melodie meravigliose e musicisti tecnicamente formidabili. Chiaramente tutto dipende da come poi interpreti il tutto. Claudio Carboni è nato suonando liscio: a 10 anni era già sui palchi con il suo sax a far ballare la gente. Suona molto bene questo genere che, ripeto, tecnicamente non è per niente una passeggiata. Fra l’altro ha realizzato un bel progetto “Secondo a nessuno” dedicato alla figura di Secondo Casadei. 

Infatti. Blogfoolk se n’è occupato in passato, recensendo il CD e intervistando Claudio Carboni, anche su aspetti di questo magnifico progetto su Secondo Casadei. 
Questi due valzer, che hanno melodie potentissime, arrivano dal progetto “Crinali” , di qualche anno fa, dedicato alla montagna bolognese e già da un po’ facevano parte del repertorio di Banditaliana. Qui Maurizio Geri nel suo bellissimo assolo può finalmente dare sfoggio del suo amore per il manouche… 

Non ti aspetti di trovare “Rosamunda” in un disco di Banditaliana. Invece eccola: un’orchestra di liscio che incontra i fiati balcanici della Fanfara Tirana. Com’è nata questa collaborazione?
L’estate scorsa il Ravenna Festival , sempre sull’onda del famoso disco di vent’anni fa, ci ha chiesto di rileggere il liscio in compagnia di Fanfara Tirana in un progetto che si chiamava “Ad est del liscio”. La collaborazione tra Banditaliana e Fanfara Tirana è stata così bella che abbiamo deciso di lasciare un ricordo, registrando un classico di questo genere con questa connotazione balcanica.

“Merica” ci riporta a quando noi eravamo i migranti… 
Una canzone tradizionale che anni fa avevo arrangiato per La Macina e che è entrata quasi subito nel repertorio di Banditaliana. Parla della nostra emigrazione, di quando eravamo noi al posto degli albanesi, dei nordafricani e di tutti gli esuli che regolarmente arrivano nel nostro paese in cerca di un futuro migliore. Giusto per non dimenticare! 

“Corno D’Africa” è brano di grande spessore poetico e suggestione, già presentato in concerto… 
Mi piace il ritmo ipnotico che Gigi riesce a produrre suonando contemporaneamente la kalimba con le mani e la tavola di legno con i piedi nudi, su questo galleggiano tutti gli altri elementi : la chitarra tapping , la voce di Maurizio con questo testo molto suggestivo e l’apertura musicale di sax, organetto e violino che trovo molto efficace. Da tempo lo facciamo dal vivo. Qui, come in diversi altri brani, abbiamo come ospiti Mirco Capecchi al contrabbasso e Gabriele Savarese al violino, due ottimi musicisti della nostra area, con i quali, come ricordavo inizialmente, abbiamo realizzato la produzione “Tuscan Landscape” per Toscana Musiche e che hanno portato nuovi colori al nostro sound. 

Come nasce un brano come “L’Arca e La Paura”? 
“L’Arca e la Paura” ha avuto una gestazione più lunga delle altre. Anche questa è nata da un’idea di Gigi Biolcati , che aveva addirittura scritto un testo in piemontese, ma aveva qualcosa per cui non scorreva fluida (il brano è in 5/4) soprattutto negli specials strumentali. Allora abbiamo deciso praticamente di riscriverla e piano piano ha cominciato ha cominciato a funzionare. La composizione, a voltem mi fa pensare all’enigmistica: si deve trovare la giusta definizione e questa a volte è immediata, altre volte può richiedere molto tempo. Ci sono brani che hanno dovuto aspettare anche un anno, prima che trovassero una soluzione. Il violoncello è di Enrico Guerzoni, un grande strumentista ed una cara persona. 

Un altro strumentale, “Maresca Moresca” sembra riportarci a un disco come “Thapsos”… 
È stato uno dei brani più difficili da realizzare. L’andamento ritmico è abbastanza complicato ed è ispirato alle moresche del Sud Italia che spesso usano ritmi asimmetrici. Abbiamo lavorato a lungo per trovare le figurazioni di percussioni ma piano piano ne siamo venuti a capo. Nonostante sia una composizione originale è molto ispirata alla tradizione ed in questo senso può riportare a certe atmosfere di “Thapsos”, che rimane uno dei miei album preferiti. 

E la conclusiva “Pietrasecca”? Un brano da colonna sonora cinematografica… 
Un brano di diversi anni fa, l’avevo registrato nell’album Veranda con Patrick Vaillant nel 1990. I primi anni di Banditaliana la suonavamo spesso in concerto, e a me piaceva molto come rendeva. Poi però siamo passati ad altre cose e non l’abbiamo mai registrata. Così abbiamo deciso che era giunto il momento di farlo. Claudio qui ci ha regalato un solo molto ispirato, esattamente quello che avevo voglia di ascoltare in questo brano. Strano che mi parli di colonna sonora, anche io ho sempre pensato che fosse perfetta per le immagini, ma mai nessun regista me lo ha chiesto. Forse adesso succederà!

Ci racconti della tua esperienza di mente organizzatrice di Sentieri Acustici. Uno delle poche rassegne musicali italiane segnalate nella lista dei festival mondiali dal mensile folk & trad britannico “fRoots”? 
La prima cosa che ho cercato di fare quando la Provincia di Pistoia mi ha offerto la direzione artistica di Sentieri Acustici è stata quella di trovare un’identità forte. Innanzi tutto l’idea di ubicarla sulla montagna pistoiese, in agosto, con l’idea di fondo di unire la partecipazione al festival con la conoscenza del territorio. Creare l’occasione di ascoltare musica ma anche poter fare escursioni , conoscere le piante, la cucina locale, l’artigianato ecc. La seconda idea di fondo è quella di creare una sezione importante legata alla didattica con stages di quattro giorni con i migliori insegnanti di strumento e balli tradizionali italiani ed internazionali. Gli allievi sono il cuore del festival, lo zoccolo duro del pubblico. Il livello medio degli studenti è talmente cresciuto, che in questi ultimi anni i più meritevoli fanno parte dell’Orchestra Sentieri Acustici che, in quattro giorni di lavoro con artisti come Daniele Sepe, Simone Bottasso, e quest’anno Patrick Vaillant , preparano e presentano sul palco centrale lo spettacolo di chiusura del Festival. Naturalmente è un festival di world music , sempre intesa in un’accezione molto ampia . Credo che nel corso degli anni abbiamo allestito dei cartelloni originali con artisti di altissimo livello con dei costi contenuti perché non lavoriamo con le agenzie, grazie al mio lavoro vedo e ascolto molte cose in giro per il mondo . Siamo molto attenti che gli artisti trovino un buon service , una buona accoglienza, professionalità e simpatia. Il suono è curato da Max Laredo che dal suo arrivo ha radicalmente cambiato la qualità di ascolto: è insostituibile. Il pubblico poi è meraviglioso, molto esigente ma ascolta in perfetto silenzio ed è generoso con gli artisti. 

Con Fanfara Tirana durante le registrazioni di "Rosamunda"
Chiuso il programma 2014? 
La prossima edizione sarà, a mio avviso, una delle più belle. Il cartellone è uno dei più interessanti. Il festival avrà luogo dal 20 al 23 agosto a Bardalone sulla montagna pistoiese e ci saranno, come al solito stages di strumento e danza durante la giornata e i concerti serali. Tra gli artisti presenti l’Orchestra Bailam con il progetto “Galata” appunto, il Canzoniere Grecanico Salentino , Simone Cristicchi da solo, i Gatti Mezzi , molto popolari qui in Toscana ma non solo, l’Orchestra di Sentieri Acustici diretta da Patrick Vaillant, il bandoneonista Carlo Maver che presenta il suo nuovo album. La serata iniziale per tradizione prevede una intervista/chiacchierata semiseria (ad opera di Cirri di Caterpillar di Radio 2 Rai) con un personaggio della cultura. Quest’anno avremo il pistoiese DOC Vauro, famoso vignettista. A seguire il riallestimento , dopo 50 anni, di “Bella Ciao” lo spettacolo che ha segnato l’inizio del folk revival italiano. A proposito di questo progetto, il direttore artistico dell’operazione è Franco Fabbri, storico componente degli Stormy Six, il quale mi ha proposto di curare gli arrangiamenti della nuova versione. Le voci femminili saranno Elena Ledda, Ginevra Di Marco e Lucilla Galeazzi, poi Alessio Lega, voce maschile, e un piccolo organico strumentale composto da Andrea Salvadori, chitarrista da molti anni di Ginevra, Gigi Biolcati percussionista di Banditaliana ed il sottoscritto all’organetto e agli arrangiamenti. 

Come dicevi in precedenza, grande spazio alla didattica… 
Gli stages sono importantissimi ! Primo fra tutti quello di Musica d’Insieme, condotto da Patrick Vaillant, al quale possono iscriversi tutti gli strumentisti a condizione di avere almeno un livello medio/alto di preparazione ma che alla fine si esibiranno sul palco centrale. A seguire body percussion con Gigi Biolcati, chitarra swing-manouche con Maurizio Geri, organetto con Simone Bottasso, violino con Niccolò Bottasso, canto con Francesca Breschi, musica per bambini con Marika Pellegrini, danze cubane con Indira Pacheco. 

Hai avuto esperienza di maestro concertatore nei tempi migliori del Festival della Zampogna di Scapoli, quando al timone organizzativo c’era il Circolo della Zampogna con la consulenza scientifica ed artistica di Maurizio Agamennone. Ti vedresti come maestro concertatore della Notte della Taranta? Cosa proporresti di innovativo? 
Purtroppo non ho mai assistito alla Notte della Taranta perché è in contemporanea con il mio festival. Non conosco bene la liturgia dell’evento e quindi non posso dire niente al riguardo . Credo che abbia una dimensione tale che forse mi spaventerebbe un po’, ma sono certo che finirei per accettare la sfida anche se forse sarebbe il momento di dare quella chance ad un musicista salentino: ce ne sono di bravissimi e conoscono quella musica meglio di chiunque altro. L’esperienza “pioneristica” di Scapoli è stata divertente ed ho incontrato persone adorabili. Nonostante il poco tempo a disposizione, riuscimmo a fare un lavoro niente male. Molti di quei brani sono diventati patrimonio di Banditaliana. 


Ciro De Rosa e Salvatore Esposito 

Riccardo Tesi & Banditaliana - Maggio (Visage Music/Materiali Sonori, 2014) 
Ciò che più colpisce ascoltando la Banditaliana, su disco come dal vivo, oltre alla presenza di solisti d’eccezione, è il senso di coesione, l’attenzione per le dinamiche ritmiche, la propensione che è rock, ma senza scomodarne i cliché o produrre appiattimenti. “Maggio” si presenta con delle rose rosse in copertina, evocazione della polisemia del mese più poetico, ma non si accende di fuoco puro da subito: preferisce le sfumature tenui, predilige la dolcezza lirica del canto di Maurizio Geri, ispirato ai rituali stagionali appenninici. Ed è subito “Scaccomatto”, nel senso che siamo avvinti dal vitale eclettismo sonoro della Banda acustica, nel quale riluce l’unione d’intenti, la solidità di portamento, la capacità di dosare i tempi. Il violino prog che incalza in apertura, il vigore ritmico delle percussioni di Biolcati, vero punto di forza della formazione, l’organetto di Tesi che si stacca per enunciare la melodia portante, i ricami del sax alto di Carboni, l’assolo di Lanzoni al piano. Che dire? Superbo! Il successivo “Galata” è intreccio di emozioni liriche e di immaginario levantino cucito in sintonia con il liuto cantabile di Mauro Palmas che produce aromi d’Oriente unendosi al sax soprano e all’organetto. Da segnalare anche la presenza di Matteo Scarpellini al pandeiro. Viene riproposto “Taranta Samurai”, già registrato per “Cameristico”, una composizione di Tesi dallo slancio vagamente gaelico all’inizio, sul ritmo di danza meridionale; significativi la costruzione corale, i colori timbrici degli strumenti (chitarra battente, chitarra, kalimba, percussioni, organetto, sax alto, contrabbasso) con il valore aggiunto di violino e tamburello del salentino Mauro Durante (uno che di tarante se ne intende): è una delle vette dell’album. E ora al ballo con i due valzer (“I Maggio” e “II Maggio”). Qui i musicisti pescano nel repertorio coreutico della montagna bolognese (che ci riporta al magnifico progetto “Crinali”, al quale partecipò, in veste di consulente-guida, la ricercatrice Placida Staro), riletto dalla passione estrosa, ma sempre diretta di Banditaliana, che si muove tra passi di danza, sfumature jazzate di un Carboni sempre superlativo, il tocco determinante di Biolcati alle percussioni, e Geri che da sfogo alla sua passione swing-manouche. Nella celebre “Rosamunda”, poi, è giocoso rimpiattino pirotecnico tra il quartetto e la Fanfara Tirana: polka, gusto balcanico e humour, quanto basta. Si cambia registro con la canzone tradizionale “Merica”: necessario ricordo, agli smemorati che blaterano di chiusure di confini e fortezze, prima di tutto mentali, dei quattro milioni di italiani che andarono a cercare approdo e fortuna dall’altra parte dell’oceano nei secoli scorsi. Passato e presente di migranti. Kalimba e percussioni di Biolcati sostengono l’indovinato equilibrio timbrico di “Corno d’Africa” (organetto, chitarra, soprano, violino, contrabbasso), altra sorprendente canzone sotto il profilo poetico. Geri consolida il suo ruolo creativo, anche sul piano compositivo oltre che chitarristico (ma questo lo sapevamo già), il che dovrebbe, finalmente, fargli trovare giusti riconoscimenti all’interno dell’universo della canzone d’autore. Lo strumentale “Mirto”, firmato Tesi, è un gioco di incastri, dirompenti e vitali, di transiti e rimandi tra organetto e sax soprano, con chitarre, contrabasso e percussioni. Un brano sospeso tra rock di vago gusto retro e tradizione popolare del ballo. Il violoncello di Enrico Guerzoni è ospite in “L’Arca e la Paura”, altra canzone tutta in stile Banditaliana: vale a dire riuscito connubio tra parole e musica. Nella complessità ritmica di “Maresca Moresca”, brano d’autore che richiama antiche danze tradizionali e in cui sono protagonisti il contrabbasso di Mirko Capecchi e il violoncello di Guerzoni, si manifesta ancora tutta la stentorea eterodossia strumentale di Riccardo e dei suoi compagni d’avventura. L’emozione finale è data dal cinematico “Pietrasecca”, che – ci ha raccontato Riccardo – viene da lontano, addirittura registrato per quel capolavoro degli anni ’90 che è stato “Veranda”, inciso con il nizzardo Patrick Vaillant. Guida la melodia l’organetto, che ritrova le suggestioni liquide del vibrafono di Ettore Bonafè, malinconico ma caldo ed espressivo l’intervento solista al soprano di Claudio Carboni, dosa le note Geri alla chitarra, mentre le percussioni di Scarpettini e il pianoforte di Daniele Biagini concorrono all’unità narrativa. Che classe! 



Ciro De Rosa
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