È uscito per le edizioni LIM il volume Le ragioni della musica. Scritture di musicologia africanista, a cura di Maurizio Agamennone e Serena Facci, nel quale sono stati raccolti alcuni contributi scritti dall’etnomusicologo francese Simha Arom nell’arco di un trentennio. I dieci saggi che compongono il libro sono riuniti in un unico volume per la prima volta e, soprattutto, per la prima volta sono proposti in lingua italiana e inseriti in un quadro analitico dentro il quale si possono comprendere - grazie al supporto dei due curatori - i contributi tecnici e teorico-metodologici di Arom alla comprensione di molte espressioni musicali di tradizione orale e, in generale, alla disciplina etnomusicologica. Inoltre, i saggi sono stati selezionati in modo da presentare “pienamente l’evoluzione che ha informato gli interessi e la carriera dello studioso”. Come si può, infatti, leggere nella presentazione al volume, i dieci contributi, scritti tra il 1976 e il 2009, sono proposti in ordine cronologico e “rappresentano il farsi delle sue ricerche, intuizioni metodologiche, invenzioni tecnologiche e interazioni dialogiche”, consentendo in questo modo di “cogliere più agevolmente come non poche soluzioni critiche e metodologiche da lui adottate abbiano avuto un carattere assai precoce, pionieristico, tale da influenzare significativamente gli studi successivi”. Simha Arom è uno dei maestri dell’etnomusicologia contemporanea. È autore di centinaia di saggi e diversi libri, tra i quali Polyphonies instrumentales d'Afrique centrale: structure et méthodologie, un testo di centrale importanza per gli studi musicali africanisti (pubblicato per la prima volta nel 1985 e tradotto in inglese nel 1991). Nato a Düsseldorf nel 1930, scoprì la musica africana all’inizio degli anni Sessanta, quando si recò nella Repubblica Centroafricana su invito del presidente David Dacko, il quale lo incaricò di coordinare un progetto per la formazione di una fanfara (Arom era un cornista, Premier prix al Conservatorio Nazionale Superiore di Parigi e primo corno della Jerusalem Symphony Orchestra). Da allora, l’Africa ha rappresentato lo scenario principale della sua attività di ricerca, durante la quale Arom ha analizzato elementi complessi delle culture musicali soprattutto centroafricane, rivelando spesso per primo meccanismi impliciti che, fino a quel momento, erano stati appannaggio dei soli “detentori locali”. Oggi Arom ha oltre ottanta anni e i suoi interessi di studio sono principalmente rivolti alle “impetuose” polifonie georgiane. È direttore emerito di ricerca presso il Centre National de la Recherche Scientifique e nel 2012, a Roma durante il meeting annuale, è stato nominato Honorary member dell’International Musicology Society, un riconoscimento prestigioso che per la prima volta è stato attribuito a un etnomusicologo. I due curatori hanno organizzato il volume in modo da rendere al meglio le articolazioni e gli argomenti più rappresentativi della ricerca di Arom. Per questo, oltre che sull’importanza “scientifica” del volume - riflessa soprattutto, come detto, nell’organizzazione antologica di alcuni dei contributi più significativi sugli elementi tecnici, metodologici e analitici della ricerca di Arom - vorrei porre l’attenzione sulla sua struttura. Insieme ai dieci saggi (i quali riferiscono di esperienze di ricerca focalizzate su numerosi elementi e argomenti, e differenziate per temi oltre che per dislocazione geografica), il volume presenta una ricca sezione “interattiva”, costruita cioè “sull’adattamento e la trascrizione” di conversazioni che i curatori hanno intrattenuto con lo studioso. La sezione, intitolata “Conversazione con un maestro”, dilata in modo significativo la dimensione temporale dei contenuti e si configura come un contributo indispensabile, in quanto rende il volume meno “oleografico” e, allo stesso tempo, più dinamico e articolato. È come se, attraverso un dialogo “lungo, denso, fitto e appassionato” avvenuto in diverse occasioni (in una prima fase dal 2009 al 2012, per poi accompagnare tutto il periodo di stesura del libro), Arom - il quale, grazie a questa occasione, ha avuto modo di “ricordare e descrivere alcune delle sue principali esperienze di ricerca” - sia riuscito a restituire una nuova riflessione (hic et nunc) sugli argomenti che lo hanno impegnato tutta la vita e intorno ai quali ha quadrato la sua esperienza di ricerca. Oltre alle “Conversazioni” e ai dieci saggi, il libro comprende una ricca e importante documentazione multimediale, formata da documenti sonori e visuali (raccolti, rispettivamente, in un cd e un dvd allegati). I documenti sonori sono in tutto quarantadue, per una durata complessiva di oltre sessanta minuti. Comprendono registrazioni effettuate da Arom tra il 1965 e il 1986 e “testimoniano di alcune prospettive centrali nel suo ‘progetto’ di ricerca, dalla ripresa di espressioni musicali nella loro integrità, alla de-strutturazione in frammenti parziali di musiche altrimenti assai complesse, allo scopo di favorirne la comprensione, analisi e descrizione”. I documenti sono, ovviamente, legati ai diversi saggi, nei quali si rimanda al sonoro per supportare o esemplificare le argomentazioni con i dati concreti acquisiti nel contesto etnografico. Tra i brani risultano particolarmente interessanti gli esempi di de-strutturazione e re-recording. Come detto, nella misura in cui lo studioso francese si è trovato più volte di fronte a pratiche musicali sconosciute alla comunità scientifica, ha messo a punto, adattando macchine costruite e tradizionalmente utilizzate per altri scopi, nuove tecnologie di rilevamento e analisi. Un esempio ormai classico è l’adozione sistematica di “procedure di registrazione sonora costruite con successivi passaggi in play back (re-recording), che ha portato a una più agevole individuazione delle singole parti vocali e strumentali presenti in apparati poliritmici assai complessi e, apparentemente, all’ascolto, indistricabili”. Nel dvd allegato al libro sono, invece, raccolti dieci documenti visuali estratti dal corpus documentario che Arom e la sua equipe di collaboratori hanno realizzato tra il 1967 e il 2001. In particolare il quinto e il decimo contributo (rispettivamente orchestra di trombe - ango - e polifonia dei Pigmei Aka), selezionati appositamente per questo volume, sono stati estratti dalle riprese delle performance che alcuni musicisti centroafricani realizzarono in Italia nel 1997, in occasione del Festival Settembre in musica di Torino, dedicato alle musiche tradizionali centroafricane. In questo caso, i curatori focalizzano l’attenzione sul metodo e il progetto generale di Arom, caratterizzati anche dalla “divulgazione e trasmissione didattica delle competenze acquisite nel corso della ricerca sul terreno e in laboratorio”. Questa prospettiva di convergenza è altresì confermata dalla lunga frequentazione di Arom “con luoghi diversi della ricerca e dello spettacolo in Italia” (che, d’altronde, ha favorito e reso possibile anche il confronto confluito nelle “Conversazioni con un maestro”, avvenuto in occasione del 53° Festival di musica contemporanea della Biennale di Venezia, nel 2009, e nel corso del XVII Seminario internazionale di etnomusicologia, svoltosi alla Fondazione Cini di Venezia nel gennaio 2012). “In questa prospettiva”, ci ricordano Maurizio Agamennone e Serena Facci, “si può rilevare una valenza determinante nella percezione che lo studioso ha della propria ‘missione’, vale a dire la mediazione permanente tra i ‘saperi’ e le pratiche di musicisti appartenenti a tradizioni locali, da una parte, e gli interessi di fruitori rappresentativi di sensibilità esterne, dall’altra, in scenari culturali anche profondamente diversi”.
Daniele Cestellini