In una Campania la cui musicalità di tradizione orale è sovente ricondotta alle espressioni sonore dell’entroterra napoletano o, al più quando ci si spinge un po’ più lontani dal centro metropolitano, alla tarantella rituale di Montemarano o alle devozioni cilentane, un lavoro che scandaglia aree del territorio regionale poco batture dalla documentazione etnomusicologica non merita di passare inosservato, benché non pubblicato di recente (2010). Si tratta di luoghi collocati tra la provincia di Caserta e Benevento, appena lambiti dalle ricognizioni storiche degli anni ’70 del Novecento (penso alla registrazione desimoniana di un canto di lavoro “alla carbonara” a Pietramelara) e dalle indagini di Leydi e dei suoi collaboratori sul doppio flauto a Cusano Mutri. Ad offrire una panoramica sullo scenario musicale del Matese, pur non avendo la pretesa di scientificità e sistematicità di uno studio di tipo etnomusicalogico, è il DVD “Canti e Danze del Matese Campano”, edito dal Centro di Educazione Ambientale (CEA) con il sostegno di molte altre associazioni locali e del Parco Regionale del Matese e distribuito liberamente (per informazioni: furno.sandro@gmail.com). Accanto al supporto informatico, esiste anche un libretto cartaceo dallo stesso titolo, contenente note sulle località e i repertori, nonché i testi dei canti. Il lavoro è stato concepito da Sandro Furno e Gian Michele Montanaro: il primo è architetto, chitarrista e responsabile del CEA, il secondo è un musicista, ben noto percussionista, tra i coordinatori nazionali della Società dei tamburi a cornice, collaboratore di svariati gruppi musicali e, non da ultimo, impegnato nella seconda edizione del progetto europeo FolkMus (Folk Music in Museums). Ci troviamo nel rilievo situato tra il nord-est campano e il Molise, le cui comunità locali provengono da un tessuto socio-economico prevalentemente agro-pastorale. È un’area che dal punto di vista culturale è una cerniera, collocata a cavallo tra Campania, basso Lazio, Molise e Abruzzo. Oggetto della ricerca sono i repertori vocali, strumentali e coreutici raccolti e catalogati mediante censimenti di documenti, interviste, registrazioni audio e video. Altro obiettivo del lavoro e delle altre attività parallele messe in campo è la sensibilizzazione e la promozione culturale del territorio di questa parte del massiccio del Matese. Le località toccate dall’indagine – sulla base delle quali è organizzato il menu principale del DVD – sono Letino, Gallo Matese, Valle Agricola, località Mastrati (una frazione di Pratella), Piedimonte Matese, Cusano Mutri, Gioia Sannitica, Faicchio, San Potito Sannitico. Nell’ambito coreutico il ballo specifico della zona è la ballarella, con le sue varianti (il portato dei persistenti flussi migratori interregionali), ascrivibile alla famiglia della tarantella. Il ballo è ancora attivamente eseguito sia in eventi pubblici sia nelle feste private di ambito familiare. Tra le altre forme di danza, a Pratella, incontriamo anche il vatticulo, affine alla spallata abruzzese, mentre a Goia Sannitica e Faicchio sono attestai il laccio d’amore e la quadriglia, con quest’ultima che ha assunto una fisionomia locale. Molto interessante il panorama del canto, ormai decontestualizzato ma presente nella memoria di chi è più avanti in età o ripreso dalle nuove generazioni di musicisti locali, come elemento aggregativo e all’interno delle pratiche discorsive identitarie locali. Notiamo una grande varietà di moduli melodici e di stili, tra cui si segnalano quelli “a curto”, “a longo” e “alla campagnese”. In passato era molto utilizzato anche il “calascigni”, un canto a due voci. Alcune registrazioni proposte sono veri e propri frammenti, in altri casi siamo di fronte ad esecuzioni più articolate, con in prevalenza accompagnamento di organetto otto bassi, e, talvolta, di castagnette. Nella documentazione di Cusano, naturalmente, ascoltiamo la voce del doppio flauto (fraule a cocchia), in legno o di canna. Nella raccolta canora troviamo canti di lavoro, canti di partenza e lontananza, canti di transumanza, canti di questua processionali, canti d’amore e a dispetto, canti triviali, ninnananne e perfino un celebre canto narrativo. Tra gli stili più significativi osservabili c’è il canto alla craunara (tipo di canto “a longo”), ossia alla maniera dei carbonai, una comunità di lavoratori portatori di una tradizione molto ricca e protagonisti nel favorire la circolazione dei repertori popolari.
Ciro De Rosa
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