Le Borg ovvero Paolo Di Cioccio ed Adriano Lanzi, sono due musicisti romani dalla diversa estrazione musicale, ma accomunati dalla passione per la musica elettronica, le loro strade si sono incrociate sui solchi di The Man Machine dei Kraftwerk, e da lì ha preso forma la loro collaborazione musicale. Il loro nuovo disco “Flying Machines” è un concept album dedicato alle macchine volanti del presente e del passato, li abbiamo intervistati per approfondire insieme il loro percorso musicale, le influenze musicali e le ispirazioni che sono alla base di questo nuovo lavoro.
Come nasce il progetto Le Borg?
Paolo Di Cioccio: Ho cominciato a produrre sotto la sigla Le Borg nel 2008 con altri musicisti romani che si sono alternati nei primi due CD, editi da VideoRadio/RaiTrade. L'incontro artistico assai stimolante con Adriano Lanzi, che ci vede insieme anche nel progetto "Le Grand Lunaire", in cui ci avvaliamo di strumenti acustici, elettrici, ed elettronici, ci ha portati ad unire le forze anche in questo progetto più marcatamente elettronico, con una forte influenza Kraftwerkiana.
Potete parlarci del vostro percorso di formazione musicale?
Adriano Lanzi: Io sono soprattutto un chitarrista, con una formazione iniziale classica, che poi ho allargato da autodidatta al jazz e al rock. Negli ultimi dieci anni mi sono avvicinato anche al mondo della sintesi e del campionamento, con vari progetti in solo e in gruppo in cui mi occupo ad esempio di colonne sonore, o di rimusicazioni dal vivo di classici del cinema muto.
Paolo Di Cioccio: Prevalentemente io sono un oboista classico, insegno il mio strumento al Conservatorio di Latina, e ho fatto tournée come solista in Italia e all'estero. Ma mi occupo anche, divertendomi assai, di riscoprire le sonorità di alcuni strumenti elettronici analogici (in casa credo di possedere un vero e proprio "museo" di anticaglie sintetiche quali moog, arp, korg, etc) che utilizzo anche dal vivo, con la massima cautela, nell'equipaggio Le Borg.
Adriano Lanzi: E' stata una fascinazione abbastanza istintiva, dovuta anche agli ascolti giovanili, sia in ambito di ricerca più accademica che in ambito di popular music se oggi possono significare ancora qualcosa queste distinzioni. In generale mi piacciono l'organicità del suono, un approccio un po' "sudato" alla sintesi, e tutte quelle situazioni musicali in cui il mascheramento e la confusione dei timbri tra "naturale" e "artificiale" la fanno da padrone. In ambito di rock sperimentale, in questo senso ho subito fortissima l'influenza di un altro gruppo tedesco, i Faust, il cui organista mi produsse un cd ormai dieci anni fa.
Paolo Di Cioccio: Quando capii che ripetere per l'ennesima volta una composizione quale "Artikulation" di Ligeti mi avrebbe portato a copiare inutilmente forme sonore che non sento neanche più mie, ripresi forme più semplici di ascolto elettronico, e qui tornano inesorabili gli ascolti giovanili di Klaus Schultze, i Tangerine Dream e naturalmente i quattro "vecchietti" di Dusseldorf, a cui ho fatto inizialmente riferimento nei miei vecchi dischi e nelle mie produzioni per il teatro e le colonne sonore per la televisione.
Ascoltando con attenzione il disco si percepisce un contatto diretto con l’opera dei Kraftwerk. Tuttavia mi piacerebbe sapere quali sono state le altre influenze che sono alla base del progetto Le Borg?
Adriano Lanzi: Oltre a quelle che ha appena elencato Paolo, a cui aggiungerei anche la dovuta attenzione a produzioni elektro-pop anche più recenti. Ad esempio ho amato molto i primi Mouse On Mars.
Paolo Di Cioccio: Aggiungerei anche io tra i miei favoriti cose più marcatamente synth pop quali Gary Numan, i Depeche Mode, i Chemical Brothers, e tanti altri.
Che senso ha suonare oggi musica elettronica?
Paolo Di Cioccio: Questa è la domanda del secolo, ed è la stessa che potremmo rigirare per tutti gli stili e i generi musicali. Forse un giorno la gente non ricorderà più un musicista come Florian Schneider, ma probabilmente dimenticherà anche Elliot Carter.
Adriano Lanzi: O forse ricorderà loro e ne dimenticherà altri, chi può dirlo oggi...
Paolo Di Cioccio: Un fatto è certo: Bach e Beethoven sopravvivranno sicuramente alle ipocrite manovre commerciali del momento, come vivrà in eterno il ricordo di geniali ingegneri quali Robert Moog e Peter Zinovieff, che hanno contribuito a rendere fruibili alle masse strumenti elettronici che altrimenti sarebbero risultati troppo costosi e impossibili da impiegare dal vivo.
Adriano Lanzi: Quella degli inventori che ha nominato Paolo è stata una rivoluzione a tutti gli effetti, a partire da loro si è sviluppata una tecnologia trasportabile che ha arricchito il bagaglio di timbri e suoni possibili, e di conseguenza il linguaggio e il modo di ascoltare, di chiunque faccia musica oggi, anche di chi non fa direttamente elettronica. Il senso che trovo io è ancora nel piacere di entrare in profondità nei parametri fondanti del suono.
Le Borg con “Flying Machine” giunge al suo terzo disco, come si è evoluto il suono, la ricerca musicale e la sperimentazione in questi anni?
Paolo Di Cioccio: Nulla cambia, nulla evolve, eppure tutto è in costante mutamento. Basta possedere un Minimoog o un Arp 2600 e ogni produzione discografica sarà sempre diversa, perché lo strumento analogico non ha la falsa sicurezza, e neanche i limiti, di uno strumento virtuale, o a presets.
Adriano Lanzi: Quando Paolo mi ha coinvolto in Le Borg, abbiamo prima discusso se l'album dovesse essere legato da una sorta di concept, ho suggerito il tema generico della storia del volo, delle "macchine volanti", e da lì abbiamo visto che il concetto ci ispirava una serie di pattern e melodie che sentivamo nostre e ci convincevano.
Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di arrangiamento? Quali sono le ispirazioni alla base di brani come “Zeppelin” e “Red Baron”, che nei titoli evocano i primi grandi passi della storia dell’aviazione?
Adriano Lanzi: Comporre in due è sempre complicato, ma anche stimolante. Si discute spesso, a volte si litiga persino ma sempre in modo bonario. Alla fine di un lungo processo in cui può capitare che un brano arrivi bell'e finito con facilità, e che un altro richieda un'intera mattina per ottimizzare il suono di un rullante, ci si trova con un repertorio comune in cui qualcosa sarà nato effettivamente con uno sforzo diviso tra noi al 50%, altri pezzi avranno una maggiore impronta di uno di noi due, ma entrambi avremo dato il nostro apporto sulla versione finale del pezzo.
Paolo Di Cioccio: Ho cercato più volte, con la scusa di un caffè, di avvelenare Adriano, ma poi sono riuscito a fermarmi in tempo utile. In realtà il lavoro della composizione a due è risultato assai facile da gestire viste comunque le nostre affinità artistiche e la nostra amicizia.
Adriano Lanzi: Il tema è come ti dicevo quello che sottende tutto l'album, quindi Zeppelin, Red Baron, Airport, Air Turbulence, e tutti gli altri, fanno parte di un omaggio alle macchine volanti passate e presenti, e ai pazzi furiosi che sono stati capaci di inventarle e pilotarle per primi.
Potete raccontarci del vostro approccio con il palco? Come funzionano dal vivo i pezzi di Le Borg?
Paolo Di Cioccio: In realtà abbiamo serie difficoltà a portare dal vivo la strumentazione analogica, in quanto molto delicata. Per questo non ci esibiamo spessissimo e cerchiamo di farlo solo in vista di appuntamenti che lo meritino e che ci diano la garanzia che gli strumenti possano funzionare al meglio e nella massima sicurezza.
Adriano Lanzi: A seconda dei set e delle situazioni, ci spostiamo anche con una strumentazione leggermente più ridotta, con l'apporto minimo, accanto a quegli analogici proprio irrinunciabili, di campionatori digitali con cui gestiamo alcune sequenze ritmiche e melodiche con maggiore facilità.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Adriano Lanzi: Stiamo già pensando al quarto album.
Paolo Di Cioccio: E sicuramente torneremo a lavorare su qualche sorta di concept, che non riguarderà autostrade, radioattività, robot, o biciclette. Nè tantomeno macchine volanti.
Le Borg - Flying Machines (Helikonia, 2013)
E’ passato appena poco più di un anno dalla pubblicazione di “Einstein” (Rai Trade, 2012), e il progetto Le Borg del musicista romano Paolo Di Cioccio, torna in pista con un nuovo disco “Flying Machines”, e una rinnovata line-up che lo vede affiancato da Adriano Lanzi, già al suo fianco nei Le Grand Lunaire e già membro degli El Topo. Rispetto ai due dischi precedenti, la cifra stilistica dei Le Borg, è rimasta pressoché invariata, ma ciò che colpisce è come la tanto amata kosmische musik di scuola Kraftwerk e Neu!, venga riletta con un originale approccio stilistico e compositivo, ad evidenziare quanto la musica elettronica abbia ancora molto da dire a livello ispirativo. Non è casuale così anche la scelta di dare vita ad un concept album, che attraverso nove brani, ci regala una sorta di cyberg viaggio nel tempo, a bordo di vari macchine volanti passate e presenti inventate dall’uomo. Viene celebrato il genio creativo, il desiderio di osare, di andare oltre, e durante l’ascolto non è casuale, che dinanzi agli occhi dell’ascoltatore prendano vita ora lo Zeppelin, celebrato nel brano omonimo, ora il Barone Rosso il cui aereo irrompe tra vertiginosi ritmi elettronicic in “Red Baron” ora ancora gli affollati aeroporti moderni celebrati dalla cyberg sinfonia “Airport Suite”. Chiude il disco “Air Turbulence”, forse il brano più sperimentale di tutto il disco, e le cui sonorità rimandano a certe cose dei primissimi Mouse On Mars. Ben lungi dal voler indossare i panni dei Kraftwerk in chiave tricolore, i Le Borg sono una delle realtà più interessanti della musica elettronica made in Italy, e siamo certi che sono pronti a riservarci nuove soprese con il quarto disco.
Salvatore Esposito
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