Non so se ascoltando i dieci artisti selezionati per la finale del contest cagliaritano, dedicato all’indimenticabile voce turritana, ci si possa fare un’idea di cosa significhi suonare world music oggi in Italia. D’accordo, parliamo di una non-categoria come quella di world music, per qualcuno etichetta commerciale, per altri estetica musicale, ma è indubbio che i limiti imposti dal bando di gara, che fa riferimento a composizioni cantate, va da sé anche in omaggio alla straordinaria voce di Andrea, finisce per forza di cose per delimitare un po’ il campo, se poi aggiungiamo che un brano in lingua locale, che sia minoritaria o no (tanto per capirci, nel contesto sudtirolese, il tedesco è minoritario o maggioritario?), può sempre farsi strada anche nelle categorie dialettali di premi nazionali d’autore, si capisce che nel Belpaese il termine ha una declinazione sonora del tutto specifica (ma potrebbe anche essere un punto di forza), soprattutto se confrontato con quanto accade altrove, sfogliando le riviste specializzate o ancora frequentando le fiere internazionali. Gli organizzatori della Fondazione Parodi hanno fatto sapere che quest’anno circa 400 sono state le adesioni al concorso, e qualche nome storico del folk del Sud (lo abbiamo appreso in via informale), non è stato selezionato per la fase finale perché il brano, magari non tra i migliori in repertorio, “era troppo tradizionale…”. Cosicché, ancora una volta restiamo un po’smarriti: cosa è world music?
Unavantaluna |
Canzoni acustiche d’autore in lingua locale o dialetto? Canzoni che virano verso il jazz levigato, ma anche un po’ diluito? Ma forse a smentirci o a farci capire che la deriva del format canzone non è ancora egemone arriva proprio il premio conferito dalla giuria tecnica ai siciliano-continentali Unavantaluna con il brano “Isuli”. Annoverano in formazione maestri come il fiatista Pietro Cernuto ed il percussionista Arnaldo Vacca, sono una band di esperienza, ben nota nel circuito neo tradizionale, e con un brano che mette in risalto la loro ricerca timbrica: una composizione in due parti, canzone popolare siciliana e ballo finale, con il valore aggiunto della proiezione mediterranea, che ha conquistato anche il premio per il miglior testo in ex-aequo e per il miglior arrangiamento. Ma malgrado abbiano alle spalle un progetto musicale forte (è in uscita un loro nuovo doppio album), gli Unavantaluna hanno dovuto lottare fino all’ultimo voto con la conterranea Francesca Incudine (“Jettavuci”) e con il duo catalano-sardo Rusò Sala e Caterinangela Fadda (“La meva terra”), a tal punto che la giuria tecnica (musicisti, promoters e direttori artistici di festival) ha dovuto ricorrere ad un secondo voto per arrivare a sancire il vincitore tra i tre. La canzone trad-pop della Incudine ha vinto il premio della critica, quello musicale e il tenerissimo riconoscimento dei bambini, che rende sempre più umano e sincero i world music award cagliaritani, mentre il duo chitarristico Sala & Fadda si è accaparrato il premio SIAE, quello dei concorrenti e quello dell’interpretazione.
Francesca Incudine |
E già, l’interpretazione… Perché ciò che rende più avvincente la tre giorni del Parodi è il fatto che gli artisti in gara devono necessariamente far propria una canzone del repertorio di Andrea, che presentano nella seconda serata, dopo che nella prima hanno proposto la canzone in gara e un altro brano del proprio repertorio. Ne scaturisce che sia sulla base del proprio materiale sia sulla rilettura di quello del cantante dei Tazenda si gioca molto – ma non tutto (come erroneamente sembrava far intuire il presentatore nazionale chiamato ad occuparsi di musiche e di artisti da lui non conosciuti, e protagonista di diverse cadute di stile) – il consenso del pubblico e dei giurati. La “Pandela” degli Unavantaluna ha fatto centro, così come la resa di “Ninna Noa” da parte di Rusò Sala, e di “Frore in su nie”, interpretata dal gruppo di Francesca Incudine. A proposito della cantante ennese, va detto che la sua proposta, che richiama inevitabilmente le inflessioni sonore del fratello Mario, ha convinto, nonostante la percussionista-cantante-autrice non metta in mostra una voce pienamente vincente: in molti abbiamo sottolineato una certa acerbità vocale, eppure non è un’artista giovanissima. D’altra parte, Francesca è cresciuta a livello di interpretazione nel corso della tre giorni, a dimostrazione di carattere e determinazione e del fatto che il contest si snoda in diverse fasi, si è risolto sul filo di lana, e non era certo già prescritto dopo le esibizioni del giovedì e del venerdì.
Alfina Scorza |
Quanto al duo di chitarriste, è stata proprio la cifra interpretativa a farle decollare, sebbene il loro gioco di chitarre non sia parso irresistibile all’inizio, almeno per chi è aduso alle accordature aperte del folk anglo-celtico o di altri musicisti di scuola folk italiani. Ritornando alle interpretazioni parodiane, non si può tacere della salernitana Alfina Scorza, protagonista di una bella versione di “Temporadas” e in concorso con una canzone del medico-autore Aniello de Vita, scomparso lo scorso febbraio, personaggio centrale nella poetica cilentana. Chitarra, contrabbasso e cajon per una melodia partenopea con venature jazz-latine, che molti si aspettavano avrebbe portato la cantante di “Li Penzieri” in vetta. E gli altri, direte voi? Non ha conquistato le giurie neppure il trio piemontese Tres Cordes (voce, chitarra, violoncello), che ha proposto “Tres jorns a Paris”. Nel trio suonano Enrico Niegro, tra i migliori chitarristi del nu folk italiano, e Paola Lombardi, vocalist di punta del folk piemontese. La loro delicatezza aderisce allo spirito del mondo della ballata epico-lirica piemontese e alla tradizione coreutica occitana: “Non è musica urlata, non è musica esibita, è cantata, sussurrata, suggerita“, sottolinea Niegro nel post-festival, “questa è la nostra cultura e in quanto tale si riflette anche nelle musiche ‘altre’ che affrontiamo, come nel caso del brano di Parodi, che peraltro, essendo una delicata canzone d’amore, ben si presta ad essere trattata con delicatezza”.
Rusò Sala |
Tra gli altri, poca fortuna, malgrado il loro piglio deciso da live band il quartetto campano-milanese Canto Antico (“Me vulesse addurmì”), armato di tammorra, violoncello, fisarmonica, voce ed una ciaramella svisante, con virate funk nel brano presentato in concorso. Coraggiosi i Damm & Dong, provenienti dal basso Lazio, la cui “Luntan”, in napoletano, presentava un bel testo suonato con ukulele, percussioni, campionamenti e loop, intriso di profumi d’Africa e note sincopate: forse il brano più world di tutto il cartellone. Un po’ al di sotto e decentrati sul piano sonoro per aspirare ad un piazzamento il jazz furlano denso di note degli Jerbasuns (“Flaba par gno fradi piçul”), il folk ruvido in stile Carmen Consoli (quasi un clone) della svizzero-siciliana Dominique (“Torna”) e la caipirinha al mirto della sarda Sara Marini (“Una rundine in sas aèras”). Detto della gara, dobbiamo necessariamente parlare degli ospiti, a partire da Francesco Demuro, vincitore del premio Albo d’Oro, tenore passato agilmente da un’aria verdiana al canto a chitarra, palestra vocale dei suoi esordi canori. Sempre nella serata di giovedì, l’accorata preghiera del direttore artistico Elena Ledda (con la sua conduzione da tre anni sta dando un’impronta di credibilità e di alta qualità al Premio), con Mauro Palmas alla mandola, dedicata alle popolazioni sarde colpite dall’alluvione dei giorni scorsi.
Antonio Zambujo |
La serata di venerdì ha visto salire ancora sul palco la vincitrice 2012, Elsa Martin, per una sorta di passaggio di consegne. La serata finale ha offerto una splendida versione di “Camineras” arrangiata da Palmas (mandola), con Righel Quartet (con Marcello Peghin alla chitarra 10 corde) e David Brutti (sax); il palpitante sound di Baba Sissoko, alle prese anche con “Balai” di Parodi. Un’esibizione di Ledda, Kaballà e Martin con “Abacada”, ma soprattutto il portoghese Antonio Zambujo, che i lettori di Blogfoolk già conoscono, che ha sedotto per il suo notevole controllo della voce, per la sua grazia interpretativa di “Sienda”: da brividi. A margine del Premio, al mattino ci sono state la presentazione del libro di Enrico Deregibus “Chi se ne frega della musica”, trasformatosi in un’interessante discussione sugli aspetti compositivi dell’artista, con la polifonica partecipazione di musicisti, cantanti e giornalisti; la riproposta della bella pellicola di Gianfranco Cabiddu “Passaggi di Tempo. Il Viaggio di Sonos ‘E Memoria”. Per il resto, piacevoli confronti informali fino a tarda notte tra giurati, addetti ai lavori e musicisti, accompagnati dai suoni (la magia vocale di Zambujo in un ristorante ci ha fatto ancora accapponare la pelle), nella magnifica Cagliari. Il Parodi 2013 ha presentato musica di ottimo livello: appuntamento al prossimo anno, con il desiderio che il Premio possa sempre di più assurgere a palcoscenico di punta della musica world e nu trad in Italia, e non solo.
Ciro De Rosa
Tags:
I Luoghi della Musica