“Raccontare uno strumento, la sua evoluzione, le sue protagoniste”, questo il senso della bella “etnografia polifonica“ di Grazia Tuzi. La pandereta, il tamburello, assume un ruolo di primo piano nell’identità culturale della Cantabria, regione del nord della Spagna, soprattutto in rapporto alle rivendicazioni di autonomia territoriale. Nelle parole dell’autrice: “Il tamburello […] sembra svelare e contenere la storia dell’intera comunità cantabra” (p.11). Al centro della ricerca è il processo di trasformazione che ha portato dalla presenza di numerose varianti locali e di stili individuali della jota, la danza accompagnata dal suono della pandereta, nelle diverse valli cantabriche alla progressiva affermazione di uno stile unitario regionale, come conseguenza del mutamento delle performance dal contesto contadino a quello spettacolare della riproposta folk. Chi sono gli interlocutori di questo bel lavoro? Senz’altro musicisti attratti dai tamburi a cornice, studiosi dei processi di costruzione identitaria e che hanno interesse verso il dibattito sui beni demo-etno-antropologici e sulle tematiche e metodologie di ricerca etnomusicologica in Spagna.
Non solo, perché il volume della ricercatrice italiana, che rappresenta un’analisi accurata su un’area poco indagata, è una lettura caldamente consigliata a tutti coloro che parlano – qualcuno anche straparla – di folklore, tradizione, etnicità, negoziazione dell’identità, memoria collettiva, studi di genere, patrimonializzazione: insomma, concetti, nozioni e categorie centrali sovente usati con superficialità o strumentalmente, su cui permane una forte confusione, ma ciò che più conta, una cesura tra ragionamento accademico e pratiche discorsive comuni di musicisti, cultori locali e apparati politici. Non è sempre facile trovare un contributo che, pur conservando lo stile e la densità del saggio accademico, possieda un’accessibilità di lettura e costituisca un valido punto di riferimento per aggiornarsi su questioni di primo piano. Anzi, si configura come partenza bibliografica irrinunciabile per chi si accinge a lavorare su oggetti di studio affini nel nostro Paese (penso al ruolo del tamburello in Salento o di altri strumenti icona nella costruzione simbolica di appartenenze locali, ma anche nella produzione di comunità di interesse intorno a strumenti tradizionali).
Apre il libro una prefazione di Giovanni Giuriati, il quale sottolinea come il lavoro di Tuzi “applica alle tradizioni spagnole metodologie e prospettive proprie dell’etnomusicologia italiana, che derivano dagli insegnamenti di Diego Carpitella, in un produttivo incrocio di esperienze e punti di vista” (p. 7).
Tuzi sviluppa la sua analisi, svolta a partire dal 1996, in lunghi e duraturi soggiorni negli anni successivi, tenendo conto delle istanze di riflessività e di riconoscimento del ruolo essenziale del dialogo con il soggetto etnografico, come prospettiva di costruzione del sapere antropologico. È un percorso assai articolato che nella prima parte accoglie le testimonianze delle pandereteras, le suonatrici, analizzando le caratteristiche organologiche dello strumento, la sua funzione sociale, le tecniche di apprendimento ed esecutive, i repertori (a ciò contribuisce notevolmente il DVD accluso, che esemplifica le varianti e gli stili esecutivi vale per valle). In un certo senso, è anche un viaggio nella memoria attraverso le voci di alcune suonatrici tradizionali, custodi di un antico sapere musicale. La seconda parte costruisce una disamina diacronica delle strategie messe in atto in Cantabria per costruire un’identità locale. Pertanto, sono percorse le vicende storico-politiche in ambito locale e nazionale all’interno delle quali il processo si è realizzato. Qui si fa più attenta la perlustrazione del dibattito scientifico sulle nozioni chiave di folklore, folklorismo, tradizione, identità, anche attraverso una rassegna dei contributi di studio più recenti. La terza parte del volume – che è quella che riscuoterà l’interesse dei percussionisti – è dedicata all’analisi degli elementi più squisitamente musicali per cercare di individuare, sulla scorta degli studi di Lortat-Jacob, le modalità attraverso le quali “la musica viene messa in identità” e la comunità “si appropria di un sistema o di uno stile e si riconosce in esso”. Il volume contiene anche il saggio di Pietro Clemente: “Panderetas come ‘forma di vita’ locale” e un’appendice con 46 sonogrammi. Il DVD contiene filmati realizzati con Piero D’Onofrio tra il 1997 e il 2001. Le sequenze performative offrono testimonianze delle esecuzioni di pandereteras considerate esemplari per lo stile nelle diverse valli cantabriche.
Ciro De Rosa