Da sempre legati alle tradizioni musicali della loro terra, la famiglia Colitti, vanta una vera e propria generazione di cantori, il cui capostipite è il nonno Antonio meglio noto come “Ucciu”, il quale spesso, durante il lavoro dei campi, veniva sollecitato a cantare, ora dai compagni ora da Don Adolfo Colosso, il padrone del podere era bracciante. Uccio non si lasciava pregare troppo e così intonava quasi sempre il canto “Donna Calante”, e così nacque anche la “‘nciurita” ovvero il soprannome dei Calanti. Con il passare degli anni la passione di Ucciu coinvolse tutta la sua famiglia ed in particolare il fratello Vincenzo “zii ‘Nzinu”, con il quale partecipava sempre alla festa patronale di San Rocco a Ruffano (Le), dove si recavano per suonare e cantare fino all’alba, ma soprattutto molto spesso venivano invitati a suonare per “tarantate”. A raccogliere il testimone di questa tradizione familiare, sono stati nel 1998 i nipoti di Ucciu, che hanno dato vita al gruppo “I Calanti” rifacendosi proprio a quella “‘nciurita” di famiglia con la quale erano conosciuti in tutta la zone. Composto da sette musicisti ovvero Daniele Colitti (voce, tamburello, chitarra classica, armonica), Simone Colitti (fisarmonica, organetto), Mirco Colitti (voce e tamburello), Cosimo Colitti (tammorra, tamburello), Irene Colitti (voce e tamburello), Alberto Carratta (chitarra classica solista), e Gianpiero Coppola (violino), il gruppo sul palco è arricchito anche da ben quattro danzatori ovvero Pamela Spennato, Martino Campioni, Emanuela Capone e Fabrizio Ricchiello. Il loro più recente disco in studio, “Donna Calante”, che segue l’apprezzato live “W Ci Zumpa”, raccoglie dieci brani che riannodano i fili del tempo proprio all’embrione familiare da cui è nato il gruppo, e non è un caso che ad aprire la scaletta ci sia proprio la title track che era la serenata che solitamente cantava nonno “Ucciu” Colitti. Dopo una parte a cappella che ricalca l’antico canto, il brano si evolve in una pizzica strumentale travolgente che funge da perfetto apripista per l’intero album. Si passa poi alla divertente “A Mujere Vascia Vascia” che ci conduce alla prima delle due pizziche del brindisino ovvero “Pizzica di San Vito” introdotta da un lungo assolo di chiarra”. Si prosegue con “Mannaggia Allu Vinu” con il violino in grande evidenza, “Tammurru” in cui l’organetto traccia la bella linea melodica sostenuta dai tamburelli alla ritmica, e “Cittu Maritu Meu”, il cui testo tradizionale ricorda da vicino “La Bicicletta” di Matteo Salvatore. Arriva poi “Pizzica Di Torchiarolo” in una bella versione ma il vertice del disco risiede nei due tributi agli Ucci di Cutrofiano (Le) ovvero “Pizzica di Cutrufianu” e quel gioiellino che è “Stasira M’Ha Dire Sì”. Chiude il disco la “Pizzica Tarantata” di Luigi Stifani con il violino di Gianpiero Coppola in bella evidenza. “Donna Calante” è così un bell’esempio di come la tradizione musicale salentina, al di là del movimento della riproposta, sia riuscita ad essere trasmessa di padre in figlio, di nonno in nipote. I Calanti, sebbene al di fuori della ribalta dei gruppi più famosi del Salento, mantengono vivo il legame tra la loro famiglia e la musica della loro terra, riproponendo quei canti che nonno Ucciu gli aveva insegnato ad amare.
Salvatore Esposito
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