Studiato a partire dal Cinquecento, il fenomeno del Tarantismo è stato protagonista di un lungo dibattito interpretativo nel quale si sono avvicendati numerosi studiosi, che con i loro contributi analizzarono la classificazione zoologica del ragno, i diversi effetti che il veleno provocava sul sistema nervoso e l’osservazione di alcuni casi clinici. A metà dell’Ottocento, come evidenzio Ernesto De Martino, parallelamente all’emergere del positivismo si assistette ad una progressiva riduzione dello studio di questo fenomeno a malattia, e non è un caso che proprio in quel periodo numerosi medici si dedicarono a questo tipo di studio. Tra le opere di maggiore interesse, relative a questo periodo, c’è senza dubbio “Osservazioni sul tarantismo pugliese” del medico napoletano, Salvatore De Renzi (1799 – 1872), apparso originariamente nel 1832 nella collana dei “Resoconti dell’Accademia Medico-Chirurgica Napoletana” e ripubblicato lo stesso anno ne “Il Filarete Sebezio”. Spesso citato nei principali studi sul tarantismo, questo saggio, finalmente trova una sua pubblicazione autonoma grazie a Kurumuny e al lavoro di Sergio Torsello, che ne ha curato questa nuova edizione. Si tratta di uno dei lavoro di maggior pregio dal punto di vista medico scientifico, in quanto, il De Renzi, attraverso una prosa elegante e raffinata, descrive il Tarantismo con dovizia di particolari la sintomatologia, la diagnosi, la terapia, raccogliendo e annotando importanti informazioni desunte dal suo dialogo con gli informatori locali. Questo approccio prettamente medico rimase molto in voga fino agli ormai ben noti studi di Ernesto De Martino, che rivoluzionarono l’interpretazione di questo fenomeno, dimostrando come il morso delle due specie di ragni Lycosa e Latrodectus, c’entrassero ben poco con quell’ “istituto culturale” e rituale che lui aveva individuato nella sua lunga permanenza nel Salento. Nonostante sia da considerarsi abbondantemente superato dal punto di vista prettamente scientifico, dagli studi di antropologia, il saggio del De Renzi resta comunque un importante punto di riferimento in quanto ha rappresentato uno degli ultimi epigoni di quell’approccio prettamente positivista allo studio del Tarantismo. Vale la pena sottolineare come lo stesso De Renzi abbia evidenziato alcuni tratti che negli anni a venire vennero sviluppati con maggiore attenzione come le presunte capacità curative dell’acqua della fonte di San Paolo a Galatina, che all’epoca era già considerata non potabile, o l’intuizione che alla base del fenomeno vi fosse quello che oggi potrebbe essere definito come “eros precluso” o ancora i due esempi analizzati entrambi a Novoli, luogo dove De Simone individuò la vera “pianta della Taranta”. A completare questa nuova versione troviamo inoltre un corposo insieme di note esplicative, ben due appendici di cui una che raccoglie le immagini della Tarantola nel XIX secolo e una dedicata al Tarantismo nell’Ottocento e da ultimo una corposa bibliografia che raccoglie tutti gli studi dal 1800 al 1898.
Salvatore Esposito
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