Premio “Andrea Parodi”, 22-23-24 Novembre 2012, Cagliari

Elsa Martin
World Music D’Autore. Il Canto Delle Donne Fa Il Pieno Al Premio Parodi 

Non sono bastati il temperamento energico e l’ottima tecnica strumentale di Simona Colonna, che usa il suo violoncello come strumento melodico, ritmico e percussivo per narrare la storia piemontese di “Brigante Stella”, né la vocalità potente e raffinata del trio (voce, piano, flauto) della nipponica Shinobu Kikuchi. Elsa Martin, ammiccante chanteuse friulana, si è aggiudicata la quinta edizione del Premio intitolato alla memoria dell’indimenticato vocalist sardo. Assieme all'ottimo compositore, arrangiatore e chitarrista Marco Bianchi la musicista ha interpretato l'elegante ed efficace “Dentrifûr”, tratto da “vERSO”, con cui è già stata finalista delle Targhe Tenco 2012 nella sezione opera prima. 
Lino Cannavacciuolo e Elena Ledda
Le due giurie del Premio – la tecnica e la critica, nonché la tenera, non ufficiale giuria di bambini – hanno pienamente concordato nel ritenere l’artista di Tolmezzo la più meritevole tra i 10 presenti nelle tre serate cagliaritane. In qualità di vincitrice assoluta del concorso Elsa riceverà un premio di 2500 euro per la formazione musicale, e parteciperà nel 2013 al Premio Andrea Parodi, all'European Jazz Expo di Cagliari, al Negro Festival di Pertosa (SA) e al conterraneo Folkest. Come vincitrice del Premio della critica riceverà la produzione di un videoclip professionale. Al giovedì, un primo assaggio al club FBI di Quartu S. Elena ha consentito ai dieci artisti finalisti di proporre, oltre al brano in concorso, un'altra composizione del proprio repertorio, dando anche modo alla giuria dei critici in platea di interagire con gli artisti con la vivace mediazione del conduttore Carlo Massarini. La prima delle due serate al Teatro Auditorium di Cagliari ha offerto l’ascolto, oltre che del tema in concorso, di una cover delle canzoni di Andrea Parodi. 
Luigi Lai
Ospiti della serata Elva Lutza, duo vincitore della precedente edizione, e Luigi Lai, che ha ricevuto “Albo d'oro”, il premio alla carriera, ma soprattutto ha entusiasmato un pubblico attento e partecipe con la sua arte di maestro delle launeddas. Emozioni nelle dieci rivisitazioni del repertorio parodiano, su tutti “Stabat” (Boschiero), “Astrolicamus” (Martin), ma soprattutto “Ruzaju” (Simona Colonna) e “Camineras” (Shinobu Kikuchi). Nella serata finale, presentata ancora da Massarini (protagonista involontario di qualche anacronismo e gaffe: al suo taglio giovanilistico, abbiamo preferito la sobrietà e il rigore professionale di Ottavio Nieddu la serata precedente), ciascun concorrente ha eseguito il solo brano in concorso, mentre ospiti di prestigio hanno contribuito al successo dello spettacolo. Si è iniziato con il violino fatato di Lino Cannavacciuolo con Tommy De Paola (piano), per continuare con l’eclettismo del duo Boi Akih, una voce soul e una chitarra acustica aperta a mille rivoli sonori (riparleremo presto del loro recente “Circles in a square society”). 
Enzo Avitabile, Mauro Palmas e Andrea Ruggeri
Apoteosi con Enzo Avitabile, accompagnato da Mauro Palmas (mandola) ed Andrea Ruggeri (percussioni). Ritornando ai riconoscimenti, la folksinger cadorina Erica Boschiero si è piazzata con il miglior testo, anche se le liriche della sua dolce canzone “Fada”, ispirata a figure del folklore bellunese, erano opera del poeta e ricercatore Gianluigi Secco. Successi anche per l’albese Simona Colonna (da ascoltare il suo CD “Masca vola via”, per voce e violoncello), e non poteva essere altrimenti, premiata come migliore interprete, migliore arrangiamento, e migliore interpretazione riconosciuta da parte degli altri artisti in gara che, bella prerogativa del concorso cagliaritano, si sono votati a loro volta. Degli altri contendenti, si è già detto di Shinobu Kikuchi, cresciuta di serata in serata per capacità compositiva ed interpretativa del suo autobiografico “Den-shò”, uno dei brani più esplicitamente ascrivibili alla matrice world; maggior fortuna meritava anche "Avè", dei camerunesi-lecchesi Bembekiri. 
Simona Colonna
Onestamente, un po’ sotto tono le altre proposte, a cominciare da quelle isolane di matrice prog di Perry Frank ("Cantu a merì") e rock di Lame a foglia d'oltremare (“George Gray"). Rimaneggiati nella line-up non ha hanno brillato neppure i Wafekome ("Wish I could"), il romanesco in salsa country-rock Simone Presciutti (“Fiore"): più prossimo a Lando Fiorini e Venditti prima maniera che a Remo Remotti, e i bergamaschi Terre Miste di "Ninna nanna". Concordiamo con Valentina Casalena Parodi, organizzatrice e presidente della Fondazione, nel ritenere la V edizione vincente in termini progettuali e cresciuta in qualità artistica. Soddisfazione anche nelle parole della direttrice artistica Elena Ledda che ha messo l’accento giustamente sull’atmosfera positiva tra artisti e addetti a lavori venutasi a creare nei tre giorni del contest. La stessa Ledda non si è sottratta alle sollecitazioni del palco, affiancando nella serata finale prima Lino Cannavacciuolo e poi Kaballà, Enzo Avitabile, la giovane vocalist Francesca Corrias (bello il suo showcase in cui ha presentato “Songshine”, edito da S’Ard) in una versione da brividi di “Sienda”, nonostante l’effetto “We are the world” che aleggia, inevitabilmente, quando artisti così diversi salgono tutti insieme su un palco. 
Kaballà, Enzo Avitabile, Elena Ledda e Francesca Corrias
Non mancano le sollecitazioni provenienti da una ricca manifestazione dedicata alla world music: riflessioni e domande sull’accezione di musica del mondo preminente nel nostro Paese. Proviamo a metterne in file alcune, forse troppe! Si può definire di world music un brano rock, solo perché cantato in una lingua minoritaria o in un dialetto? Esiste ormai una “canzone world” alla cui diffusione ha contribuito anche la sezione dilettale del Premio Tenco ? O è la canzone che torna ad alimentarsi alla tradizione orale, ma anche al jazz, per rinnovarsi e ritrovare appeal? Che spazio ha o può avere la musica strumentale nella rielaborazione della tradizione orale? Perché nei Premi italiani rivolti alle musiche di tradizione orale e alle musiche del mondo prevalgono spesso dischi di artisti riconducibili alla canzone d’autore? Partendo dal fatto che il termine cantautore è tipicamente italiano, si tratta allora di una declinazione specificamente italiana del folk? O, ancora, è il privilegio dato alla forma canzone d’autore che conferisce un vestito intellettuale di pregio, che dà più importanza all’artista? Non da ultimo, esiste una lobby mediatica, giornalistica ed artistica che in Italia ruota intorno alla canzone d’autore e si fa portatrice delle sue istanze? Non sono riflessioni che sottendono una volontà classificatoria e prescrittiva di world music, ma considerazioni su quale idea di musiche del mondo abbiano operatori e critici (non tutti specialisti ma spesso generalisti) o concorrano a costruire. Domande che possono sollecitare l’interessare di studiosi di popular music, cultori, giornalisti, musicisti, addetti ai lavori. Auspichiamo che si possa aprire un confronto. Su blogfoolk, lo accoglieremo volentieri. 



Ciro De Rosa
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