Pubblicato nell'anno del Centocinquantesimo Anniversario dell'Unità d'Italia, Brigante Se More di Eugenio Bennato, racconta la storia della ballata omonima scritta nel 1979 dallo stesso musicista napoletano insieme a Carlo D'Angiò, già suo compagno di avventura nei Musicanova, per lo sceneggiato L'Eredità della Priora di Anton Giulio Majano. Partendo dalla genesi di questa ballata, nella quale viene chiarito con dovizia di particolari che non si tratta di un brano tradizionale scritto da un'autore ignoto all'epoca dell'invasione Sabauda del Regno di Napoli ma piuttosto di una sorta di canto di battaglia nato per esigenze cinematografiche, Bennato, inserendosi nel filone della letteratura "revisionistica" dell'Unità Nazionale, racconta i motivi che hanno condotto successivamente questo brano a diventare una sorta di inno alternativo del Sud, soffermandosi sull'epopea del brigantaggio nell'Italia Merdionale nell'epoca post-unitaria. Vengono così evocati alcuni dei leggendari protagonisti di questa lotta all'invasore sabaudo, ovvero Carmine Crocco, Ninco Nanco e la brigantessa Michelina De Cesare, ed in parallelo il musicista napoletano pone l'accento sulla necessità di una revisione critica dell'invasione sabauda del Regno delle Due Sicilie. Il pregio di questo libro è essenzialmente quello di rievocare un momento di grande fermento culturale che animava la scena musicale napoletana alla fine degli anni settanta, era appena finita la stagione della Nuova Compagnia di Canto Popolare e i Musicanova stavano vivendo la loro fase migliore, mentre Roberto De Simone proseguiva le ricerche intraprese durante la realizzazione de La Gatta Cenerentola. La Campania all'epoca occupava un ruolo determinante nella musica tradizionale in Italia, un po' come accade oggi con il Salento, essendo una vera e propria fucina di eccellenze sia nell'ambito della ricerca che in quello della riproposta. Il limite, invece, consiste nell'indugiare troppo sulla Questione Meridionale, tema ancor oggi molto sentito, ma che altri autori come Pino Aprile hanno trattato con dovizia di particolari e senza dubbio più dati documentali. Ad ogni modo anche Brigante Se More, come del resto i vari dischi solisti di Bennato, hanno la particolare caratteristica di unire momenti di grande fascino, in questo caso solo abbozzati, a leziosità continue, unite ad un approccio troppo "sui generis" per avere una validità storiografica ed eccessivamente dispersivo e poco documentato per essere un opera divulgativa. Avremmo preferito che Bennato ci raccontasse qualche aneddoto in più, aggiungendo qualche dettaglio sul suo vissuto artistico e sul suo approccio con la ricerca, invece ci ritroviamo un libro ibrido che lascia un po' l'amaro in bocca, quasi fosse un opera incompiuta o peggio poco dettagliata. Onore al merito, comunque, per aver chiarificato la vexata quaestio sull'origine di uno dei caposaldi della sua produzione artistica come Brigante Se More.
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