Massimo Giuntini & Raffaello Simeoni - Terre in vista (Ai music)

In maniera riduttiva si potrebbe affermare che Terre in vista mette fianco a fianco un polistrumentista con il cuore celtico come Massimo Giuntini (Whisky Trail, Modena City Ramblers della prima ora, Ductia, oltre a numerose e prestigiose collaborazioni), virtuoso di aerofoni etnici, principalmente uilleann pipes, e un’anima sonora mediterranea come il cantante e polistrumentista Raffaello Simeoni, fondatore dei Novalia, oggi componente dell’Orchestra Popolare Italiana. Asserzione accattivante e di sicuro effetto che, tuttavia, finirebbe per non riconoscere la giusta dimensione alle composite personalità di due musicisti a tutto tondo che, nei loro rispettivi percorsi artistici, tessera dopo tessera negli anni hanno costruito un mosaico musicale sostanzialmente acustico, ma che non disdegna l’uso dell’elettronica, che raccoglie espressioni di tradizione orale, non solo italiane, moduli della musica antica e formule contemporanee. Lo strumentario utilizzato dal duo in Terre in vista è davvero imponente: Giuntini suona cornamusa irlandese , whistles e flauti dolci, bouzouki, basso elettrico, chitarra acustica, charango, tastiere, percussioni ed è seconda voce; Simeoni , oltre a cantare, imbraccia saz, tiple, chitarra, marranzano, organetto, launeddas, piva, ciaramella, gralla, hulusi, guazi e si occupa delle programmazioni. Un disco di dieci brani d’autore (testi di Simeoni, musiche firmate da entrambi gli artisti) che evidenziano una linea comune, una corrispondenza di intenti che spinge a tracciare un viaggio immaginario che attraversa terre vicine e lontane, le richiama, le evoca. Apertura con “La tortora”, adattamento di liriche derivate da canti di lavoro dell’Alto Lazio, in cui prevale il tratto compositivo di Raffaello. Segue lo strumentale “Noshitza”, ondivago tra timbri e umori irlandesi e inflessioni balcaniche. “Lu tempu”, “Sopra le emozioni” e “Danza la danza” si muovono tra canzone e ballata in dialetto e moduli coreutici: sono brani incentrati sul timbro caldo di Simeoni, adagiato su ritmica incalzante ed intrecci tra aerofoni e plettri che creano un denso tessuto narrativo, talora di segno elegiaco. Whistle, flauti e corde andine dominano “Serenatina”, strumentale dal sapore antico. Un aroma bretone pervade “Atlantica”, mentre ci si lascia cullare dall’accattivante minimalista “Kwazulu Melody”. In “Terra in vista” Simeoni dà il senso di cosa significhi pervenire al folk d’autore costruendo liriche di spessore. Chiude questa bella prova del duo aretino-reatino “Incanto”, strumentale in cui prevale l’impronta di Giuntini, pieno di differenti respiri sonori e di avvincenti accostamenti timbrici. 



Ciro De Rosa



Intervista a cura di Salvatore Esposito
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