Qualcuno ha detto che il Concertone de La Notte della Taranta si è trasformato nel Festival di San Remo della musica popolare, e che come l’evento nazionalpopolare per eccellenza segua ormai l’adagio di chiambrettiana memoria: “Comunque vada sarà un successo”. Come al solito la verità sta nel mezzo, nonostante non siano mai mancanti da più parti tentativi di questo tipo, come la partecipazione di Alessandra Amoroso dello scorso anno, piuttosto che quella di Giuliano Sangiorgi dei Negroamaro di due anni prima, sebbene quest’ultima sia stata quantomeno più rispettosa e coerente rispetto ai canoni tradizionali. L’edizione 2010, sin dalla primissima conferenza stampa di presentazione, si era preannunciata come in controtendenza rispetto al passato, e il Maestro Concertatore Ludovico Einaudi, non ha tradito le aspettative (e non sarebbe stato possibile il contrario dato il suo peso musicale), dando un impronta personalissima e certamente diversa da quella del bravissimo ma troppo “easy” di Mauro Pagani (per altro presente a sorpresa anche quest’anno a Melpignano). Dedicata a Luigi Stifani, barbiere e violinista delle tarantate, nel decennale della sua morte, il Concertone di quest’anno ha visto un profondo rinnovamento dell’Orchestra e la presenza di Mauro Durante del Canzoniere Grecanico Salentino, nelle vesti di assistente musicale del Maestro Concertatore, ha rappresentato una bella scommessa data la giovane età del musicista salentino. In questo rinnovamento quasi generale, ha sorpreso però l’esclusione di due voci storiche dell’Orchestra come Ninfa Giannuzzi ed Emanuela Gabrieli, inspiegabilmente messe da parte e di cui si è sinceramente sentita forte la mancanza soprattutto in alcuni brani tipici del repertorio femminile salentino che avrebbero richiesto più personalità e vocalità più incisive. La lunga notte del Concertone si è aperta, come da tradizione, con i versi del poeta e regista teatrale salentino, Pierluigi Mele, che catturando il silenzio della piazza ha dato vita ad un reading emozionante nel quale è emersa l’anima del Salento e tutta la sua poetica magicità. Ad aprire le danze è stato Joe Petrosino & Rockammorra Band, band vincitrice del concorso Note per la Notte, che seppur con solo tre brani in scaletta è riuscita a trasmettere una buona impressione ed in particolare va sottolineata la bravura della mandolinista China Aresu, energica e piena di buone intenzioni musicali. Subito dopo sono saliti sul palco i Cantori dei Menamenamò, complesso vocale che unisce alcuni anziani di Spongano, guidati da Luigi Mengoli, e che hanno incantato il foltissimo pubblico della piazza di Melpignano con il loro repertorio composto da canti di lavoro, d’amore e stornelli. Il loro canto polivocale, con le voci che entrano e si sovrappongono in successione rispetto alla melodia del primo cantore, rappresenta uno degli ultimi baluardi della vera tradizione rurale, sicché è difficile non commuoversi di fronte a brani come la struggente Carminella. Per restare nell’ambito della tradizione rurale non poteva mancare, l’anima vera di ogni Concertone, ovvero Uccio Aloisi, che nonostante l’età avanzata e gli acciacchi, ha regalato come al solito una performance commovente, fatta di canti tradizionali, pizziche e stornelli, il tutto condito dalle sue solite battute e dalla sua travolgente simpatia. La prima parte si è chiusa con il gruppo storico per eccellenza della musica di riproposta salentina, ovvero il Canzoniere Grecanico Salentino, che sebbene con una formazione completamente differente da quella originaria, quest’anno ha festeggiato il trentacinquesimo anno di attività. Per l’occasione è tornato ad esibirsi con il gruppo uno dei fondatori ovvero Daniele Durante, che affiancando il figlio Mauro, che ora guida il gruppo ha riproposto uno dei brani storici del loro repertorio, la sempre attualissima La Quistione Meridionale, brano che a centocinquant’anni dall’Unità D’Italia, suona come un monito per quanti ancora oggi considerano il meridione una terra di conquista da calpestare.
Chiusa la prima parte, è salito sul palco Ludovico Einaudi, che prese le redini dell’Orchestra ha dato vita a quello che può essere definito un ritorno allo spirito originario del Concertone, ovvero un laboratorio di idee a cavallo tra tradizione e sperimentazione sonora. Grazie ad uno studio sulle fonti originarie, e certamente con il supporto di Mauro Durante, Einaudi ha rimesso le basi per quella ricerca sonora che si era andata via via perdendo dalla direzione di Stewart Copeland in poi. Quindi largo spazio all’innovazione e agli esperimenti sonori e ritmici, in cui il Mestro Concertatore ha trovato due complici perfetti nello straordinario dj e polistrumentista turco Mercan Dede, che da anni sperimenta la fusione di elettronica e tradizione folklorica del suo paese e in Ballaké Sissoko strumentista di gran talento, proveniente da una famiglia di griot maliani, considerato tra i più grandi virtuosi della kora. Ad emergere è stato ovviamente lo stile e l’approccio tipico di Einaudi, diventato ormai un marchio di fabbrica e caratterizzato da atmosfere molto suggestive, dove il pianoforte ha trovato una perfetta collocazione così come l’elettronica usata con misura ed eleganza.Un opera di destrutturazione e re-invenzione totale rispetto alla stratificazione sonora delle conduzioni di Sparagna e Pagani, con la conseguente eliminazione di strumenti estranei alla tradizione e per converso con un prepotente ritorno alle sonorità più tradizionali. In un ottica più generale, fondamentale ci è sembrata la scelta di tornare a rivalutare l’importanza del ballo della pizzica, e particolarmente fortunata ci è sembra l’idea di creare tre appendici al palco sulle quali si sono esibiti esibiti danzatori e danzatrici salentini, impegnati nella danza tradizionale e in forme coreutiche di rielaborazione. In questo senso ci piace sottolineare le performance di Moana Casciaro, Maristella Martella, e della Compagnia di Scherma Salentina, nonché la danzatrice sufi turca Su Günes Mihladiz. Rispetto al passato si è notata una maggiore valorizzazione dei talenti locali che compongono l’orchestra, tuttavia discutibili sono state alcune scelte come quella di far cantare Ferma Zitella, un canto tipico del repertorio femminile, ad un esitante Giancarlo Paglialunga che è molto più noto che eccellente strumentista. Non sono mancati ovviamente diversi ospiti speciali, che hanno contribuito a rendere più articolata la sperimentazione sonora sul palco, su tutti hanno stupito le performance di Dulce Pontes, una delle principali interpreti della tradizione fadista portoghese che ha incantato il pubblico interpretando con Antonio Amato, la splendida Damme Nu Ricciu e una dolcissima Ninna Nanna, e della cantante greca Savina Yannatou, che ha interpetato due classici della tradizione grika, ovvero Aremu Rendineddha e una splendida Kalinifta, per la prima volta rivalutata nella sua bellezza originaria senza essere esasperata a canto caciarone. Ottimo è stato anche l’apporto dell’ensamble rumeno dei Taraf de Haïdouks, che prende il suo nome dagli antichi banditi della Romania feudale, e che hanno rivestito di colori gypsy tre travolgenti pizziche. Un discorso a parte lo meritano poi Les Tambours Du Burundi, un ensemble di danzatori e percussionisti considerato nel mondo l’ambasciatore della cultura burundese e del tamburo, che hanno offerto uno spettacolo straordinario tra travolgente percussività e danza. Per passare agli ospiti italiani non potevano mancare i Sud Sound System che con l’istrionico Claudio “Cavallo” Giagnotti dei Mascarimirì hanno regalato una versione travolgente di Beddha Carusa e il loro superclassico Sciamu A Ballare, riletto attraverso il filtro dei suoni tradizionali. Sempre Claudio “Cavallo” è stato protagonista di uno dei momenti più intensi di tutto il Concertone con una sorprendente divagazione nella etnotrance con un brano di grande impatto sonoro. Più sottotono è stato Mimmo Epifani, la cui performance è stata caratterizzata da alcuni problemi tecnici al microfono, tuttavia la sua intensità e la sua tecnica alla mandola da barbiere, lasciano come sempre incantati. Sul versante dell’orchestra meritano una citazione certamente le voci di Enza Pagliara e Anna Cinzia Villani, entrambe voci storiche della Notte della Taranta, che insieme a Mauro Durante al violino e Massimiliano Morabito all’organetto hanno dato vita ad una pizzica a due voci e tamburelli di grande forza. I due vertici del concertone si sono avuti però con Mara L’Acqua con Anna Cinzia Villani ancora protagonista alla voce, e Lu Rusciu De Lu Mare, quest’ultima impreziosita da un arrangiamento in crescendo dominato dal piano di Ludovico Einaudi e dalle voci di Alessandra Caiulo, Alessia Tondo, Stefania Morciano, nonché dalla kora del grande Sissoko. In buona sostanza l’edizione 2010 del Concertone de La Notte della Taranta, ci ha restituito integro lo spirito di quello che era nato come un laboratorio di idee, ma che per troppi anni è rimasto fossilizzato sulla riuscita della serata finale. La Notte della Taranta, dovrebbe diventare un vero e grande punto di riferimento per la musica popolare italiana, offrendo un punto di confronto per tutte le identità regionali, diversamente risulterà essere un bel forziere, ma senza nessun tesoro all’interno. In questo senso il lavoro di Ludovico Einaudi e Mauro Durante, dovrebbe fornire un indicazione importante su come lavorare nella realizzazione del prossimo cartellone, nonché del Concertone, magari cominciando con il ripristino della splendida manifestazione Canti di Passione, durante la settimana di Pasqua. Diversamente tutto il lavoro fatto quest’anno, sarebbe l’ennesima occasione persa. Tutto questo con la speranza che il prossimo maestro concertatore non sia Giuliano Sangiorgi, come ventilato da più parti, il quale nonostante la bravura che gli si riconosce appare poco adatto a mettere mani su un repertorio così sacro come quello della tradizione salentina.
Salvatore Esposito