Theodore Levin, Saida Daukeyeva, and Elmira Köchümkulova (a cura di), The Music of Central Asia, Bloomington/Indianapolis, Indiana University Press, 2016, pp. 703, $40

Librone in brossura di 700 pagine e 456 illustrazioni, un sito, www.musicofcentralasia.org, su cui ascoltare i tanti materiali sonori e video e da cui attingere per ulteriori approfondimenti. Il ponderoso lavoro è stato curato dall’eminente etnomusicologo Theodore Levin, già autore di numerose monografie sulle musiche di questi territori, dalla ricercatrice e musicista kazaka Saida Daukeyeva e da Elmira Köchümkulova, kirghisa esperta di culture nomadi e di tradizioni orali dell’Asia Centrale e musicista anch’ella. In realtà, l’opera testimonia energie e competenze messe in azione da ben 27 autori, musicisti e musicologi, originari di 14 paesi. Due gli organismi coinvolti, l’editore accademico Indiana University Press (www.iupress.indiana.edu) e la sezione musicale della Fondazione Aga Khan Trust For Culture (www.akdn.org). Quest’ultima è stata già coinvolta nel progetto musicale sulla ‘Via della Seta’ e ha patrocinato la collana discografica “Music of Central Asia”, in coproduzione con la Smithsonian Folkways Recordings. In Italia, la Fondazione di Studi Interculturali Giorgio Cini e l’Università Ca’ Foscari ospitano spesso convegni e concerti in collaborazione con la l’Aga Khan Trust for Culture-Music Initiative. Lo scenario culturale in cui siamo proiettati è magnifico: entriamo in vastissimo territorio fatto di una varietà di culture musicali. Il volume, in lingua inglese, consta di una prima parte introduttiva che a volo d’uccello attraversa le musiche e le culture dell’Asia Centrale e gli strumenti. Oggetto di studio della seconda parte è il mondo nomade, con saggi sulle tradizioni orali epiche, sui repertori narrativi, la poesia improvvisata, gli strumenti: dai kirghisi ai kazaki, dai caracalpachi ai turkmeni. La terza parte entra, invece, nelle culture sedentarie, dall’Azerbaijan fino al mondo uiguro. Gli interventi toccano i sistemi musicali, la musica d’arte, il canto religioso, il sufismo, le interpreti femminili, le forme di popular music, la musica in una città crocevia come Bukhara. Ulteriore punto forte del lavoro è che comprende ricognizioni sulla contemporaneità musicale, sul rapporto tra tradizione e modernità, tra linguaggi musicali e impatto con il mercato della world music. Difatti, proprio la terza sezione si intitola “Central Asian Music in the Age of Globalization”, ed è incentrata sugli obiettivi di rivitalizzazione delle tradizioni musicali intrapresi dall’Aga Khan Music Initiative, il neo-tradizionalismo nelle musiche kirghise, la popular music in Uzbekistan ma anche forme di teatro, le musiche popular di derivazione tradizionali in Tagikistan. Glossari musicali, strumentali e linguistico-traslitterativi, una linea del tempo e una guida ragionata agli oltre 180 esempi sonori e video costituiscono gli apparati che consentono di orientarsi nel mare di informazioni presentate. All’interno del testo, box e incisi presentano il profilo dei musicisti più rappresentativi. Pur nella loro ampiezza e profondità storico-culturale e musicologica, tutti i saggi sono sintetici, scorrevoli e molto accessibili, perché rivolti alla divulgazione e allo studio, proposti, pertanto, con un linguaggio vivido, mai autoreferenziale o tantomeno avviluppato nella circolazione accademica. “The Music of Central Asia” è un libro unico: per la sua miniera di informazioni rappresenta una lettura necessaria per musicisti, studiosi e cultori delle musiche di un’area musicale ricchissima, che copre una bella fetta del continente asiatico.

Ciro De Rosa 

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