Kengo Saito – Japanistan (Lokanga, 2016)

Quello di Kengo Saito è un itinerario globale, umano ed estetico. Giapponese di nascita, trascorre l’adolescenza negli Stati Uniti, poi si trasferisce in Francia, dove pensa di diventare un pittore. Intanto studia chitarra e violino, per poi essere rapito dalla musica indostana. Apprende a suonare le tabla, ma, soprattutto, il sitar con Pandit Kushal Das. Quindi si immerge nella musica afghana studiando il cordofono rubâb, sotto la guida di Daud Khan Sadozai. ”Japanistan” è il suo progetto nuovo di zecca – va bene, il titolo può far sorridere, ma la musica suonata nei cinquantasette minuti di durata del CD è superlativa –, che porta come sottotitolo emblematico “Melodies between Afghanistan and Japan”. Con spirito creativo, il ‘parigino’ Saito dà libero corso alle corde del liuto rubâb, proponendo undici brani, in cui interpreta melodie tradizionali afghane e del Sol Levante e brani propri. Al suo fianco interagiscono tabla (Prabhu Edouard), daff (Ershad Tehrani), zarb (Antoine Marineau), zerbaghali (Gholam Nejrawi) e bansuri (Guillaume Barraud). La musica di Kengo è un invito a cogliere il virtuosismo strumentale, le sfumature timbriche, i cambi di ritmi, l’abilità nel coniugare mondi musicali non prossimi. È tutto un bell’ascolto fin dall’apertura “Pahari Sukiyai Song” (dove si sposano un tradizionale afghano e una canzone pop giapponese), ma se proprio volete scegliere, allora i picchi si raggiungono con il tradizionale afghano “Mahali”, nella rilettura del tema nipponico “Sakura Variations”, nei quattordici minuti di “Bairagi”, un raga eseguito su un protocollo di improvvisazione-sviluppo di tipo indiano e afghano, in “Yumeh”, basato sulla musica delle Ryukyu meridionali, e ancora nella fusion centro-estremo asiaticha di “Japanistan”, mix di un tradizionale giapponese e di una canzone pashtu afghana. Kengo Saito ha portato lo spettacolo dal vivo con la formazione base del trio rubâb, shakuhaci e percussioni iraniane, e con ospiti tabla, koto, le danze tradizionali persiane di Sahar Dehghan e quelle di Masato Matsuura, danzatore del teatro Nô e maestro di spada giapponese. 


Ciro De Rosa

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