Daniele Ronda – La Rivoluzione (Bollettino Edizioni Musicali/JM Production/Artist First, 2014)

Cantautore piacentino dalla solida formazione musicale, Daniele Ronda vanta un percorso artistico di tutto rispetto che negli anni lo ha portato a segnalarsi come apprezzato autore per diversi artisti pop italiani, ed in seguito ad imboccare con decisione la via del folk come solista, dando alle stampe gli apprezzati “Daparte In Folk”, che gli frutta circa cinquemila copie vendute e il premio MEI come "Miglior progetto musica giovanile sul dialetto" e “La Sirena Del Po” che supera la diecimila copie vendute con il quale vince i prestigiosi Premi Leo Chiosso e Lunezia. Lo abbiamo intervistato in occasione della pubblicazione del suo terzo album “La Rivoluzione”, per farci raccontare dalla sua viva voce la genesi, e le ispirazioni di questo nuovo lavoro, senza tralasciare la sua intensa attività live e i suoi progetti futuri. 

Ci puoi parlare del tuo percorso musicale? Nel corso della tua carriera hai attraversato generi musicali differenti, sei stato autore per alcuni importanti artisti pop italiani, e hai collezionato diverse collaborazioni artistiche. Com’è nata poi la svolta come solista e la scelta del folk rock?
Ho iniziato da bambino con il conservatorio sognavo che la musica potesse diventare il mio mestiere e in questo momento lo è. Ho imparato a sognare a piccoli gradini e da giovane ho lavorato con diversi artisti, tra cui anche Nek, per i quali ho scritto canzoni. E’ stata una bellissima esperienza che mi ha arricchito tanto. Lavorare per altri artisti significa affrontare mondi, generi, stili, linguaggi diversi, quando scrivi per altri artisti, devi tener conto delle loro esigenze, è stata una grande ricerca. Sentivo però anche il bisogno di esprimermi con la voce e ho deciso di tornare a casa e ripartire dalle mie radici, linguistiche e musicali. Nel 2011, quando ho incontrato il mio manager Jonny Malavasi, questo sogno a preso forma ed è iniziato il mio percorso folk un terreno poco battuto che mi ha dato e mi da molte soddisfazioni. Nel tempo il folk si è mescolato al rock fino a diventare un crossover, questo perché amo mescolare e lasciarmi contagiare da tutti i generi musicali. 

Quali sono state le tue principali influenze musicali? 
Ascolto veramente di tutto, avrò una “discoteca” personale di migliaia di dischi, dove c'è veramente di tutto. Come influenze, tra i grandi maestri non posso non citare De André, Guccini e non posso lasciar fuori Springsteen e Bob Dylan. 

Come si è evoluto il tuo songwriting da “Daparte In Folk” a “La Sirena Del Po” fino al tuo disco più recente “La Rivoluzione”? 
“La Rivoluzione” ha tanto in comune con i due album precedenti sia nella matrice folk del suono che nel raccontare tanto della mia terra. Questo disco racconta me più da vicino, racconta la mia evoluzione e porta dentro le influenze, i sapori, le storie e le sensazioni che ho incontrato in questi anni. 

La presenza di soli brani in italiano è la sostanziale differenza tra “La Rivoluzione” e il disco precedente “La Sirena Del Po”, come mai questa scelta in controtendenza rispetto al passato? 
Lavorando su un album non mi pongo schemi, non eseguo calcoli basati su marketing o cose simili, ma dico ciò che sento di dover esprimere in quel momento, nel linguaggio, nel modo e con i suoni più efficaci per trasportare quel tipo di messaggio. Per questi motivi non si può definire una “scelta”, ma qualcosa che deriva dall’istinto. Adoro il dialetto, lo reputo una forma di comunicazione ancor prima che una lingua, credo che si porti dentro una fetta davvero importante di ciò che siamo, non escludo che ritorni nei miei brani. 

Come nasce questo nuovo album? Quali sono state le ispirazioni? 
Questo disco è nato da un’esigenza di cambiamento, dalla voglia di raccontare me stesso, quello che sono, quello che vedo, quello che sento e mi passa talmente vicino da avere voglia di parlarne. 

Come si è indirizzato il tuo lavoro in fase di arrangiamento? 
Ogni disco ha una storia a sé, diciamo che penso inizialmente ad un suono di base omogeneo e poi cerco di vestire le variazioni con quel suono…

Quali sono i temi che caratterizzano “La Rivoluzione”? 
Tra le canzoni c’è un legame forte, qualcosa che le unisce ed è la necessità di cambiare una serie di cose che a mio parere stanno minando la nostra serenità, l’unione della nostra società. Questa voglia, questa forza, questa rabbia nei confronti di questa situazione mi è sembrata una sorta di rivoluzione, non di quelle classiche, una rivoluzione interiore che, secondo me, bisogna fare ogni giorno senza accettare tutta una serie di compromessi. Tutte le volte che decidiamo di incuriosirci, di informarci, di amare la cultura, di guardarci intorno, tutte le volte in cui facciamo cose che racchiudono i nostri valori, mettendo le cose davvero importanti al primo posto, ci avviciniamo verso la nostra felicità. Ogni volta che facciamo questo facciamo l’unica vera rivoluzione efficace. 

Tra i brani più interessanti del disco c’è “Ognuno Di Noi”. Cosa ti ha ispirato questo brano? 
Capita a tutti di aggrapparsi a una serie di cose che ci vengono propinate in maniera assillante, ma credo che dobbiamo credere in noi stessi, non dobbiamo voler essere qualcun altro, dobbiamo credere in quello che siamo e, su questa base, dovremo costruire la nostra vita. Il brano ha anche un video che, con ironia, dice che cercare di vivere la vita di un altro significa frustrazione. Io sono uno che guarda, che si informa, che cerca la gente… poi, però, prendo quello che mi interessa, lo faccio mio, lo rielaboro, lo modifico, lo riutilizzo per quando mi servirà. 

Chi sono le “Donne Italiane” di cui canti nel brano omonimo? 
 Sono le donne del nostro paese e con un inno a loro ho voluto ribadire l’importanza di tutte le nostre ricchezze, il nostro potenziale, che passa dalle tradizioni, dall’arte, dai luoghi, i costumi, i dialetti, i mondi, dai suoni, tutti dentro a questa terra. Questo brano è una pizzica salentina che nasce in terra emiliana, è la volontà di annullare le distanze, di scoprire diverse culture, farle incontrare per valorizzarle. 

Sul palco del primo maggio hai suonato con Mimmo Cavallaro e TaranProject. Com’è stato questo incontro tra un piacentino e una formazione calabrese?
Il Primo Maggio è una ricorrenza importante per me, è un momento che va vissuto e celebrato con un certo coinvolgimento. La performance con i Taranproject a Roma è stata speciale e dal forte valore simbolico: in un momento in cui la crisi non è solo economica, ma anche sociale, è bello e giusto ricordare che il nostro paese è straordinario da nord a sud e la diversità rappresenta una grande ricchezza. Una delle canzoni l’abbiamo cantata un po’ in dialetto piacentino, un po’ in dialetto calabrese per ricordare il concetto di asse nord-sud e di diversità che unisce. 

Di recente hai aperto i concerti per Ligabue, come è andata questa esperienza? 
É stata una grandissima sorpresa e un’opportunità straordinaria. Esibirsi di fronte a migliaia di persone è uno scenario fantastico e un’emozione unica. La cosa che mi ha sorpreso di più è stato il coinvolgimento del pubblico. La gente ci ha dato un’accoglienza, una partecipazione e un calore che non ci aspettavamo. Inoltre leggere tanti commenti e avere diversi feedback positivi nei giorni a seguire è una cosa che ho apprezzato tantissimo. 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? 
In autunno inizierà il tour invernale dove faremo uno spettacolo un po’ diverso considerando il cambio di contesto. Nei concerti in piazza o in generale all’aperto ci sono dei ritmi più serrati, la gente ha voglia di ballare, di saltare, di divertirsi spensieratamente mentre nei teatri lo spettacolo si fa più intimo e mi piace creare un legame col pubblico diverso, mi piace parlare con la gente. Si tratta di due dimensioni differenti fra loro, due modi diversi di approcciare il pubblico ma che amo allo stesso modo. 


Daniele Ronda – La Rivoluzione (Bollettino Edizioni Musicali/JM Production/Artist First, 2014) 
Ad appena un anno di distanza dall’apprezzatissimo “La Sirena Del Po”, Daniele Ronda torna con “La Rivoluzione”, disco che mette in fila undici brani nuovi di zecca, incisi con la sua inseparabile band Folklub, composta da Sandro Allario (fisarmonica, pianoforte, organo hammond), Carlo Raviola (basso), Matteo Calza (chitarra elettrica, chitarra classica, chitarra acustica, mandolino e banjo) e Marcello Borsano (batteria). Rispetto ai dischi precedenti questo nuovo album, pur non abbandonando la collaudata ricetta che vede il cantautore piacentino mescolare folk, rock e pop, presenta unicamente brani in Italiano, che si caratterizzano per una dimensione maggiormente introspettiva e personale, raccontando a cuore aperto una fase della sua vita e della sua carriera di importante cambiamento. In questo senso particolarmente importante ci è sembrata la scelta di aprire il disco con la title-track, brano che condensa tutto lo spirito del disco, raccontando del momento di grande crisi che stiamo vivendo, una crisi non solo economica e sociale, ma spesso anche interiore. Durante l’ascolto a spiccare sono brani come “Un Attimo”, che fotografa quegli istanti che spesso cambiano la nostra vita, la seguente “Ognuno Di Noi” in cui Ronda ci racconta della notte come momento di riflessione e libertà, o la struggente “Sembra Che Pianga”, nella quale spicca l’immagine di una donna la cui vita è segnata da umiliazioni e violenze. Si prosegue con l’invito accorato a rialzarsi dopo una caduta de “La Monetina”, alla quale segue la toccante “Gli Occhi Di Mia Nonna”, in cui il cantautore piacentino ci ricorda l’importanza dell’esperienza che ci viene dai nostri nonni. Non mancano una dedica accorata alla fisarmonica con “La Regina”, o all’importanza delle scelte nella vita de “Il Dottore”, ma è con la splendida “Del Nostro Amore”, che si tocca uno dei vertici del disco, infatti in questo brano sono racchiuse tutte quelle storie e quei sentimenti che spesso crescono fino a farci aver paura di cambiare. Completano il disco l’antica ricetta piacentina racchiusa ne “Il Fuoco Ed Il Tempo” e la trascinante “Le Donne Italiane” cantata in duetto con Alessia Tondo, che a ritmo di pizzica salentina chiude un disco senza dubbio interessante, che non mancherà di divertire e far riflettere quanti si lasceranno catturare dal folk pop di Daniele Ronda. 


Salvatore Esposito

Foto di Alessio Pizzicannella

Un grazie a Tatiana Corvaglia di Parole e Dintorni per la gentile collaborazione
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