Dopo quasi vent’anni tre ex componenti dei Modena City Ramblers si sono rimessi al lavoro su un album di inediti. Come si può leggere nelle note che accompagnano l’uscita di “I Dinosauri”, composto di dieci tracce essenziali e fortemente imperniate sui tre autori, si tratta di un lavoro che vuole aprire uno squarcio nella contemporaneità. Una visione equilibrata e condivisa dai tre sul loro passato, che ovviamente è il passato di una generazione e di un progetto musicale. “Si telefonava con i gettoni, si girava senza navigatori satellitari e si parlava senza chattare” non più di vent’anni fa, appunto. E niente di meglio che ripercorrere quello spazio (ironicamente ma anche pungentemente definito) “Mesozoico” con la musica, elaborata in relazione ai “fondamentali” che il trio può apportare e mette a disposizione senza indugi: voce, chitarra acustica, fisarmonica e bodhran, a cui si aggiungono la pipe e il bouzouki dell’altro ex Massimo Giuntini e le percussioni del produttore artistico dell’album Arcangelo Kaba Cavazzuti. Al di là delle premesse, ciò che conta è il contenuto e, su questo piano, non si può che apprezzare la densità che definisce tutti i brani. Una densità che ci fa comprendere, a ben vedere, una contemporaneità musicale piena e coerente. Fatta di idee precise e fondata sulla condivisione di un sentimento, oppure del ricordo di un modo di raccontare e suonare ciò che si vedeva e sentiva qualche anno fa. Oppure, infine, di una serie di membrane (di ritmo, di melodia) che passano nelle mani di musicisti che le trattano nello tesso modo, senza uscire dal programma del racconto che, lo ripeto, si svolge tutto oggi, sia sul piano musicale che narrativo. Questo aspetto, nel quale possiamo forse individuare uno degli elementi più determinanti dell’album, aggiunge all’importanza di un linguaggio attuale la distanza necessaria dai MCR. Dei quali non si sente eco, se non nella voce di Cisco (ma questo è un fattore che ha un peso diverso, visto che siamo ormai abituati da tempo alle sue produzioni post-Ramblers). Si comprende fin da “Cosa conta” che la narrativa di CIsco-Cottica-Rubbiani non si lascia tentare dalla forma più retorica del ricordo, ma piuttosto abbraccia un metodo di lavoro che vuole ripercorrere e analizzare. Se ci soffermiamo qui possiamo anche trovare delle corrispondenze tra la scelta dei temi (“tirare le somme di quello che è stato e di quello che avrebbe potuto essere”) e il modo in cui si è deciso di raccontarli. La chitarra, la fisarmonica e poco altro, insieme alla voce chiara e lanciata a chiarire ogni parte dei messaggi, aderiscono perfettamente a un lavoro sulla memoria. Un lavoro rivolto al passato: un lavoro a ritroso, che sceglie il metodo della sottrazione degli elementi mediatici (gli strumenti in questo caso) per concentrarsi sul significato di ciò che si vuole narrare. “Cosa conta”, a cui ho accennato poco sopra, è il brano che ci prepara a viaggiare con i tre: è introdotto dalla chitarra ritmica, che sostiene tutto lo svolgimento, la voce procede con poche variazioni tra opposti molto efficaci (“il sentimento o l’investimento”, “dieta vegana, pane e salame”, “la rivolta, un risvoltino”), fino a lasciarsi inondare dalla pipe melliflua. Il suono acustico dell’album è una bellezza e riflette una serie di forme-canzone nelle quali la componente estemporanea è evidente, come lo è d’altronde la carica emotiva che sorregge tutto (“Le cose che porto con me”). Se questa forma di racconto molto diretto si lega in modo coerente al timbro e quindi agli strumenti scelti dal trio, l’orizzonte che l’insieme dei brani riesce a disegnare è articolato e pieno di colori. Perché oscilla tra la cronaca (“Figurine”), la storia (“I Dinosauri”), la poesia e la riflessione (“I giorni della rabbia”). Tutti questi poli convergono in “Tex”, una ballata profonda e distesa, che chiude l'album e ci lascia a pensare e a ripercorrere tutte le melodie. Qui si sospende tutto, fin da subito (“non farti beccare mio Tex”), perché i ragazzi sanno come fare: la chitarra arpeggiata, la voce ferma e piena di aria percorre una melodia molto lirica, la fisarmonica l’accompagna con lunghi accordi tirati. E poi la pipe a far bollire tutto con un borbottio acuto e suadente.
Daniele Cestellini
Tags:
Europa