Clannad - Turas 1980 (Mig Records, 2018)

Gli anni ‘70 del secolo scorso hanno visto nascere e proliferare in Irlanda numerose band di cui, ancora oggi, si sente parlare e dei quali si avverte l’influenza nelle generazioni successive; ai colossi Planxty, Bothy Band e Chieftains, ensemble di grande impatto sonoro e dalla tavolozza sonora varia e accattivante, si possono assolutamente affiancare i più raffinati Clannad, family band nata nel pub di Leo Brennan, padre dei tre fondatori Máire, Ciaran e Pòl (poi raggiunti dai cugini Noel e Patrick Duggan). Provenienti dal gaeltacht di Gweedore nel Donegal, fra il 1973 e i primi anni ’80, hanno inciso almeno sei album di pregevole fattura (quando non addirittura eccellenti come “Dulaman” e il successivo “Crann Ull”), prima di una deriva pop che ha prima consentito loro due hit come “Harry’s Game” e “In a Lifetime”, cantata insieme a Bono Vox, e poi permesso un’involuzione verso una musica leggera a tratti banale, che ha ridotto il numero dei fans senza forse conquistarne di nuovi. Anche se, a dirla tutta, il recente “Nádúr” (2013) ha rivelato, nuovamente, interessanti soluzioni compositive ed interpretative. “Turas” è un doppio disco live, registrato all’Università di Brema nel 1980, dopo un tour di trentasei date negli Usa e nel pieno della promozione del disco di quell’anno, “Crann Ull”, ovviamente rappresentato quasi nella sua interezza in questo CD, suonato divinamente e con il sound tipicamente Clannad, pulito e basato sulle corde (arpa, chitarre, mandola e contrabbasso), su un ottimo flauto (e tin whistle), su un’occasionale armonica a bocca e, naturalmente, sulla voce di Máire Brennan, che si esibisce in un solo all’arpa nella traccia iniziale, una suite di Turlough O’Carolan. I due dischi scorrono piacevolmente, ed è addirittura emozionante risentire le melodie di quei splendidi lavori, con arrangiamenti sostanzialmente identici agli originali, ma con esilaranti presentazioni che introducono quasi tutti i brani. Detto di “Crann Ull”, la scaletta, che sfiora i cento minuti complessivi, offre una retrospettiva sulle prime quattro produzioni in studio, riproponendo classici come “Nil Se’n La”, dal primo eponimo album del 1973, che chiude la raccolta e il concerto, con il basso di Ciaran Brennan in grande evidenza, “Rince Philib a Cheoil” da “Clannad 2”, e “Siul a Ruin” e “Two Sisters” da “Dulaman”. Nel programma spiccano due inediti assoluti, il brano a-cappella “Valparaiso” e la ballata “The Old Couple”, e le belle “O Bhean a Ti” e “Down By Sally Gardens” (quest’ultimo un celebre poema di W.B. Yeats) finora reperibili solo nel live del 1978. Un’occasione imperdibile per scoprire un gruppo fondamentale del folk revival dei Seventies, alla luce del fatto che i primi album non sono presenti sulle piattaforme più famose (Spotify, Apple Music) e una bella performance da ascoltare per tutti coloro che hanno amata questa straordinaria band, qui catturata al meglio della capacità creative e espressive. 


Gianluca Dessì

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