Tone of Voice Orchestra – Tone of Voice Orchestra (Stunt Records/Sundanc Music, 2022)

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Tone of Voice nasce in Danimarca dal fruttuoso incontro fra il sassofonista Fredrik Lundin e la cantante Trinelise Væring: insieme hanno composto tutti i dieci brani che hanno registrato nel disco di debutto; Trinelise Væring si è presa cura dei testi, tutti in inglese. L’ensemble che hanno chiamato a raccolta comprende dieci musicisti: quattro cantanti, Ania Rybacka, Maria Kynne, Tine Refsgaard e Trinelise Væring, Emma Kragh-Elmøe al violino, Fredrik Lundin ai sassofoni e al flauto, Joel Illerhag al contrabbasso, i due percussionisti e batteristi Jesper Uno Kofoed e Anders Provis e Christian Mohr Levisen a cornamusa, cetra e ghironda, lo strumento che apre in solitaria “He Loves Her for It”, il primo brano del disco, uno splendido crescendo che coinvolge via via percussioni, voci, contrabbasso, e il resto del gruppo con un primo convincente assolo di Lundin al sax, prima di lasciare l’evocativa conclusione alle sole voci a cappella. C’è giusto il tempo per assaggiare un folk-rock acustico ed energetico ed ecco che si volta pagina con i testi dal sapore amaro e arrangiamenti dai toni jazz e bluesy, e con efficaci scambi fra voce solista e coro di “Barking Up the Wrong Tree” . Sono questi i tratti distintivi anche di “Heartless" dove le parti vocali tessono interessanti intervalli armonici a partire dalle linee del contrabbasso e aprono diverse finestre: per dialogare col sax tenore, per invitare al ballo aggiungendo il battito delle mani, ma soprattutto per un finale che nella cifra polivocale sa esprimere la carica dolente del testo, peraltro ripresa anche da “You Saw Yourself Out”. Tutto si alleggerisce con il messaggio spensierato di "Lovey-Doveyin", ”We let the good times roll/We put the outside world on hold”, reminiscente delle intuizioni di Simon Jeffes con la Penguin Cafe Orchestra.  “Typecast” rispolvera il personale-politico di Suzanne Vega e racconta le donne che sono “... tipicamente destinate al ruolo di/figlia, moglie e madre /Sempre un’altra /l’altra di qualcuno/ … Sempre altro da me stessa...”. Nella seconda parte dell’album i due momenti di cui si compone “Driven” con il successivo “I’m Gonna Let It Go” costruiscono insieme un trittico sul rapporto fra ritmi individuali e collettivi: si comincia con un esteso e intimista assolo di violino che alterna note lunghe a note pizzicate, quasi senza tempo, per poi accennare ad accordi che riportano in gioco le voci e il battito di mani, insieme al resto dell’ensemble, ad incalzare l’ascoltatore negli accenti e nel testo che ricorda quanto questi siano “busy times”, come esemplificato dall’intreccio finale fra voci e sax; ma proprio a questo punto si lascia spazio alla ghironda che, con calma, introduce “I’m Gonna Let It Go”, appoggiata ad una base ritmica che sembra evocare un respiro tranquillo su cui innestare la frase del titolo, “lascia correre”. Si chiude con due brani ben diversi che riprendono il gioco fra tensione e rilassamento: “That Kind of Day” ripercorre una giornata frenetica, ricca di problemi e malintesi con l’accompagnamento musicale che non risparmia energia e accenti stressati. Ma le ultime note sono affidate all’altro brano strumentale, “Kom hjem til mig” (Vieni a casa da me), con le sue linee dolenti, al violino di Emma Kragh-Elmøe che torna a legarsi alla matrice scandinava del gruppo e viene raggiunto dalle voci e dal sax soprano per il brano più lirico, giocato su tre altezze chiaramente distinte, con basso e percussioni ad ancorare i toni gravi, le voci a svelare pieghe di tristezza e sax e violino a volare alti, là dove il canto incontra la danza. 


Alessio Surian

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