The Good Ones – Rwanda, You Should Be Loved (Anti, 2019)

C’erano una volta in Ruanda tre bambini: Adrien, Janvier e Stanislas. Erano bambini fortunati perché il fratello maggiore di Janvier era un bravo musicista e sapeva condividere con loro quest’arte. Ognuno di loro veniva da un gruppo diverso, tutsi, hutu, abatwa, e il canto e la musica coglievano gemme da ognuna di queste tradizioni. Era il 1978. Passarono sedici anni e il loro paese venne travolto da un conflitto sanguinoso che spingeva uno contro l’altro tutsi, hutu, abatwa e si portò via il fratello maggiore di Janvier, così come in tre mesi si portò via la vita di oltre un milione di persone. Venne la “pace”, rimasero i conflitti, si ritrovarono i tre amici: divisi, dopo le stragi, dalle rispettive identità. Scelsero di essere “The Good Ones”, di essere amici, di nuovo attraverso la musica, attraverso le canzoni in kinyarwanda, la lingua che accomuna una decina di milioni di persone fra Rwanda, Congo, Uganda. Passarono altri quindici anni e viaggiarono per il Ruanda una donna e un uomo di pace, Marilena Delli e Ian Brennan. Ascoltando The Good Ones, Delli e Brennan riconobbero la bellezza delle melodie vocali (nello stile dei “lavoratori di strada”) di Adrien Kazigira, Janvier Havugimana e Stanislas Hitimani e fecero in modo che l’anno seguente (2010) queste canzoni, cantate insieme a Javan Mahoro, potessero essere ascoltate da tutti, producendo il video “Sara” e l’album “Kigali Y Izahabu” (“Kigali d’oro”), forse il primo album in kinyarwanda a trovare una seria distribuzione e riconoscimento internazionale, seguito, nel 2015, da “Rwanda Is My Home”. A venticinque anni dal genocidio, con il nuovo album, The Good Ones invitano a pensare e sentire come amare il loro paese. Per le registrazioni hanno selezionato dodici brani tra i quaranta che nel frattempo sono stati composti da Adrien Kazigira in un periodo segnato da avvenimenti dolorosi: la lotta della figlia tredicenne, Marie-Claire, contro un tumore, la scomparsa di Stanislas Hitimani e della madre di Ian Brennan, proprio nei giorni in cui era in Ruanda per registrare con loro dal vivo le tracce del nuovo disco. Interamente acustico, quasi sempre all’interno del triangolo voci-chitarre-percussioni, l’album è stato anche l’occasione per collaborazioni internazionali: con Glen Hansard, nel tour in Nord America, e, nelle registrazioni, con Nels Cline (Wilco), Corin Tucker (Sleater-Kinney), Kevin Shields (My Bloody Valentine), Joe Lally (Fugazi). Tunde Adebimpe (TV On The Radio) partecipa a “Despite It All I Still Love You, Dear Friend" che racconta i sentimenti di amicizia che sopravvivono alle spinte divisorie indotte da conflitti e tragedie ed è illustrata, in un video in bianco e nero, da Marilena Delli che cattura le vibrazioni musicali e le riflette in immagini e parole cullate da onde leggere, a pelo d’acqua. L’album si apre con “The Farmer” e con la triste constatazione che, nonostante siano i contadini a sfamare il mondo, spesso non sono in grado di sfamare la propria famiglia. Anche quando i temi affrontati riguardano distanza e dolore, la musica e le armonie vocali arrivano sempre come un balsamo, senza fretta, proponendo un dialogo fra le voci che tiene sempre acceso anche il dialogo con l’ascoltatore, mentre a percussioni e chitarre è affidato un ruolo di sostegno ed un invito al pubblico occidentale a sintonizzarsi su altre frequenze quando si tratta di accordare la sei corde.


Alessio Surian

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