Avion Travel, Flautissimo 2019, Teatro Vascello, Roma, 24 novembre 2019

Il Festival Flautissimo, organizzato dall’Accademia Italiana del Flauto, è una realtà romana molto consolidata. Nasce dalla musica classica ma è sempre stato aperto a ogni linguaggio dell’arte contemporanea; gli spettacoli della rassegna sono sempre originali, spesso inediti, più di una volta sorprendenti. Quest’anno, tra le tante proposte, anche una data del Privé Tour della Piccola Orchestra Avion Travel, al Teatro Vascello di Monteverde, in una domenica pomeriggio appena piovosa ma mite, con il buio precoce dell’autunno tra le foglie degli alberi e i palazzi di un quartiere antico, residenziale ed elegante. Un palcoscenico naturale molto consueto e tranquillo per il cosiddetto “generone” romano: quella media borghesia, magari un po’ bigotta, che nel giorno festivo toglie la “volpe” dalla naftalina e va a sentire la sinfonica. Ed ecco che invece, appena girato l’angolo, si vedono le luci del Teatro e il pullulare di una umanità composita: ci sono certo anche le signore in abbonamento - con la loro aria agée e i capelli tra l’argento vivo e il biondo un po’ più spento della cenere – ma anche figlioli capitati quasi per caso, uomini di flanella della
Sinistra romana accompagnati da belle donne con i vestiti comodi e chic; e poi giornalisti, ragazzi di venti anni e infine tanti spettinati fan della vecchia guardia e delle nuove generazioni... un Teatro pronto ad accogliere una piccola folla contenta e cosmopolita: un termine antico, da fine Settecento, che viene usato in questo contesto con la consapevolezza che due erano i punti di incontro di quella piccola folla, cioè l’amore per la cultura e l’orecchio ben educato all’ascolto. Gli Avion sono arrivati in scena con i loro abiti scuri, il loro portamento elegante e la signorile modestia di chi è davvero bravo e probabilmente ne è consapevole, ma porta questo fardello di capacità e maestria con stile, con delicatezza: con verecondia, verrebbe da dire. “Signori si nasce e loro modestamente lo nacquero” potremmo azzardare, parafrasando il Nostro. Ed è cominciata la musica; non sappiamo dire se è durata un’ora e mezza o magari due. L’unica cosa certa è che tutto il Teatro si è alzato alla fine con le orecchie ripulite, con l’entusiasmo composto che solo la bellezza sa creare. Il Concerto degli Avion è stato un inno alla gentilezza delle emozioni. 
Le loro sonorità, la loro bravura, la loro fantasia musicale che richiama venti jazz, folk, pop e ogni gioco possibile intorno alla bellezza della loro canzone d’autore, vengono esaltate dallo strumento straordinario della voce di Peppe Servillo, che è una maschera antica, ogni giorno che passa dai lineamenti sempre più definiti. Servillo è una voce, un movimento, un abbraccio a una intera orchestra; non è solo un piacere vederli tutti in scena: è anche conturbante guardarli interagire, “sapersi”, incontrarsi, giocare in una coreografia per niente improvvisata, eppure viva, spontanea, onesta, vera, malgrado solo uno di loro sembra spostarsi dal suo posto. Che impressionante maestria quella di Mimì Ciaramella, quanta grazia nelle mani di Ferruccio Spinetti (anche quando lascia il contrabasso e afferra la chitarra); e che dire della bravura di Peppe D’Argenzio? E non dimentichiamo certo il ruolo costante e il totale affiatamento di Flavio D’Ancona e Duilio Galioto, tra tastiere, melodica e voce. Davvero sempre incantevole, quindi, questa Piccola Orchestra! Così intelligente poi da non riempire il vuoto lasciato da Fausto Mesolella, ma di
arredarlo e renderlo parte della scena e del suono (che poi in un simile concerto le cose si equivalgono). Una scaletta equilibrata tra i successi del passato e quelli di “Privé”, che ha innamorato la platea, a volte languidamente, altre appassionatamente; gli Avion corteggiano con trasporto ma con un galateo ottocentesco: non si può che restarne affascinati; non ci si può che alzare in piedi, dopo l’applauso, con una vaga sensazione di ipnosi. Alcuni momenti restano indimenticabili: l’iniziale “A me gli occhi” seguita da “Come si canta una domanda”; e poi la partecipatissima “Sentimento”, “Aria di te”, “Abbassando”; le bellissime “Se veramente Dio esisti” e “Caro Maestro” e quella esaltante “Storia d’amore” finale. Ed è così che quelle signore agées, quei figlioli attenti, quegli attori famosi e ancora i giornalisti, i produttori, i musicisti, così come i signori vestiti morbidamente in cachemire, i fan di sempre e i ragazzi (che amano la musica quando è musica), si sono tutti alzati ad affrontare la tranquillità borghese della domenica romana con il sorriso sereno che solo la bella emozione sa regalare. 

Elisabetta Malantrucco
Foto di Roberto Moretti per gentile concessione

Posta un commento

Nuova Vecchia