Trio Coltri Menduto Morelli – Per ogni dove (RoxRecords, 2018)

In comune hanno l’ancia e la passione per riletture originali dei repertori tradizionali. Dopo un primo lavoro discografico nel 2008, il Trio Coltri Menduto Morelli ha realizzato un nuovo album frutto di un lavoro pluriennale, occasione per un’intervista con i tre protagonisti, Gabriele Coltri (cornamuse, flauto a becco, elettronica), Tiziano Menduto (fisarmonica, flauto armonico, voce), Alberto Morelli (piffero, voce, percussioni, elettronica). Lo presentano a “Blogfoolk”.

Com'è nato il trio e le collaborazioni con Maria Antonazzo e Simone Mauri?
Alberto Morelli: Andando per ordine, Tiziano e Gabriele già lavoravano insieme a diversi progetti legati alla musica francese e, in particolare avevano un duo per cornamusa e fisarmonica, Double Souffle con cui avevano consolidato la loro relazione in musica. Gabriele ed io ci conoscevamo attraverso altri progetti come Dagda Morrigan, legato alle musiche di tradizione. Nei Dagda Morrigan suonava le tastiere Daniele Caldarini, co-produttore e tecnico di alcuni lavori dei Dissòi Lògoi, progetto in cui io milito e in cui suona Simone Mauri. Queste esperienze hanno trovato un territorio comune quando con Gabriele e Tiziano decidemmo di avviare l’avventura del Trio Coltri Menduto Morelli e di condividere repertori legati al piffero delle Quattro Province, alle cornamuse francesi, alle musiche scandinave e dei Balcani. Ci parve naturale coinvolgere anche altri collaboratori, in particolare Simone Mauri che ha partecipato alla registrazione di un brano del nostro primo disco “El Petun del Diàul”, ad alcuni concerti ed ora al nuovo album “Per ogni dove”. La qualità e l’intensità della collaborazione ci fa presumere che il trio diventerà presto quartetto.
Gabriele Coltri: Per quanto riguarda Maria Antonazzo, io avevo già lavorato con lei in "Picotage", progetto di musiche tradizionali francesi con arrangiamenti tendenti al "prog-rock" e grazie al suo timbro di voce, molto caldo contrastante con quello aspro di piffero e cornamusa, è venuto naturale di coinvolgerla nei brani cantati del nostro primo disco in trio e poi di conseguenza anche nei concerti. In "Per ogni dove" canta solo in un brano, avendo preso musicalmente altre strade."

In che modo scegliete, arrangiate e incidete i brani dei vostri CD?
Tiziano Menduto: La scelta dei brani è un aspetto importante per il nostro gruppo ed è in relazione con gli strumenti che utilizziamo: Alberto suona il piffero e quindi alcuni pezzi arrivano dalle Quattro Province, Gabriele suona cornamuse francesi e veicola un repertorio di tradizione francese, io suono anche il flauto armonico scandinavo e un terzo ambito di brani arriva dai Paesi Nordici. Ma suoniamo anche brani di composizione: il primo nome del gruppo, parecchi anni fa, era Oltreconfine e riflette il fatto che le nostre scelte vanno aldilà delle tradizioni legate agli strumenti che utilizziamo. Cerchiamo di comporre in prima persona brani che abbiano senso all’interno del nostro progetto. Gli arrangiamenti sono legati ai nostri interessi musicali. Per esempio Gabriele ha sviluppato un interesse per il mondo dell’elettronica e questo si riflette negli arrangiamenti di alcuni brani. Quando incidiamo cerchiamo di rendere il più fedelmente possibile l’ambiente sonoro che presentiamo. 
Gabriele Coltri: Il titolo del nostro nuovo album non è casuale e rimanda al fatto che andiamo ovunque. Alcune etichette hanno rifiutato di pubblicare il nostro lavoro sostenendo che non sappiamo dove stiamo andando: in realtà andiamo ovunque ci piace.

Come si realizza un arrangiamento a sei mani?
Alberto Morelli: Si tratta di una pratica condivisa: ognuno porta delle idee che vengono condivise nel senso di suonarle insieme trovando soluzioni in termini di sviluppi che convincano tutti e tre. A volte questo avviene velocemente, attraverso pratiche di improvvisazione che registriamo e che, riascoltandole, offrono soluzioni interessanti e ci permettono di affrontare anche i dettagli, arrivando a scrivere le parti. E’ un gioco di ping pong fra una pratica improvvisativa (che avviene in tempo reale) e una  pratica più meditata e di scrittura. La tecnologia e le registrazioni si dimostrano un ausilio prezioso. Condividere rimanda al riconoscimento e al rispetto di chi hai di fronte e delle loro sensibilità. Non sempre si è tutti d’accordo e accade che si producano scintille, ma fanno parte del gioco anche i momenti meno fluidi: la condivisione porta inevitabilmente a mettere in comune anche malumori e opinioni contrastanti. Ma facciamo in modo che i contrasti vengano impollinati e fatti maturare per giungere a soluzioni comuni. Si tratta di un progetto di gruppo.
Gabriele Coltri: Io ho il terrore degli arrangiamenti a sei mani, però sono anche un punto di forza. Le discussioni sono inevitabili. Mi viene in mente il batterista degli Henry Cow, Chris Cutler quando ricorda le sue esperienze col gruppo soprattutto come lunghissime discussioni ed una continua ricerca del punto di unione di tutto il collettivo. Ma mi vengono in mente anche i Genesis quando dicono che le cose migliori sono venute dalle idee di ciascuno.

Quali affinità e quali differenze genera fra voi la vostra matrice comune, l'ancia?
Tiziano Menduto: Come unica ancia libera del gruppo, la fisarmonica, sottolineo che siamo tutti strumenti ad aria, elemento che permette ai nostri strumenti di infondere potenza e grande energia alle nostre musiche. Il nostro contatto con l’elettronica, però, non passa per l’aria, ma attraverso tutt’altra energia: ma sempre energia è. E anche l’apporto di Simone è molto energetico.

“Per ogni dove” guarda sia al passato sia al presente: quali scelte avete compiuto per mettere in relazione melodie antiche con registri sonori e contesti attuali, anche di lotte e rivendicazioni sociali?
Alberto Morelli: A me pare naturale: unire diversi linguaggi e guardare sia al futuro, sia al passato è nelle mie corde e porto questa mia attitudine quando condivido progetti con altri. Nel trio ho trovato questa stessa attitudine anche in Tiziano e Gabriele. Usare strumenti tradizionali e ibridarli con sonorità e linguaggi contemporanei diviene quasi un gioco. E’ qualcosa che ci viene spontaneamente, senza una progettazione a tavolino. Le tematiche sociali non giungono alla nostra musica attraverso un disegno a freddo, ma piuttosto attraverso pratiche che poi vengono trasferite anche in musica.

Quali sono i contesti che preferite per proporre dal vivo la vostra musica e come risponde il pubblico?
Tiziano Menduto: Il contesto principale cui ci siamo rivolti è stato soprattutto quelle delle serate balfolk dedicate alle danze tradizionali, ma stiamo cercando di andare oltre e di farci ascoltare da chi non danza e non conosce la musica tradizionale e cominciamo ad avere risposte interessanti da parte
di chi comincia ad ascoltare con piacere qualcosa che non ha mai ascoltato. Ci è capitato nel contesto di festival jazz e di musiche prog.
Gabriele Coltri: Prediligiamo per questo repertorio un pubblico che ci ascolta, pur se molti dei nostri pezzi sono ballabili, ma cerchiamo di liberarci delle strutture rigide del ballo a favore di maggiore creatività e libertà, proprio come i semi del tarassaco, raffigurati sulla copertina di "Per ogni dove", e che già avevamo preso come simbolo nel nostro primo cd intitolato con uno dei nomi dialettali di questa pianta,"El petun del Diaul”.

Inevitabile chiedervi dei progetti futuri…
Tiziano Menduto: Vorremmo continuare a divertirci con quel che stiamo facendo, sentendoci, come dice Gabriele, liberi. Stiamo già pensando al prossimo cd: siamo un gruppo che produce poco, ma lavora tanto e questo si riflette negli arrangiamenti di ogni brano. C’è voglia di riprendere colonne sonore e brani lontani dal folk per ri-arrangiarli attraverso il nostro gusto per le musiche tradizionali.



Trio Coltri Menduto Morelli - Per ogni dove (RoxRecords, 2018)
Prima ancora di passare all’ascolto, del nuovo album del trio colpisce la bella copertina, la grafica e il disegno curati da Caterina Formenti: portano la nostra attenzione sul tarassaco, il dente di leone, o soffione, pianta perenne dalla grossa radice e dal fusto cavo nell’ultima parte. Proprio il gambo del tarassaco, in Veneto, è chiamato piva (cornamusa), uno fra i simboli possibili dell’ancia, filo conduttore del trio, con sonorità a cavallo fra il nord Italia - il piffero suonato da Alberto Morelli – e la Francia – le musette di Gabriele Coltri – legate insieme dalla sonorità della fisarmonica, strumento ad ancia libera, da almeno un secolo complice di pifferi e cornamuse – suonata nel trio da Tiziano Menduto. Dieci anni fa, “El Petun del Diàul” li ha segnalati come attenti interpreti di tradizioni e migrazioni musicali e li ha fatti apprezzare soprattutto in ambito balfolk. Già quel loro primo lavoro mostrava una singolare abilità nello spaziare fra repertori ed arrangiamenti diversi, capaci di estrarre nuova linfa dai canti delle mondine, dei soldati al fronte o dalle musiche di tradizione valdese. Il nuovo lavoro discografico è frutto di un lavoro pluriennale, con registrazioni effettuate in diretta al Dissoi Logoi Studio da Franco Parravicini che sa catturare un suono robusto e cristallino al tempo stesso. I primi brani attingono al repertorio raccolto da Stefano Valla nelle Quattro Province: si comincia con la “Sestrina delle ombre” e dopo un minuto l’arrangiamento curato da Tiziano Menduto propone già un bel cambio di passo, preludio a una scaletta che tiene sempre desta l’attenzione dell’ascoltatore. Di lì a poco, sempre dal repertorio di Stefano Valla, farà capolino una polka, preludio di una suite in cui trovano spazio anche una melodia raccolta a fine ‘800 da Achille Millien nel Nivernais (e adattata da Gilles Poutoux) ed una terza polka dal repertorio di Gustave Ythier. Molto ben riuscita è anche la “Suite di bourrée”, aperta da Gabriele Coltri e magistralmente arrangiata a sei mani attingendo al repertorio di Jean Lamour, violinista di Pandrignes e ad una esecuzione di Benoit Chantran. Il flauto armonico di Tiziano Menduto volta pagina e introduce un arrangiamento particolarmente riuscito del trio di “Sparve lille”, polska svedese, alla maniera di Magnus Olsson, che tiene in perfetto equilibrio l’anima danzante e le variazioni e improvvisazioni strumentali e vocali, anzi corali. Voce chiama voce: il dialogo fra il canto di Maria Antonazzo e la sanza di Alberto Morelli disegna una cornice sognante per l’antica “Dans les abris de Paris”, brano interamente acustico proprio prima dei cambi di passo giocati attraverso il ricorso all’elettronica che esaltano le qualità narrative e liriche del “Branles d’Ossau”, un ‘passo’ classico del balfolk ispirato dai Pirenei francesi che qui assume una bella veste prog-rock nell’adattamento di due melodie documentate nel 1926 da Jean Poueigh. I san papier non sono solo nel titolo della settima traccia, “San Papier Mazurca”: il loro coro, che reclama giustizia ed è stato registrato durante una manifestazione, apre il brano, prima di cedere il passo all’andamento ternario e a Simone Mauri in un articolato assolo di clarino che sfocia in un dialogo con la musette di Gabriele Coltri, sostenuti dalle percussioni. Quest’ultime giocano un ruolo chiave anche in “Thalassaki mou” che allarga la geografia del gruppo al repertorio tradizionale greco e da modo di apprezzare appieno l’ampio spettro timbrico a disposizione del quartetto, il trio allargato a Mauri, anche qui in bella evidenza sia “in sezione”, sia come solista. Risalendo l’Adriatico, il trio non si è fatto sfuggire una tappa friulana e un’ispirata introduzione di fisarmonica al “Valzer di Napoleone” che attinge al repertorio del suonatore di organetto diatonico Liso Iussa. La fisarmonica è di nuovo protagonista nell’introduzione a “Follia in ballo” brano rinascimentale che qui l’arrangiamento di Tiziano Menduto propone in forma di scottish, con un bel crescendo strumentale che non nasconde l’anima melanconica della melodia e chiude il disco con un’indovinata scelta di note dissonanti che lasciano l’ultima parola ad un corteo di operai in lotta. Anzi, no, non fatevi ingannare e godetevi la pausa: come non aspettarsi anche una breve traccia fantasma da questi abili artigiani della sorpresa?



Alessio Surian

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