Okra Playground - Ääneni Yli Vesien (Nordic Notes, 2018)

L’ensemble finlandese Okra Playground non è passato inosservato con questo “Ääneni Yli Vesien”, terzo album pubblicato con la Nordic Records, che vede impegnato come produttore il compositore e polistrumentista Sami Kurrpa. Gli osservatori più attenti - tra cui Songlines Magazine - lo hanno accolto con critiche entusiastiche. Soprattutto perché sembra ricalcare (e allo stesso tempo scavalcare) i precetti più importanti della world music, vale a dire una vicinanza critica alla tradizione musicale e una visione originale. Due elementi che, a braccetto l’uno con l’altro, orientano una forma di sperimentazione che determina prima di tutto la scrittura e, poi, le esecuzioni. In questo quadro ogni elemento musicale si sovrappone con armonia, rendendo (finalmente) difficile distinguerne la genesi e la provenienza. Perché ciò che emerge con più forza è la forma di una canzone piena di suoni, in cui l’insieme avvolge chi ascolta con intensità ed equilibrio, rendendo secondario un tipo di analisi, per così dire, decostruttiva. Scorrendo la scaletta sulla carta, ci si accorge che dei dieci brani ben nove fanno riferimento al patrimonio delle canzoni di tradizione orale. Nella maggior parte dei casi, però (continuando a fare statistica), otto di questi riprendono soltanto i testi di brani popolari, mentre le musiche sono tutte originali. È un buon dato per riflettere sul rapporto che la band ha instaurato con il mondo delle espressioni popolari e, allo stesso tempo, sulle intenzioni di questi sei musicisti. I quali sembrano dirci che ciò a cui tengono di più è la musica, che hanno voluto comporre pur adattandola alle lyrics tradizionali. Ma anche che questi testi erano probabilmente necessari, perché riflettevano uno dei loro punti di partenza, un’ispirazione forte che ha innescato un processo compositivo che va ben oltre la tradizione. Così le tre voci femminili (Päivi Hirvonen, Maija Kauhanen e Essi Muikku, alle quali è affidata anche la strumentazione popolare: rispettivamente fiddle, bowed harp e kantele) ripercorrono, con un’enfasi sempre trascinante, una sorta di prospettiva a ritroso, interpretando testi popolari in finlandese. Gli altri tre musicisti (Sami Kujala al basso elettrico, Veikko Muikku all’accordion e sintetizzatore, e Oskari Lehtonen alle percussioni) vanno invece in una direzione quasi inversa, inglobando i canti in un tessuto sonoro moderno e sperimentale. Questa duplice direzione determina pienamente la forza dell’album. Innanzitutto perché sembra essere “naturale”, cioè sufficientemente immediata da lasciare all’ascoltatore lo spazio necessario per godere (come dicevo poco sopra) di tutto l’insieme. E poi perché ogni brano irradia un’armonia musicale che non può essere affatto trascurata, in quanto si configura come la cifra stilistica più rappresentativa di questo ensemble. Se si aggiunge poi che in molte tracce intervengono numerosi altri strumenti (lo stesso Sami Kurppa alla programmazione e ai fiati di legno, Tatu Viitala alle percussioni, Miia Reko alla tromba e Joonas Saikkonen alla chitarra elettrica e alle tastiere), si comprende quanto il suono possa risultare brillante e pieno, ancorché compatto e denso. La title track dell’album, sebbene sia molto più scarna degli altri brani, è tra le più rappresentative di questo suono e di questa divergenza. L’incipit è affidato alle voci, che si ritagliano un ruolo armonico in polifonia che sostiene la linea vocale principale. Gli altri strumenti intervengono gradualmente in un crescendo che coinvolge anche le voci, le quali riempiono fino al limite lo scorrere del brano, procedendo in un contrappunto teso con l’accordion e le percussioni. È il brano che presenta, in una forma quasi germinale ma ricca di spunti, tutte le direzioni percorse dalla band: l’attenzione alla definizione del ritmo (“Kokkolintu”, “Kolme Kaunista”), alla melodia del canto, alla polifonia delle voci femminili e a una loro plausibile trasfigurazione in un contesto musicale contemporaneo (“Jouruaja”), all’intersezione dei suoni elettronici con quelli analogici (Ilo Ilota Tuntuu”), al ruolo della strumentazione ritmica e di quella più tradizionale (“Rautasuu”). 


Daniele Cestellini

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