Cartoline Musicali Dalle Isole Bretoni

L’oceano avanza nella campagna bretone e i campi cadono nell’acqua, diventano palude. Gli strati di schiuma si accumulano come fogli piegati e la sabbia scivola sotto l’improvvisa intumescenza delle onde. Questo confonde il colore ai paesaggi, ci sono dei contrasti di luce formidabili in questo cambiamento, mentre il volo degli uccelli marini ritma le scene e sembra disegnare nel cielo un’arborescenza. I cigni sfiorano i tetti, attraversano il mare, scendono i fiumi, tornano alla sorgente. Un raggio colpisce con il suo bianco splendore una stele incisa in un linguaggio arcaico. Il blues estivo in Bretagna non dura a lungo, neanche la burrasca dura a lungo. Forse per questo esistono le canzoni. E attraverso la loro voce canta tutta la Bretagna, che continua ad attraversare i secoli ed il mondo. Le isole sono le sue barche ferme in attesa al largo, la più distante di esse, Ouessant (1), è l’ultimo scalo prima dell’America. E’ la corrente di Fromveur che accompagna l’onda da Molène a Ouessant. Qui le donne si tengono tutte per mano, conservano nello sguardo la quiete eterna di chi aspetta. Mute, ascoltano l’onda che ha navigato dappertutto su qualcosa di effimero, verso qualcosa di altrettanto effimero. L’onda che per un po’ d’eternità ha sfiorato la miseria e l’orrore dei fantasmi marini. 
Fantasmi che avevano sognato di navigare lasciando tutto ciò che era effimero verso una sirena emersa dalla nebbia o una pietra dimenticata perfino dal mare. In profondità, le alghe che vivono dell’humus delle rocce, i minerali ed il fango proteggono le anime dei relitti. Le donne di Ouessant e le donne di Molène sembrano gente di mare caduta sulla terra, solitarie e tranquille come chi sa di non possedere né onde, né rocce, né il cielo ostile di Bretagna. Qui si dice: “Qui a vu Molène a vu sa peine, qui voit Ouessant voit son sang” (“Chi ha visto Molène ha visto la sua pena, chi vede Ouessant vede il suo sangue”). I paesaggi e le persone hanno tra di loro affinità segrete, tempeste e temporali non sollevano solo l’oceano ma gonfiano anche le anime, entrano nei sogni. Nel maggio del 1997, le dita di Didier Squiban hanno sognato nella chiesa di Molène le sue suites per pianoforte. Gérald Neveu (2) diceva che “sognare è informare l’avvenire, incontrare gli altri in fondo a se stessi, tutti sognano ma niente è più difficile. A forza di sognare si inizia a pensare e si distruggono gli specchi”. Sein è ad ovest della Pointe du Raz, la osserva il faro della Vieille. Le leggende la indicano come luogo di “sabba del mare” con gli spiriti maligni delle acque. 
Alcuni sostengono fosse l’antica Insula Sena dei Romani, dove officiavano nove sacerdotesse. Altre fonti affermano che si tratti invece dell'Isola dei Sette Sonni, nella quale venivano sepolti di druidi defunti. Numerose canzoni bretoni narrano che sia proprio da queste parti che si aggirino le anaon, ovvero le anime dei trapassati, quei spiriti malefici destinati a errare senza sosta. Ma Sein ha anche regalato i suoi uomini vivi alla Resistenza Francese (3) e tutte le donne dell’isola per non lasciarli soli, una notte, l’hanno strappata dal fondo del mare per portarla a remi dalla "piccola" alla "grande" Bretagna. Poi, ai primi raggi del sole, Sein è tornata alla fonda. La vicenda è mirabilmente cantata dai Tri Yann nel disco "Marines" del 2003. Nelle insenature, l’acqua si dispone a proteggere l’isola, l’orizzonte riempie il mare ma è solo una fantasticheria dell'acqua che circonda la terra per sfuggire alla labilità. Sein confonde i colori perché ha intorno onde blu che riflettono un cielo verde, il suo blu però è grigio e rende la nebbia indecisa mentre si vede ancora un altro diluvio salire veloce all'orizzonte. Sein assomiglia all’eternità che apre gli occhi. Groix ha la faccia nuda davanti alla brutalità dell’Oceano. Lo iodio contro l’angoscia. La menta si mescola alla felce, l’erica al sambuco. 
E’ all’Auberge du Pêcheur che Gilles Servat, in mezzo alle foto di Brassens appese al muro, fece ascoltare per la prima volta Kalondour (Cuore d’Acqua), che al tempo si intitolava L’Enfant du Verseau.  Anche se dai racconti del mare i sopravvissuti a tutti i flutti da Singapore ad Amburgo, gli insonni della storia, i pirati che hanno gettato l’àncora all’ombra di un vulcano, riporteranno indietro a Groix solo un po’ di vento. Le ginestre rispondono alle grida di gabbiani, cormorani e gavine. Gilles in quest’isola si è innamorato delle cadenze della lingua bretone lungo i versi di Yann Ber Kalloc’h (4). Sia lui che Alan Stivell nel loro primo disco hanno voluto omaggiarlo cantando la sua lirica autobiografica “Me zo ganet e-kreiz ar mor, teir leo er-maez...” (“Sono nato in mezzo al mare, tre leghe al largo...”). Il bretone è una lingua naturalmente portata verso la poesia perché è concreta e pittorica, i gwerz ne sono l’immagine più lampante. Mai l’autore interviene nel testo per commentare o descrivere il proprio sentimento, le scene si susseguono, i personaggi dialogano. Questo deve bastare ad emozionare chi ascolta come un mare che arriva fin sui gradini di pietra di un dramma. Da Groix si vede il lontananza la terraferma, una qualsiasi penisola nell’ovest di un continente che comincia sulle rive dell’Oceano Pacifico. Dalla Bretagna si rientra nel Far-West d’Europa.
A Le Pouldu (Lo Stagno Nero) si beve il sintetismo dei colori di Paul Gauguin. Anche lui fu mozzo e marinaio prima di esplorare il visibile e invisibile potere perduto dei simboli di arcaiche civiltà. Proprio al di sopra del Bois d’Amour, protetta da faggi e querce, c’è la Cappella di Trémalo, il cui tetto asimmetrico nella parte nord, tocca quasi terra. E nella sua navata, ecco il crocefisso di devozione popolare in legno che Gauguin dipinse nel suo Cristo Giallo. Il giallo è simbolo del dolore umano e, come nel caso del ciclo di crescita del grano, racchiude un profondo significato religioso. Precisi riferimenti cromatici alla quotidiana esistenza dei contadini bretoni. Si appartiene a queste isole, almeno per il tempo di una canzone. E tutte le isole del mondo prima o poi finiscono in una canzone. Canzoni dove l’uomo del mare si interroga su tutto, sulla quiete e sulla tempesta. Nel canto di speranza si diventa amici dei goélands e delle acque profonde, si diventa alleati dei venti. E l’onda diventa il desiderio di avvicinarsi al cielo, un gigante tormentato che si curva e si lancia prima di ricadere per ricominciare il suo ciclo. Nel canto della sopravvivenza il marinaio deve vedere la stella immersa negli abissi e le notti riflesse nelle aurore. Oppure “malato d’esser là di fronte al nulla e a se stesso, lancerà una bottiglia nel mare affinché una donna sappia dove è naufragato”
Ci sono canzoni anche sui fondali.  Ma i pugni serrati dei naufragati non diventeranno sculture come per gli eroi e le loro anime non vanno disturbate. Ai loro gemiti non si deve rispondere perché sono come un sogno in esilio. Ogni isola è la fine di un viaggio e l’inizio di un’avventura e se il passo è pesante è sempre colpa del vento. Le isole bretoni si sporgono da un pezzo d'orizzonte. Ogni isola è un mondo intero circondato dall'acqua, una sintesi fatta di autentica grandezza ma precaria, come un qualcosa fuori dalla pioggia. L’anima delle isole è fragile di fronte agli scogli, tutto ciò che arriva viene da lontano. E tutto ciò che si allontana viene inghiottito, come un sole che lascia il cielo per altri mondi silenziosi. Per questo tutte le isole del mondo finiscono in canzone. Come in canzone sono finiti i manoscritti del mare, le grida portate dai venti, tutto il divagare che ci ha inondato, gli ideali mai raggiunti. Un giorno il marinaio si vede in mezzo al ghiaccio e interroga il proprio riflesso nell’acqua. E quel giorno canterà:  “Ecco, questo sono io! Benvenuto! Se sono vivo è perché sono stato più forte dell’oceano, delle correnti e anche se intorno a me non ci sono più uomini che hanno freddo agli occhi, alla Pointe Saint-Mathieu, il Buon Dio mi ha fatto salire a bordo di un pezzo di terra abbandonata, fuori da un battello morto e dentro a una qualche leggenda armoricana”
Perché il mare di Bretagna non esiste senza i marinai e davanti ai porti, senza le canzoni di Michel Tonnerre (5), è solo un gran deserto di acqua, un abisso di sale amaro. A parte le case in pietra venute da mani d’altri tempi che hanno sognato un po’ d’eternità, in questi posti niente dura a lungo, né il verde troppo forte che risplende sempre sulle piogge appena passate, né le nuvole nere che continuano incessanti a tornare. Anche la Bretagna è una barca ferma nel tempo della storia della sofferenza e della gioia dell’umanità. E l’isola insegna che la poesia non è solamente il capriccio di una principessa annoiata o un’antichità fatta di rovine. Non è solamente un passo di danza nel fuoco di notte o la storia di un antico naufragio. E’ anche la scintilla di un’onda che si può credere eterna, il letto di sabbia gocciolante e senza impronte, rifatto dal riflusso del mare.


Flavio Poltronieri

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(1) Enez-Eussa in bretone. Ognissanti in italiano. Attualmente consta di quasi 900 residenti, tra cui il celebre pianista Yann Tiersen, originario di Brest, che nel 2016 ha realizzato un cd di piano solo,  interamente ispirato ad Ouessant, intitolato appunto “Eusa”. Quest’isola e quella di Molène sono le uniche ad essere abitate durante tutto l’anno.
(2) Gérald Neveu, “poeta maledetto” di fede comunista. Visse prevalentemente a Marsiglia da alcolizzato e vagabondo tra rifugi per senzatetto e ospedali psichiatrici e morì a 39 anni per motivi sconosciuti. Nel suo portafoglio fu trovato solamente un pezzo di carta con su scritto "senza capelli, senza denti, senza soldi, senza una donna, senza un appartamento, ecc."
(3) Gli allora 600 bretoni maschi dell’Isola di Sein, furono i primi ad offrirsi volontari in massa, il 19 giugno 1940, rispondendo all’appello di De Gaulle per la lotta contro il nazismo.
(4) Poeta originario di Groix morto a 29 anni nella prima guerra mondiale, figlio di un pescatore disperso in mare, dovette rinunciare alla sua vocazione missionaria in quanto i suoi fratelli soffrivano di malattie mentali e il diritto canonico gli vietò per questo motivo il sacerdozio. E’ sepolto a Groix.

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