Tamala, Teatro Candiani, Mestre (Ve), 22 febbraio 2019

Qualche anno fa, album come “La musique d’Issa Sow” e “Mousso Lou” di Mami Kanouté, avevano fatto messo in luce l’alto potenziale che può accendersi nella collaborazione fra musicisti dediti ad esplorare ed intersecare le musiche dell’Africa occidentale ed europee stando alla larga da tentazioni elettriche. Il 22 febbraio, la rassegna Candiani Groove ha ospitato tre musicisti legati a quei lavori discografici che proprio nella forma del trio hanno rinnovato la loro collaborazione con un ottimo album per l’etichetta belga Muziekpublique. Il legame con il Belgio viene dal violinista Wouter Vandenabeele, recentemente protagonista di un bel duo con Elias Bachoura, oud, e dell’orchestra “world-folk” Olla Vogala. Il nuovo trio, Tamala, significa “viaggiatori” il viaggio si compie soprattutto in Africa occidentale, in particolare, in Senegal. Da qui vengono il cantante Mola Sylla e il virtuoso della kora Bao Sissoko. 
Questa volta il Candiani non ha registrato il tutto esaurito, ma questo trio l’avrebbe senz’altro meritato e non si è certo risparmiato di fronte ad un teatro pieno solo a metà, pur se del tutto rapito dall’intensità narrativa dei tre musicisti. Il trio privilegia proprie composizioni originali e i tempi medi che esaltano l’ampia gamma espressiva della voce di Mola Sylla e gli intrecci strumentali fra kora e violino. Ne sono testimonianza brani introspettivi come la melanconica “Xafamaia” e narrazioni di eventi e luoghi storici senegalesi come il villaggio “Nder”, conosciuto per la resistenza opposta dalle donne all’invasione che giungeva da Nord nel XIX secolo o “Géej dju Malika”, la cittadina in cui Mola Sylla ama incontrare i suoni del mare e delle piante nel rinnovare il proprio processo creativo. 
Ma c’è spazio anche per cambi di passo che vedono ora Bao Sissoko, ora Mola Sylla alle percussioni per imprimere ritmi sostenuti e celebrare quel che porta le persone a stare insieme, sia la lotta sportiva ed i suoi campioni, come il senegalese “Fodé”, sia la musica che, in “Zanzibar”, sa tessere melodie a cavallo fra mondo africano, arabo ed indiano. In questo caso si tratta di un omaggio a Fatuma binti Baraka, conosciuta come Bi Kidude (scomparsa nel 2013), cantante soprannominata la “regina” delle musiche taarab e unyago, nella tradizione di Siti binti Saad. Particolare energia viene riservata a “Ceppe”, il brano strumentale che dedicano alla scuola e ai percorsi formativi che a Dakar si rivolgono ai ragazzi di strada, provando a offrire alternative educative e lavorative e di cui sono diventati “ambasciatori”. È uno dei brani in cui, fisicamente, la sedia su cui sta seduto Wouter Vandenabeele viene avvicinata progressivamente dal musicista a quella dove Bao Sissoko suona la kora, dando anche visivamente il senso di prossimità e comunanza del dialogo fra due strumenti solo apparentemente distanti. 


Alessio Surian

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