Jimi Tenor – Order Of Nothingness (Philophon/Goodfellas, 2018)

Polistrumentista e compositore finlandese Jimi Tenor al secolo Lassi Letho è quello che può essere definito come un artista di culto, non solo per la sua originale cifra stilistica, ma anche per la sua tagliente ironia musicale. Innamorato della musica di Jimmy Osmond e del sax tenore, nel corso della sua ultraventennale carriera ha attraversato in lungo e in largo non solo i territori del jazz ma anche di altri generi, segnalandosi per la sua peculiare visione della sperimentazione e della ricerca. Dopo gli esordi in ambito techno-jazz con “Sähkömies” del 1994, ha esplorato l’electro-pop in “Intervision” del 1997 e “Organism” del 1999, per approdare al soul nel 2000 con “Out of nowhere” e al jazz di Sun Ra con “Heliopause” del 2000. A partire dal 2007 con “Johnstone” inciso con i Kabu Kabu ha aperto un nuovo fronte nelle sue sperimentazioni sonore immergendosi a capofitto nell’Afrobeat e, così, hanno preso vita “Inspiration Information Vol. 4” in compagnia del grande Tony Allen, “4th dimension” del 2009 e “The Mystery Of Aether” del 2012, questi ultimi sempre in combo con i Kabu Kabu. In questo filone si inserisce anche il suo nuovo album, nato nel suo volontario isolamento di Helsinki dove vive tra lunghe passeggiate e sessioni in studio. Registrato negli Tonstudio Blütenring di Berlino con la produzione di Max Weissenfeldt (batteria, percussioni, vibrafono e cori), il contributo di Ekow Alabi Savage (batteria, percussioni e cori) e la partecipazione di Frank Karikari (cori), Hillary Jeffrey (silde fanfare), Johannes Böhmer (tromba) e Buzz Duncker (sax baritono), il disco mette in fila otto brani che recuperano alcune tra le migliori intuizioni della sua produzione precedente, dando vita ad un travolgente intreccio di sonorità afro, jazz ed evocazioni kraut. “Non avevo nessun tema in mente, volevo solo fare un album con alcuni beat groovy”, così Tenor racconta la genesi di questo lavoro che descrive come “musica da viaggio per la mente” intessuto nell’interplay tra strumenti a fiato e tastiere come la Extravoice prodotta da Hammond e subito ritirata dal mercato. Il risultato è una vera e propria esplosione di suoni, ritmi e colori che si dipana dalla sinuosa “Mysteria” che apre il disco alle atmosfere jazz-world di “Naomi Min Suomo Bo” per toccare la superba “Quantum Connection” sospesa tra space-funk e cosmic-jazz. Se “Tropical Eel” procede tra incroci ed attraversamenti sonori con l’elettronica rimbalzando tra Sudamerica ed Africa, la successiva “My Mind Will Travel” è il brano manifesto del disco rappresentano la concezione musicale di Tenor che a riguardo sottolinea: “La musica ci mette in relazione con un livello più profondo”. I brillanti ritmi quasi dance di “Chupa Chups” ci accompagnano verso il finale in cui incontriamo il jazz delle big band di “Max Out” e la superba title-track che suggella un disco dai suoni accattivanti e dalle ardite intuizioni sonore. Da ascoltare con attenzione. 


Salvatore Esposito

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