Loreena McKennitt – Lost Souls (Quinlan Road, 2018)

Cantante e compositrice in grado di coniugare in uno stile eclettico quanto personalissimo folk, pop e world music, Loreena McKennitt nel corso del suo trentennale percorso artistico ha fatto incetta di premi tra cui spiccano un Grammy Award, due Juno Awards, il Billboard International Achievement Award e prestigiose onorificenze come l’Order of Canada e National Order of Arts and Letters della Repubblica Francese e il grado di Colonnello Onorario delle Royal Canadian Air Force, ma soprattutto si è segnalata spesso in testa a tutte le classifiche con ben quattordici milioni di dischi venduti. A documentare questo straordinario percorso era stata tre anni fa la pregevole antologia “The Journey So Far” che seguiva il live “A Midwinter Night's Dream” del 2008 e l’album natalizio “The Wind That Shakes the Barley” del 2010, ma ciò di cui si sentiva la mancanza era un disco di brani inediti che mancava all’appello dal 2006, anno in cui vide la luce “An Ancient Muse”. Era, dunque, molto atteso “Lost Soul”, nuovo album nel quale Loreena McKennitt ha raccolto nove brani tra composizioni nuove ed altre del passato rimaste nei cassetti. “Negli ultimi dieci anni la vita è stata così densa ed impegnativa, sia dal punto di vista personale che da quello professionale”, racconta la McKennit in una recente intervista, “Non sono riuscita a fermarmi un attimo. È stato immensamente gratificante tornare finalmente alla parte più creativa del mio lavoro”. Molteplici sono state le ispirazioni alla base dei brani di recente composizione, a partire dai viaggi in India nel cui suggestioni sono disseminate qua e là nelle varie tracce, per passare al title-tack che rimanda a "A short history of progress”, un saggio dell’antropologo Ronald Wright e a quel gioiello che è “The Ballad Of The Foxhunter” nata dalla lettura dei versi di W.B. Yeats. Durante la realizzazione dell’album è nata, poi, l’idea di affiancare alle nuove composizioni, quelle tracce che non avevano trovato posto nei lavori precedenti, risalenti alla fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, e così non ci sembra poi casuale la scelta del titolo del disco nell’evocare quei brani persi e poi ritrovati. Registrato tra maggio e ottobre del 2017 a Hamilton, in Canada, presso i Catherine North Studios e i Real World Studios di Peter Gabriel, vicino a Bath, nel sud ovest dell'Inghilterra, l’album vede la cantante canadese affiancata da collaboratori storici come Caroline Lavelle al violoncello, Hugh Marsh al violino, Brian Hughes alla chitarra e Dudley Phillips al basso. L’ascolto svela un affresco sonoro nel quale il folk anglo-americane incrocia ora le sonorità del Mediterraneo ora quelle Medio Orientali imprimendo ad ogni traccia una grande forza evocativa. E’ il caso dell’iniziale “Spanish Guitars And Night Plazas” la cui melodia fascinosa ci schiude le porte alla sontuosa sequenza in cui brillano la ballata pianistica “A Hunder Wishes”, l’intensa “Ages Past, Ages Hence” e quel gioiello di puro lirismo che è “The Ballad Of The Fox Hunter” impreziosita dal dialogo tra il violoncello di Caroline Lavelle ed il violino di Hugh Marsh. Lo strumentale “Manx Ayre” ci introduce alla avvolgente melodia della ballad “La Belle Sans Merci” a cui segue l’altro pregevole strumentale “Sun Moon And Stars”. Completano il disco “Breaking Of The Sword” marcia militare scritta dal colonnello McKennitt per la Royal Canadian Air Force e la magnifica title-track che suggella un lavoro di alto spessore che non mancherà di regalare emozioni a coloro che vi dedicheranno un ascolto approfondito. 


Salvatore Esposito

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