Festival delle Ciaramelle per Amatrice, Perugia, 12 Novembre 2016

«Bastasse quest’ottava rima per farla ritornar bella come prima», cantano Paolo Santini e Pietro De Acutis, poeti a braccio, rispettivamente di Favischio di Posta e di Bacugno di Posta, campioni di quell’incanto che è il dialogo cantato che attraversa trasversalmente l’Italia Centrale. Nell’ottava rima si modula un’ottava a testa di otto versi endecasillabi di cui sei a rima alterna e i due ultimi a rima baciata. Le ottave sono incatenate, poiché nel rispondere al compagno si deve fare rimare il primo verso della propria ottava con il distico finale della strofa precedente. Siamo in uno dei momenti più intensi della lunga giornata di grande musica e solidarietà per la raccolta fondi per il restauro del centro culturale San Giuseppe di Amatrice, luogo centrale per la vita culturale della cittadina del rietino, distrutta dal sisma dello scorso agosto. Una manifestazione di incontro di artisti folk, diretta dall’etnomusicologo Giancarlo Palombini, dell’Università di Perugia, e organizzata dall’Associazione For.Mus. e da “Blogfoolk” con il patrocinio delle istituzioni locali. 
Tutto era iniziato al mattino nell’Aula Magna dell’ateneo perugino con i saluti istituzionali e gli interventi dello stesso Palombini, del compositore ed etnomusicologo Piero G. Arcangeli sulle tradizioni musicali alto-sabine, dell’architetto Federico Capriotti sul patrimonio storico religioso di Amatrice e con le ciaramelle di Andrea Delle Monache e il tamburello di Franco Moriconi. Poche settimane prima dell’evento distruttivo Amatrice aveva accolto un rinnovato Festival delle Ciaramelle, il cui intento era di valorizzare le forme musicali locali, ma anche aprire al confronto con le generazioni più innovative di musicisti di ispirazione tradizionale. E da questa volontà di tradizione in movimento si è partiti nella scelta degli illustri artisti che hanno partecipato gratuitamente a questo piccolo festival umbro. Naturale che artisti e pubblico avessero cuore e parole per le aree dell’Umbria colpite dal sisma di fine ottobre, che ha sconvolto ancora l’Italia centrale, e che – paradossalmente sembra aver fatto un po’ dimenticare la catastrofe nell’alta-sabina. 
Al pomeriggio, il festival è transitato per la rassegna UmbriaLibri nel complesso monumentale di San Pietro. In Corso Vannucci, nel centro del capoluogo umbro, ritmi di capoeira con il gruppo Coquinho Baiano, di percussioni con la Street band diretta da Stefano Baroni e Gianni Maestrucci, di saltarello e pizzica con l’Associazione Tarantarci. La location dell’Auditorium Santa Cecilia, nato come teatro barocco, ha ospitato i primi concerti serali dei gruppi corali Nota so e le Unisone, Calicante e Colle del Solea. Culmine della prima parte della serata concertistica nella bella sala dalla notevole acustica, gremita di pubblico, il progetto “Confini, conflitti e confetti”, messo su da Carlo Bava (ciaramella), il ticinese Ilario Garbani Marcantini (zampogna in fa e in sol, una molisana tradizionale di Gerardo Gualteri e zampogna modificata costruita da Pietro Ricci) e Andrea Passoni (corno delle Alpi) con la narrazione di Maria Cristina Pasquali. 
Una ricerca nel pregio dei confini che uniscono e non soltanto dividono, snodatosi tra musiche e storie del passato transfrontaliero, tra guerre di religione e condivisioni, passaggi e fughe, unioni e condivisioni, protezione di discriminati e lotte di partigiani. Una colonna sonora nell’immaginario d’alta quota con danze, canti e melodie, dove le ance degli aerofoni molisani – di cui si sono innamorati i due nordici, che vivono in valli dirimpettaie di Italia e Svizzera – si mescolano al timbro affascinante, ricco di armonici, dell’alphorn suonato dal musicista di Usmate Velate. La stessa sala ha ospitato anche la mostra “I nostri cuori non sono di pietra” con scatti di Emanuele Filograna. Nel cuore di Perugia, nella grandiosa Sala dei Notari, si è svolto il concerto finale, aperto dalle ciaramelle di Amatrice e dai poeti improvvisatori, che in seguito hanno ‘presentato’ da par loro in ottava rima tutti gli artisti che si sono susseguiti sul palco. A cominciare da Susanna Buffa e Stefania Placidi. Di famiglia amatriciana, Buffa è una voce notevole, che abbiamo già appezzato nel trio Fiordispina (con Nora Tigges e Sara Marchesi); l’esibizione della coppia ha offerto un canto di tradizione, una composizione di Giovanna Marini e un medley di canti di lavoro provenienti proprio dall’area di Amatrice. 
Dei Sonidumbra abbiamo apprezzato le doti vocali (visto che hanno rinunciato agli strumenti), ma più di tutti il duetto tra il canto efficace di Barbara Bucci e la zampogna di Goffredo Degli Esposti, che ha accompagnato uno stornello suonando il suo aerofono con i bordoni chiusi (alla maniera delle ciaramelle amatriciane, insomma) per poi aprirli per l’esplosione del saltarello finale. Il fiatista dei Micrologus è stato protagonista del notevole set in trio con il reatino Raffaello Simeoni (voce e chitarra) e Gabriele Russo (nyckelharpa). Ospiti in un brano le uilleann pipes di Massimo Giuntini. Una coppia di giganti si è esibita subito dopo: parliamo di Gabriele Mirabassi (clarinetto) e Riccardo Tesi (organetto diatonico), che hanno prediletto i tempi zoppi di “Pomodhoro” e “Macedonia”. Che facilità di combinazioni, di incastri e di inseguimenti improvvisativi, mai una nota sprecata o in surplus: una delizia, troppo breve. 
Alessandro d’Alessandro, ormai uno dei musicisti di giovane generazione di maggior prestigio, si è inserito da par suo nel suono della coppia umbro-toscana, prima di unirsi a Spedino Moffa (canto, chitarra e zampogna modificata) e Giuntini per un trittico di composizioni che ci hanno portarti in una terra molisana condita di umori blues, Irish e di tarantella. La jam finale, con tutti sul palco, ci ha consegnato un saltarello che simboleggiava la vita e la festa che deve tornare tra i borghi dell’Appennino. Un’amatriciana solidale che ha coinvolto tutti gli artisti, organizzatori e volontari, a cura della Società Operaia di Mutuo Soccorso, ha chiuso la bella notte perugina. Un incontro tra musicisti e operatori culturali, giovani dei licei locali e pubblico adulto, diretto e senza retorica, di cuore e di note sparse: valore solidale e bellissima esperienza d’ascolto. 


Ciro De Rosa
Foto e video di Salvatore Esposito

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