Dubioza Kolektiv – Happy Machine (Musicalista/Self, 2016)

I Dubioza Kolektiv nascono nel 2003 in Bosnia Erzegovina dal desiderio di un gruppo di giovani musicisti di ridestare l’attenzione sulla musica in una terra segnata da una grave crisi economica e che portava ancora vive le cicatrici della guerra civile degl’anni novanta. Piuttosto, però, che rifarsi alla tradizione delle brass band balcaniche che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, la band bosniaca ha imboccato un sentiero diverso dando vita ad un sound travolgente che mescola ska, punk, rock, reggae, dubstep, ed echi della tradizione balcanica. Appena messa in moto questa gioiosa quanto incazzata macchina da guerra musicale, nel giro pochi anni, i Dubioza Kolektiv sono diventati un vero e proprio fenomeno nell’est europeo, mettendo in fila cinque album di grande successo tra i quali vale la pena menzionare “Wild, Wild East” pubblicato dalla Koolarrow Records di Bill Gould dei Faith No More e che ha proiettato il gruppo bosniaco sulla scena internazionale. Prodotto da Brano Jakubović, il loro nuovo album “Happy Machine” vede la presenza di diversi ospiti d’eccezione come Manu Chao, Roy Paci, Benji Webb degli Skindred, il cantante del Punjabi BEE2, la band ska-rumba catalana La Pegatina ed il trombettista macedone Dzambo Agusev. Come lascia intendere la copertina che ritrae la macchina per distillare la rakija, grappa tipica dei balcani, il disco si caratterizza per un taglio politico e sociale molto forte nelle tematiche, spaziando dalla lotta al copyright cantata nel singolo “Free.mp3 (The Pirate Bay Song)” alle proteste di Gezi Park ad Istanbul fino a toccare la crisi dei profughi in fuga dall’Isis e la inconsistente risposta europea a questo problema. L’ascolto svela un pugno di canzoni esplosive e dissacranti, travolgenti ed allo stesso tempo riflessive tra cui spiccano certamente il grido di rabbia contro le multinazionali “All Equal”, la serrata “No Escape (From Balkan)”, ma soprattutto “One More Time” e “Red Carpet” che rappresentano certamente i due vertici del disco, la cui conclusione è affidata ad una irresistibile versione di “24.000 Baci” di Adriano Celentano con la complicità di Roy Paci. Se la musica balcanica vi ha cominciato ad annoiare, “Happy Machine” è il disco per riscoprirla in una versione moderna, inconsueta ma soprattutto divertentissima, il tutto senza perdere di vista la forza e l’incisività dei loro testi. 


Salvatore Esposito

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